venerdì, 26 Aprile, 2024
Cronache marziane

La forma del governo che verrà

Ieri Kurt il Marziano si è presentato con un fascio di quotidiani sotto il braccio, li ha stesi sul tavolo e mi ha indicato – uno per uno – i molti articoli che ne occupavano le prime pagine, ragionando della diversità di opinioni fra i partiti (non solo fra Maggioranza e Opposizione, ma anche all’interno dei due schieramenti) a proposito della riforma costituzionale che, dopo aver ridotto il numero dei parlamentari, vorrebbe ora ridurre il peso del Parlamento in nome di una maggiore stabilità del Governo.

Le polemiche riferite in quelle cronache sembravano però svolgersi fra interlocutori con idee difficilmente conciliabili, anche a causa dei differenti livelli di preparazione tecnico-giuridica posseduti dai picconatori dell’odierno assetto: assistiamo così a dibattiti e polemiche che tendono a mettere sullo stesso piano approcci teorici e culturali appostati su tavole separate e non avvicinabili fra loro.

Il risultato di queste interlocuzioni – benevolmente definite come “confronti” da chi tenta, senza troppo successo, di individuarne le possibili linee unificanti – sfiora spesso il paradosso, anche perché il fuoco dei tre sistemi (Presidenzialismo, Semipresidenzialismo e Premierato) attorno ai quali il dibattito sembra essersi appuntato non appare idoneo ad illuminare il buio in cui annaspano molti di coloro che si spingono a rilasciare dichiarazioni più o meno dotte in materia di ingegneria costituzionale: questa particolare evenienza non è sfuggita neanche a Kurt, che mi ha allora suggerito di utilizzare la rubrica per fare chiarezza attorno al contenuto e ai  limiti di ciascuno di essi.

La confusione regna infatti sovrana e, per non aggiungerne di ulteriore, mi sembra valga la pena di seguire il consiglio pratico del Marziano, innanzitutto procedendo a meglio identificare ciascuna delle categorie attorno a cui questo dibattito – finora alquanto astratto – sembra dover necessariamente andare a ruotare.

Ancora Kurt mi suggerisce di abbondare, descrivendo quanto appresso, nell’uso delle maiuscole, con l’illusione di aiutare il lettore ad identificare, a loro volta, i fattori dalla cui combinazione ciascun sistema nasce e si sviluppa; almeno per scaramanzia non ci occuperemo però di come ciascuno di quelli possa poi venire a cadere.

Cominciamo dal Presidenzialismo, inteso come sistema di governo in cui il potere esecutivo è separato da quello legislativo; lì il Presidente è, nello stesso tempo, capo dello Stato e capo del governo (ossia responsabile dell’amministrazione del Paese) e riceve investitura direttamente dal popolo, cui spetterebbe la P maiuscola, (senza esagerare però)!.

In quel sistema, il Presidente ha un mandato fisso e immutabile e non può sciogliere il Parlamento, né può essere rimosso dalla sua carica se non in esito di una messa in accusa nascente dal compimento di reati o di altre, gravi, violazioni di legge.

Questo modello è utilizzato – ad esempio – negli Stati Uniti, dove il Presidente ha la responsabilità di attuare le disposizioni degli atti normativi approvati dal Congresso, in capo a cui permane la funzione legislativa, ma non quella che – nei sistemi parlamentari classicamente intesi – è rappresentata dalla continuità del rapporto di fiducia che lega il Governo alle Camere dei rappresentanti scelti dagli elettori.

Simile a quel sistema di governo è il Semipresidenzialismo, ove si combinano elementi di Presidenzialismo con quelli del Parlamentarismo da noi in vigore e dove il potere esecutivo è diviso fra un Presidente e un Primo Ministro: il Primo è eletto direttamente dal popolo e svolge un ruolo attivo nel governo, soprattutto in materia di economia, di politica estera e di difesa.

Il Primo Ministro è invece nominato dal Presidente e, per governare, deve anche avere (e mantenere) la fiducia del Parlamento, assicurando la gestione quotidiana del governo del Paese: il più frequente esempio che portano i propugnatori di quel sistema è la Francia, ove però accadono fatti – come quelli, recenti, in materia di riforma delle pensioni – che spostano l’instabilità dal vertice del sistema stesso alla sua base, cioè al corpo elettorale.

Il Semipresidenzialismo sembra offrire punti di equilibrio fra la stabilità del Presidenzialismo e la responsabilità del Parlamentarismo; non è però esente da possibili conflitti tra Presidente e Primo Ministro, soprattutto ove le due figure appartengano a partiti politici diversi.

Per ridurre al minimo la possibilità di quei conflitti, alcune forze politiche propongono  invece di ricorrere al Premierato, inteso come sistema di governo in cui il Primo Ministro detiene la maggior parte del potere esecutivo, che condivide con il Parlamento e, solo in minima parte, con gli altri membri del Governo.

L’esempio del Regno Unito dimostra come – nel Premierato –  il governo di un Paese sia solitamente affidato al Leader del partito (o della coalizione) che ha la maggioranza in Parlamento e al Capo dello Stato – Re o Presidente della Repubblica che sia – sia riservato un ruolo  non superiore a quello di un notaio: basti pensare che lì il discorso della Corona, letto annualmente dal sovrano nel corso di una cerimonia eternamente uguale a se stessa, viene preparato dal Primo Ministro e chi legge non può aggiungere o togliere alcunché.

Nel dibattito che si è acceso fra i propugnatori di ciascuno dei sistemi di governo appena descritti manca però un grande assente: il dibattito sul sistema elettorale e sulla sua riforma.

Taluno è giunto addirittura da affermare che quest’ultimo problema non dovrebbe essere nemmeno sollevato, dimenticando come – qualunque delle tre vie si scelga di percorrere –  passi per una necessaria e profonda modifica del modello di elezioni politiche oggi in vigore in Italia.

E qui è intervenuta una delle solite battute di Kurt, data (non a caso) al momento di chiudere la nostra conversazione: non sarà che l’attuale meccanismo elettorale – dove sono i partiti e non il Popolo ad indicare i propri rappresentanti in Parlamento – possa infine divenire il vero punto di incontro fra tutti coloro che dicono di avere idee contrastanti per raggiungere la stabilità del sistema di governo, pur affermando di condividere primariamente quell’ obbiettivo?

Solamente chi ha letto “Il Gattopardo” può capire che Lui si riferiva alle parole del Principe di Salina, per cui occorreva che tutto cambiasse, perché tutto restasse com’era!

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