giovedì, 28 Marzo, 2024
Politica

Perché Renzi spreca un ampio spazio politico

Dei 3 leader politici emersi negli ultimi anni (Renzi, Salvini, Di Maio) sicuramente l’ex segretario del Pd è quello che ha dimostrato più capacità di governo. Né Di Maio né Salvini avevano mai svolto attività di gestione della cosa pubblica prima di diventare condottieri osannati dai rispettivi partiti. Renzi era stato Presidente della Provincia di Firenze a 29 anni, sindaco del capoluogo fiorentino a 34 e a 39 entrò a Palazzo Chigi due mesi dopo aver conquistato la segreteria del Pd, con grandi progetti di riforme strutturali del Paese. Era il 22 febbraio del 2014. Dopo soli 3 mesi, alle elezioni, europee Renzi fece fare al Pd un balzo del 15% portando a casa il 40,81% dei voti, un successo storico.

Da quel momento Renzi cominciò a declinare, si incamminò sulla strada impervia di una riforma costituzionale ambiziosa ma frettolosa e poco condivisa e alimentò con pervicacia litigi continui nel suo partito che invece di rafforzarlo lo indebolirono. Sconfitto al referendum, che aveva trasformato in una battaglia personale, Renzi uscì in malo modo di scena per tornarvi troppo rapidamente, nonostante la sua promessa di abbandonare la politica.

Renzi ha dimostrato grande abilità e spregiudicatezza tattica nel disfarsi dei suoi avversari ma ha piegato la sua capacità di governo e anche alcune visioni riformatrici intelligenti al culto della sua personalità e a tattiche di breve periodo.

Ha sbagliato a tornare in campo troppo presto, dopo aver promesso solennemente di abbandonare la politica, e ha sbagliato ancora di più a non riflettere attentamente sui motivi della sua sconfitta. Insomma, non ha imparato dai suoi errori e li sta nuovamente commettendo tutti.

Grave errore è stato abbandonare il Pd, dopo avere rivendicato di aver convinto Zingaretti a formare il governo con i 5 Stelle. Se fosse rimasto nel Pd, Renzi avrebbe potuto gradualmente conquistare spazi sempre più grandi, perchè il suo carisma di leader è sicuramente più forte di qualsiasi altro dirigente del partito. Ma Renzi avrebbe dovuto cambiare registro: invece di fare il guastatore e di volere la rottura avrebbe dovuto pazientemente e umilmente cucire rapporti anche con chi non era dei suoi, mettere da parte la sua aggressività che genera un’incontenibile antipatia, costruire un modello di leadership più solida, condivisa e meno narcisistica. Insomma Renzi avrebbe dovuto essere diverso dal Renzi del 2014-2016 e dimostrare che un vero leader e statista sa mettere da parte i suoi limiti caratteriali per badare alla strategia di medio lungo termine e non a calcoli di corto respiro.

Oggi, a capo di Italia Viva, Renzi continua a dimostrare di non aver riflettuto sugli errori commessi. Si presenta divisivo e non con capacità di aggregazione, spregiudicato nel cambiare posizioni per cavalcare la tigre del momento ma senza una visione riformatrice seria, soddisfatto di scatenare blitzkrieg che sembrano fruttargli notorietà e consenso ma in realtà aggregano contro di lui coalizioni di cui lui sottovaluta la forza.

l’Italia non ama gli estremismi né di destra, né di sinistra, né tantomeno di centro.

Renzi, una volta scelto di abbandonare il partito della sinistra doveva posizionarsi al centro dello scacchiere e tessere pazientemente la tela di un’aggregazione di centro riformatore, senza urlare e minacciare continui sconquassi, ma accreditandosi come un vero leader che – capita la lezione del passato – vuol essere serio, tranquillizzante e costruttore di un ampio consenso non di coalizioni di avversari.

Sulla prescrizione, sebbene in passato abbia sostenuto tesi diverse, Renzi non ha torto nella sostanza ma sbaglia ad utilizzarla come grimaldello per far saltare un governo che lui si vanta di aver reso possibile solo 6 mesi fa, quando la norma contestata era già stata approvata e si sapeva che sarebbe entrata in vigore dal 1° gennaio. Non risulta che Renzi abbia condizionato allora il suo voto di fiducia alla cancellazione o al rinvio della norma voluta da Bonafede La norma è scellerata ma Renzi avrebbe dovuto contestarla imponendo  al Governo di varare subito  una grande riforma della giustizia  facendo assumere in pochi mesi 10.000 cancellieri, 1.000 magistrati, richiamando in servizio i 300 magistrati che stanno nei Gabinetti dei ministri, stanziando risorse da spendere subito per efficientare l’organizzazione della giustizia e modificare le norme cruciali del codice penale e di procedura per avere  sentenze definitive in cassazione entro massimo 5 anni dall’inizio dell’azione penale. Renzi deve volare alto come aveva cominciato a fare nel 2014. Ma invece è prigioniero del suo tatticismo.

E questo riduce non amplia lo spazio politico di Italia Viva che rimane una forza incapace di creare alleanze, un vero guaio per chi ha solo il 4,5%.

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