giovedì, 18 Aprile, 2024
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Asia in crescita. Il debito? C’è Draghi…

Mercati asiatici in crescita, ma anche  incognite politiche e strategiche , in aree dove tra dirigismo di Stato e Governi in mano alle forze armate: i rischi non sono ponderabili. È una delle osservazioni del professore Ubaldo Livolsi, esperto in politiche finanziarie e monetarie, che sottolinea come stiamo vivendo una stagione di forti cambiamenti e di diffuse incertezze economiche che vanno dalla Cina all’America. Mentre per l’Italia Livolsi vede nelle decisioni di  Draghi una rimodulazione fiscale e l’ottimizzazione della spesa. Con una grande spinta all’economia che verrà dai fondi UE a beneficio di imprese e cittadini.

Professor Ubaldo Livolsi, gli analisti affermano che il  mercato asiatico  crescerà nei prossimi anni a un ritmo del 5,7% dal 2021 al 2025, e del 4,5% annuo dal 2026 al 2030, quali sono le condizioni e I fattori determinati di questa crescita?
L’area economica asiatica e, in particolare, quella che possiamo definire dell’Estremo Oriente ha un insieme di caratteristiche complesse e per certi versi poco approfondite. Prima va però detto che, se guardiamo per esempio alla Cina, dove è comparsa la pandemia di Covid-19 (Wuhan, dicembre 2019), e ai Paesi vicini, essi sono usciti dall’emergenza per primi, il che è stato un grande vantaggio competitivo. Per tornare all’inizio della mia risposta, quell’area è caratterizzata da un agglomerato di dirigismo e dinamicità, a prescindere dalla veste formale esterna, da quelli comunisti di Cina e Vietnam, a quelli più autoritari, come la Thailandia, o Myanmar, dove dopo il colpo di stato del 1° febbraio di quest’anno vige una dittatura militare. In tutti questi casi, governi forti impongono politiche economiche e finanziarie, che non possono essere messe in discussione. Non dimentichiamo poi il ruolo delle grandi piazze finanziarie di Singapore e Hong Kong. I grandi stimoli all’economia per la crescita interna ed internazionale messi in atto possono tuttavia avere dei limiti se si sommano a manovre speculative finanziarie rischiose. È proprio di questi giorni la notizia di alcuni crack immobiliari, tra cui quello importantissimo del colosso Evergrande, legato al Gruppo  Suning (noto in Italia per la proprietà dell’Internazionale Calcio di Milano). In conclusione, se è vero che quell’area cresce, è lecito porsi degli interrogativi e riflettere su quel sistema, in cui non dimentichiamo – e qui accenniamo solo – il tema dei diritti civili è una bomba a orologeria, si rifletta per esempio sulla situazione di Hong Kong.

Gli Stati Uniti pur avendo un buon dato sull’aumento dell’inflazione, non decollano e si prevede una crescita da oggi al 2025 sotto il 2%. Negli Usa si parla di un possibile inasprimento della tassazione verso le PMI. Che impatto può avere questo dato sull’export europeo verso gli Usa?
I dati economici degli Usa sono un altro elemento di incertezza nello scenario economico internazionale. Il che riflette la politica di Joe Biden, per molti versi sorprendente e spiazzante. Dopo l’esperienza di Donald Trump , gli Usa si sono riaperti al mondo, sono rientrati negli accordi di Parigi sul clima, hanno ridato vigore all’atlantismo, ma dall’altra parte sanno fare i loro interessi come è il caso della questione dei sommergibili venduti all’Australia, il che ha fatto perdere una grande commessa alla Francia che aveva preso accordi con Canberra. Biden internamente sta puntando su una grande politica espansiva, che prevede – oltre alla spesa per il contrasto alla pandemia – importanti investimenti infrastrutturali, di riconversione energetica del Paese, ma anche di sostegno alla povertà. Il debito sale e c’è il rischio di nuove tasse e che queste vadano a compire le PMI. Io ho però una visione positiva dell’economia Usa e sono convinto che essa crescerà bene sul medio periodo. È evidente che un clima di paura, di timore di inasprimento delle tasse possa dissuadere la domanda di prodotti esteri e quindi  incidere sull’export europeo. Ma proprio perché ritengo che le eventuali imposizioni fiscali non saranno eccessive, il problema sarà minore. Per intenderci, e semplificando molto, meglio della politica dei dazi di Trump.

 Nel 2026 il debito italiano è ipotizzato a quota 151%, comunque ben al di sopra dei livelli pre-covid. Quali sono le strategie che dovrà mettere in campo il Governo verso il tessuto imprenditoriale italiano?
La pandemia ha determinato un’inevitabile crescita del debito. Pensiamo ai ristori o sostegni che dir si voglia alle imprese, alla cassa integrazione e a quanto fatto per le fasce più povere della popolazione (povertà, va detto, che purtroppo è comunque aumentata). Tuttavia credo che tale passivo sarà ricompensato dal rimbalzo che sono certo avrà l’economia, anche se è bene essere prudenti nel fare annunci in proposito, come mostrano saggiamente il premier Mario Draghi e il ministro del MEF Daniele Franco. A differenza che nel passato – pensiamo soltanto alla spesa degli anni 80 e 90 – questa volta, anche se il debito crescerà ancora nei prossimi due anni, il Governo intende realizzare la rimodulazione fiscale e l’ottimizzazione della spesa. Non solo, tutto ciò si compirà nel contesto di Next Generation EU e del PNRR, il che dovrebbe mettere a sistema il Paese. A ciò si aggiungeranno e saranno complementari riforme ad hoc come quella della Giustizia, dell’Antitrust e dell’avviamento delle imprese. Tutto ciò significa aiutare le aziende, approntare un sistema di opportunità che sia volano delle imprese produttive, selettivo e penalizzante nei confronti delle organizzazioni non meritocratiche e che vivono di rendita insostenibili nell’agone competitivo della globalizzazione.

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