sabato, 27 Aprile, 2024
Politica

La comunicazione del governo nella fase 2

“Nessuno può evitare di commettere errori. La cosa grande è imparare da essi” È la massima che sintetizza il pensiero del grande filosofo Karl R.Popper e che vale non solo come chiave di lettura del metodo scientifico ma anche come filosofia di vita da tenere sempre presente.

Proviamo ad applicare questo metodo alla comunicazione del Governo per la Fase 2 di emergenza sanitaria ed economica, alla luce degli errori commessi durante la prima fase.

Innanzitutto un errore di metodo: in una situazione di emergenza si devono applicare le regole della comunicazione di crisi e non quelle “normali” cui si è abituati. Per fare questo occorre un’elevata specializzazione in un settore delicato della comunicazione e non ci si può improvvisare. Un consiglio: tra i tanti team che assistono il Governo ci sarebbe stato bisogno- e ci sarà bisogno- di una squadra di 3/5 professionisti di provata esperienza in materia che valutino preventivamente il contenuto e le modalità delle comunicazioni che il Governo e i vari Commissari straordinari intendono fare e diano delle indicazioni precise.

E veniamo ai contenuti.

Le informazioni sull’emergenza devono essere armonizzate tra loro. Non si possono diffondere messaggi in contrasto che generano confusione in un’opinione pubblica già molto provata. I vari soggetti che rilasciano dichiarazioni prima di qualsiasi uscita pubblica devono coordinarsi tra loro e ascoltare i suggerimenti del team.

Occorre selezionare attentamente le informazioni ed evitare un bombardamento a tappeto, con notizie di ogni genere, che non consente di distinguere ciò che è importante da ciò che è solo emotivamente coinvolgente. Il principio da applicare è questo: che si danno solo le notizie già controllate e quelle che davvero risultano utili ad ispirare i comportamenti corretti delle persone evitando dettagli macabri o che possano urtare la suscettibilità delle persone più fragili psicologicamente.

Il tono delle informazioni deve essere il meno ansiogeno possibile: non ha senso indurre paure e scatenare reazioni di panico. Serve una relativa freddezza che unita alla precisione dei riferimenti scientifici disponibili diffonda una sensazione di affidabilità della fonte. Conte da questo punto di vista ha un viso rassicurante che potrebbe sfruttare meglio per fornire una comunicazione ferma e tranquilla.

Lo stillicidio quotidiano di conferenze stampa non serve e può essere addirittura controproducente perchè l’aggiornamento quotidiano di dati viene spesso considerato un indicatore di tendenze che invece richiedono un periodo di almeno 4-6 giorni per poter essere considerate tali.

Le conferenze stampa o le dichiarazioni del Governo vanno fatte non via Facebook ma utilizzando le sedi e gli strumenti istituzionali, proprio per dare loro maggiore autorevolezza e consentire le domande dei giornalisti.

Abusare del video è sempre sconsigliabile: non aumenta la popolarità, può creare fastidio, rigetto e il sospetto di una strumentalizzazione della crisi per farsi pubblicità. Meglio poche uscite in tv dilazionate nel tempo e legate a novità effettive.

La lunghezza degli interventi televisivi dovrebbe essere molto contenuta. In 5-8 minuti si può dire tutto ottenendo attenzione. Se si parla di più si rischia di generare disattenzione e fastidio e, a parte il Presidente della Repubblica, i monologhi andrebbero accuratamente evitati.

Data la continua produzione di norme che necessariamente si aggiornano a seconda delle circostanze va assolutamente evitata ogni sorta di anticipazione o di diffusione di bozze di provvedimenti. Si è visto cosa successe col decreto che creava zona rossa al Nord la cui anticipazione provocò un affollamento pericoloso delle stazioni ferroviarie.

Nella Fase2 si parlerà molto non solo delle misure per contrastare la diffusione del virus ma anche delle decisioni per arginare la terribile recessione e ridurre al minimo le inevitabili conseguenze sociali della crisi. Le regole sono sempre le stesse. Con un’aggiunta: evitare inutili trionfalismi, non creare illusioni e far percepire che non ci sono aree di privilegio e che tutti devono sentirsi parte di uno sforzo corale nazionale per rimettere in sesto l’economia del Paese.

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