lunedì, 2 Dicembre, 2024
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L’Europa ha bisogno di flessibilità

Sull’andamento dell’inflazione, sulle politiche monetarie delle banche centrali e sul riavvicinamento Usa-Cina, registrato nel vertice G20 di Bali, abbiamo raccolto le riflessioni del prof. Ubaldo Livolsi,banchiere ed avisor, esperto internazionale dei mercati finanziari.

Prof. Livolsi, la Commissione europea ha presentato la sua proposta di riforma del Patto di stabilità e crescita, ovvero delle regole di finanza pubblica per gli Stati membri. La proposta sarà discussa nei vari Paesi e nei consessi europei. Qual è la sua opinione in proposito? Che dire dell’Italia che ha un debito altissimo?
Dal summit del G20 di Bali, dove ha debuttato la nuova presidente del Consiglio Giorgia Meloni, unica donna peraltro tra i capi di Stato e di Governo presenti, non solo sono emersi un riavvicinamento tra Cina e Usa, l’isolamento della Russia e la questione dell’inflazione in ascesa che continua a fare paura, ma anche la necessità di un maggior coordinamento tra le economie mondiali alla luce del fatto che i cambiamenti geopolitici e geoeconomici sono repentini e imprevedibili. La proposta in sede di Unione europea di riforma del Patto di stabilità e crescita va letta anche in questa ottica globale: l’Europa necessita di una maggiore flessibilità di programmazione. La proposta della Commissione si basa sul principio che la funzione di monitoraggio debba essere basata su un’analisi del rischio del Paese che tenga conto delle specificità di ciascuno. Gli Stati membri devono presentare programmi di spesa e tassazione in un orizzonte su quattro anni, che sappiano abbinare sostenibilità finanziaria con investimenti e riforme. Sappiamo sia l’importanza di queste ultime per il nostro Paese, sia che necessitano per la loro realizzazione di un periodo di medio termine: un aumento del rientro del debito e la possibilità di una programmazione di più lungo tempo non potranno che essere utili. Se sarà così, certo l’Italia avrà un grande lavoro da fare, dovrà preparare proposte che affrontino l’annoso problema di una bassa crescita potenziale con un piano di alleggerimento del debito graduale. Esistono poi altri elementi importanti della proposta. Se i Governi dovranno presentare i propri piani, avranno una maggiore responsabilità nel prendere le loro decisioni e saranno tenuti a tutelare al meglio la loro reputazione. Non ci saranno più alibi, i fallimenti o il successo delle scelte economiche non saranno più imputabili a Bruxelles, come finora spesso succedeva in prossimità delle elezioni politiche, ma agli Esecutivi nazionali.
Le previsioni sull’impatto della recessione in Italia sono contrastanti. La Commissione europea prevede per l’Italia nel 2023 un Pil a + 0,3%, l’FMI un -0,2%, Moody’s un -1,4%, Fitch (-0,7), il nostro Governo nel Nadef un +0,3%. Come legge queste previsioni diverse? Come vede la situazione nel 2023 e che cosa fare, quale soluzione propone per avere un po’ di crescita?
I dati e le previsioni contradditorie riflettono innanzitutto, come abbiamo detto sopra, le dinamiche e i cambiamenti molto veloci dell’economia globale e interconnessa di oggi. Tutta una serie di elementi determinano effetti che si fanno sentire sul nostro Paese. La situazione italiana sperimenta anch’essa questa ambivalenza. La nostra economia è stata drogata da sussidi e bonus prima per contrastare il Covid – la cui diffusione è iniziata nel dicembre del 2019 -, quindi per sostenere le imprese e le famiglie alle prese col caro energia, determinato dal conflitto in corso alle porte dell’Europa, che ha preso il via a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio di quest’anno. Il Governo Draghi ha stanziato a favore di famiglie e imprese 35 miliardi più di quanto fosse previsto dall’ultima legge di Bilancio. Il neoministro del Mef Giancarlo Giorgetti ha ricordato che il bonus del 110% porta con sé extra costi di 38 miliardi.  Nei primi sei mesi del 2022 il nostro Paese si è indebitato per il 60% del proprio Pil. Dall’altra parte ci sono gli elementi positivi e sorprendenti. Il Covid prima e poi la guerra hanno espulso dal mercato gli operatori più deboli, rafforzando gli altri e facendo crescere la produttività complessiva di alcuni settori. Nel terzo trimestre, secondo l’Istat, c’è stata una particolare vivacità del terziario (commercio, alberghi, pubblici esercizi, trasporti), che insieme rappresentano il 20% del Pil. A ciò si aggiunga l’export delle nostre eccellenze produttive che, a mio parere, sono in grado di sviluppare ancora di più la loro forza di penetrazione nelle economie, dove la domanda è più alta come gli Usa o alcuni mercati assistici. Le prospettive saranno migliori se continuerà il loro processo di ristrutturazione e miglioramento cui abbiamo assistito in questi anni di sofferenza.
Il rialzo dei tassi da parte della Fed ha iniziato a far scendere l’inflazione in Usa. Pensa che sarà una tendenza che continuerà? Cosa succederà in Europa con l’inflazione, diminuirà anche nel Vecchio Continente sulla scia di quanto avviene oltreoceano? E cosa risponde a chi dice che l’inflazione può accentuare le divisioni all’interno dell’Europa? Quale soluzione propone?
La politica del rialzo dei tassi della Fed guidata da Jerome Powell sta dando i suoi frutti: in Usa diminuiscono sia i prezzi al consumo che quelli alla produzione. In Europa la Bce, cui è a capo Christine Lagarde, ha annunciato una politica dei piccoli passi. Le dinamiche all’interno dell’Europa sono differenti. Pensiamo alla Germania e alla Francia, nel primo Paese da settembre 2021 al settembre 2022 l’inflazione è aumentata dell’11,12%, nel secondo del 6,38%. Una spiegazione si deve al fatto che il costo dei beni energetici in Germania è cresciuto del 44,23%, in Francia, che può ricorrere all’energia nucleare, del 18,75%. Ciò ha determinato un vantaggio competitivo delle aziende francesi su quelle tedesche. Il compito della Bce è per certi versi più difficile di quello che spetta alla sua omologo statunitense. Come è stato evidenziato da diversi osservatori, l’Unione europea potrebbe accelerare sull’introduzione dell’unione fiscale per evitare disparirà all’interno dei Paesi membri: la sola leva monetaria ad opera della Bce non può bastare. Tuttavia, credo che, come dimostrano i già citati segnali incoraggianti arrivati dal G20 di Bali, a partire del riavvicinamento tra Usa e Cina, avranno conseguenze positive anche sulla situazione europea, in cui già si stanno facendo sentire i benefici di un calo del costo non solo del gas, ma anche del petrolio.
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