mercoledì, 24 Aprile, 2024
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Evergrande il gigante d’argilla

La superpotenza cinese con il suo dirigismo statale indica e impone soluzioni ai grandi gruppi in affanno o a rischio di fallimenti. Sono rivolte alla Cina le riflessioni del professor Ubaldo Livolsi esperto in economia di impresa, di geopolitica e sistemi finanziari internazionali. Il professore Livolsi prende in esame il colosso immobiliare Evergrande ad un passo dalla bancarotta che ora, secondo le nuove indicazioni della nomenklatura di Pechino, dovrà occuparsi di produzione di veicoli elettrici. Ma è il Governo a imporre nuove strategie.

Prof. Livolsi, Evergrande si è salvata in extremis nei giorni scorsi, ma il colosso cinese è tutt’altro che fuori dal tunnel. Il secondo sviluppatore immobiliare cinese, oberato da 305 miliardi di dollari, nei giorni scorsi infatti è riuscito a versare una cedola da 83,5 milioni di dollari, evitando così il default. Quali sono gli effetti sull’economia reale?
La vicenda di Evergrande è al contempo il riflesso e pone la questione della politica economica cinese. Questi grandi colossi, come quello che fa capo a Hui Ka Yan, sono cresciuti in Cina diventando delle grandi holding, delle conglomerate con interessi disparati e con più aziende collegate tra di loro. Coinvolgimenti che arrivavo anche al calcio, pensiamo al   Guangzhou Evergrande, la squadra allenata da Fabio Cannavaro, capitano dell’Italia campione del mondo nel 2006, ma anche al fatto che Hui Ka Yan è legato al Gruppo Suning di Zhang Jindong – anch’esso in difficoltà finanziarie – che ha la proprietà dell’Internazionale calcio di Milano. Lo sviluppo complessivo di Evergrande aveva alla sua base quello immobiliare, ma il gigante si è rivelato (in parte) d’argilla. È bastato per così dire un attimo perché il sistema crollasse, con i palazzi delle grandi periferie cinesi, per non dire delle città sorte dal nulla, rimasti invenduti. A ciò hanno contribuito il cigno nero rappresentato dal Covid-19 – che non dimentichiamo ha fatto per la prima volta la sua comparsa proprio in Cina, a Wuhan nel dicembre 2019 -, una certa imperizia, scelte imprenditoriali sbagliate e la stretta creditizia, una sorta di credit crunch imposta dal Governo cinese, anche a titolo esemplare per mettere in guardia da scelte corsare di tanti neoimprenditori che mirano al guadagno facile.  Tuttavia, sono convinto che il Governo cinese non farà diffondere tale infezione, la gestirà e terrà sotto controllo attraverso la Banca Centrale cinese che acquisirà parte del debito di Evergrande, al di là del valore dei titoli.

Hui Ka Yan, il Presidente di Evergrande ha dichiarato che la produzione di auto elettriche entro il decennio diventerà l’attività principale. Come commenta questa scelta?
Mi sembra una decisione coerente con il contesto globale e con il dirigismo cinese molto attento ad assecondare lo scenario della sostenibilità e dell’obiettivo di azzerare le emissioni nette di gas serra per restare al di sotto della soglia di 1,5°C di riscaldamento. Traguardo da conseguire per Ue e Usa nel 2050, mentre, come emerso nel G20 di scena nei giorni scorsi a Roma, che ha visto la presenza di tutti i leader del pianeta, con l’eccezione del presidente cinese Xi Jinping e di quello russo Vladimir Putin, la Cina vorrebbe raggiungerlo nel 2060. Al di là di queste differenze, che pure sono notevoli e sostanziali, l’importante è che la Cina, dove lo sviluppo economico si è a lungo basato sulle centrali a carbone e che necessita di maggior tempo per realizzare la transitone ecologica, si sia incamminata in questa direzione in modo irreversibile. In un certo senso Pechino ha per così dire imposto a Hui Ka Yan di fare diventare la produzione di auto elettriche il suo principale business in un decennio. Il che ottiene congiuntamente più scopi: salva Evergrande, asseconda l’accelerazione verso il cambiamento climatico e dà un messaggio interno importante agli imprenditori facendo loro capire che devono essere prudenti nelle loro scelte finanziarie e che la guida dell’economia è saldamente nelle mani del Governo centrale.

Da indiscrezioni pare che il gruppo abbia raggiunto un accordo per vendere asset del valore di oltre 1 miliardo di euro al colosso americano KKR, nel tentativo di ridurre il carico di debiti. Intanto, il colosso immobiliare ha cedole in scadenza a breve che rischiano il default, cosa ne pensa?
Il fatto che Evergrande ceda a KKR, uno dei maggiori fondi internazionali di private equity, specializzato nel segmento di leveraged buyout, con sede a New York, è una possibilità, ma bisogna vedere se, in che termini e in che quantità ciò avverrà. Per completezza va detto che è di questi giorni che la notizia che i due fondatori di KKR, Henry Kravis e George Roberts, rispettivamente di 77 e 78 anni, sono in procinto di lasciare il loro ruolo di manager, mantenendo però quello di co-presidenti esecutivi nel consiglio dell’azienda. Per tornare al nostro ragionamento, per prescindere anche dalle cedole in scadenza, credo che in generale il Governo cinese non consentirà che un debito importante come quello di Evergrande sia detenuto da un fondo americano. Questo a maggior ragione oggi dopo l’avvento di Joe Biden alla Casa Bianca, che a differenza del predecessore Donald Trump, ha riscoperto l’atlantismo e la collaborazione internazionale. Pechino, come del resto Washington, sanno bene che per aver le mani libere di fare la propria politica economica, non è bene affidare il proprio debito al nemico. Più in generale questa vicenda insegna che la ripresa economica globale come potrà avere importanti sviluppi potrà anche essere soggetta a incidenti e scivoloni, ma la crisi finanziaria del 2008 e il cigno nero del Covid-19 impongono che difficilmente il mondo sopporterebbe un’altra crisi finanziaria globale. Per questo le istituzioni cinesi gestiranno al meglio il debito di Evergrande optando più per soluzioni interne che esterne.

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