venerdì, 26 Aprile, 2024
Sanità

Covid nelle Rsa. Il rapporto dell’Istituto superiore di sanità: tanti decessi, pochi tamponi e alcune strutture senza medici

“Circa l’11% delle strutture ha dichiarato di non avere medici in attività nella struttura fra le figure professionali coinvolte nell’assistenza”. Forse è questo il dato più “sensibile” per non dire preoccupante che emerge dalla pubblicazione del Report finale, – indagine condotta dall’Iss in collaborazione con il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale – sul contagio COVID-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie (Rsa). Ne esce un quadro non certo consolatorio ma di carenze approssimazioni, di limiti che poi hanno favorito drammi e decine di morti tra gli anziani.

Complessivamente hanno risposto al questionario 1.356 strutture, pari al 41,3% di quelle contattate, che hanno riportato dati riferiti al periodo dal 1 febbraio al 30 aprile 2020. Questi i principali risultati comunicati dall’Isituto superiore di sanità. Si parte dalle “Caratteristiche delle strutture”.

“In media sono risultati presenti 2,5 medici, 8,5 infermieri e 31,7 Oss operatori socio-sanitari) per struttura. Circa l’11% delle strutture ha dichiarato di non avere medici”, mentre “Complessivamente, considerando le tre figure professionali, sono presenti mediamente 42,4 operatori per struttura. Mentre sono stati riportati 74,8 posti letto per struttura, con un range da 8 a 667 posti letto. Le 1.356 strutture hanno riportato un totale di 97.521 residenti alla data del 1° febbraio 2020, con una media di 72 residenti per struttura (range 7-632)”, si rivela nel rapporto, “Il totale dei 9.154 soggetti deceduti, 680 erano risultati positivi al tampone e 3.092 avevano presentato sintomi simil-influenzali. In sintesi, il 7,4% del totale dei decessi ha interessato residenti con riscontro di infezione da SARS-CoV-2 e il 33,8% ha interessato residenti con manifestazioni simil-influenzali a cui però non è stato effettuato il tampone. Il picco dei decessi è stato riscontrato nel periodo 16-31 marzo”.

Altro capitolo è la “Positività personale sanitario”. “Su 1.320 strutture che hanno risposto a questa domanda 278 (21,1%) hanno dichiarato una positività per SARS-CoV-2 tra il personale della struttura”, prosegue il rapporto, “Le regioni che presentano una frequenza più alta di strutture con personale riscontrato positivo sono la provincia autonoma di Bolzano (50,0%) e di Trento (46,7%) seguite dalla Lombardia (40,0%), Piemonte (25,0%), Marche (23,5%), Emilia Romagna (18,1%), Veneto (16,6%), Liguria (15,8%) Friuli Venezia Giulia (12,8%), Toscana (12,4%), e valori inferiori al 10% o uguali a zero per le altre regioni”. Sui tamponi effettuati c’è stata una a noi discrezione da regione a regione, “a volte da ciascuna ASL o distretto sanitario, sull’indicazione ad eseguire i tamponi”. Quindi il caos tamponi. Ci sono poi le “Difficoltà riscontrate”.

“Delle 1.259 strutture che hanno risposto alla domanda, 972 (77,2%) hanno riportato al momento del completamento del questionario la mancanza di Dispositivi di Protezione Individuale, mentre 263 (20,9%) hanno riportato una scarsità di informazioni ricevute circa le procedure da svolgere per contenere l’infezione”, non solo  “123 (9,8%) strutture segnalano una mancanza di farmaci, 425 (33,8%) l’assenza di personale sanitario e 157 (12,5%) difficoltà nel trasferire i residenti affetti da COVID-19 in strutture ospedaliere”. Infine segnala il rapporto, “330 strutture (26,2%) dichiarano di avere difficoltà nell’isolamento dei residenti affetti da COVID-19 e 282 hanno indicato l’impossibilità nel far eseguire i tamponi”.

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