Si combatte attorno all’ospedale di al-Shifa. Sopra e sotto. Secondo Israele nei bunker sotterranei si nascondono i miliziani di Hamas e i loro capi. Ci sarebbe anche Yahya Sinwar, lo stratega degli attacchi del 7 ottobre. L’ospedale ospitava 80.000 persone tra rifugiati, malati, medici e operatori sanitari. La maggior parte sono fuggiti e qualche centinaio tra dottori e pazienti gravemente feriti sono rimasti. Praticamente sono intrappolati e isolati tra l’esercito di Israele e i terroristi di Hamas. Anche gli ospedali Rantisi, Al-Quds e Nasr di Gaza hanno iniziato a evacuare i loro pazienti tramite il corridoio umanitario aperto da Israele per raggiungere la zona meridionale della Striscia. Mentre si stringe il cerchio attorno al leader Sinwar, ieri è stato assaltato anche l’ufficio del fratello Muhammad. L’esercito ha preso anche il controllo del complesso della brigata Tzabra di Hamas, e distrutto l’avamposto Badr, vicino a un campo profughi e a edifici civili. Sono stati uccisi 150 terroristi.
Rischio allargamento conflitto
Ma non resta molto tempo per la controffensiva israeliana. Secondo l’Amministrazione Biden, c’è un “tempo limitato” per condurre le operazioni a Gaza, perché più durerà l’intervento militare e più aumenterà il rischio di un allargamento del conflitto. Israele rischia di vedere aumentare la simpatia di tutto il mondo per i palestinesi, nonostante continui a seppellire i propri morti e a essere oggetto di missili sparati anche verso la capitale Tel Aviv. Il segretario di Stato americano Antony Blinken, durante una conferenza stampa a Nuova Dehli, ha detto che “troppi palestinesi sono stati uccisi. Troppi hanno sofferto nelle ultime settimane.” Di fronte a questi fatti il ministro degli Esteri iraniano, Houssein Amirabdollahian, si è perfino spinto a dire che “l’espansione della portata della guerra è diventata inevitabile.” Evenienza alla quale lsraele è preparato: ieri aerei da combattimento hanno attaccato le infrastrutture terroristiche di Hezbollah in Libano in risposta ai lanci verso la zona del Kibbutz Adamit in Galilea. E anche gli Stati Uniti, costantemente in allerta, avrebbero effettuato un attacco aereo contro un deposito di armi nella Siria orientale, vicino a Maysulun, a Deir el-Zour. Due caccia F-15 hanno sganciato diverse bombe contro un edificio che, secondo i funzionari americani, sarebbe utilizzato dalla Guardia Rivoluzionaria iraniana.
Israele circondato da nemici
Il quadro non è chiaro: ci sono tante ipotesi e voci che si rincorrono, ma non c’è ancora chiarezza su quanto Israele intenda proseguire la controffensiva sul piano militare e come riportare a casa gli ostaggi e aprire prospettive per il futuro della Striscia di Gaza. Il Presidente Netanyahu ha aggiunto alle precedenti dichiarazioni che l’esercito continuerà a mantenere il controllo su Gaza anche dopo la guerra. “Non ci affideremo a forze internazionali”, ha detto a termine di un incontro con i capi delle comunità israeliane a ridosso della Striscia. Poi ha ribadito che Israele “non accetterà un cessate il fuoco.” Contemporaneamente il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, in un’intervista radiofonica ha spiegato che “Israele è uno stato circondato da nemici, se fa paura sopravvive altrimenti muore. Ha dovuto reagire ma la comunità internazionale fin dal primo giorno ha chiesto che la reazione non deve portarli a passare dalla ragione al torto né coinvolge vittime civili che non c’entrano nulla.”
Lega Araba, Biden e Xi
La Lega Araba ha chiesto nuovamente un “cessate il fuoco completo” a Gaza. I ministri degli Esteri arabi hanno tenuto un incontro preparatorio a Riad, guidato dal ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan Al-Saud, in vista del vertice arabo di emergenza previsto per oggi in Arabia Saudita, “per discutere le modalità per fermare l’aggressione israeliana a Gaza”. Mentre il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman ha sottolineato “la necessità di fermare questa guerra e lo sfollamento forzato dei palestinesi” e insistito per la “creazione di condizioni per il ritorno alla stabilità e alla pace.” Il supervertice sarà quello dell’incontro tra il Presidente americano Joe Biden e il Presidente cinese Xi Jinpig che si terrà a San Francisco il 15 novembre: un bilaterale attesissimo che potrebbe dare una vera svolta alla crisi non solo mediorientale, ma anche a quella russo-ucraina. Il vice premier cinese He Lifeng è già a San Francisco per colloqui con il segretario al Tesoro americano Janet Yellen.
Lo Stato palestinese
Altri due paesi: Egitto e Qatar, sono attivissimi nelle trattative per arrivare a un accordo sugli ostaggi, ma anche sul futuro di Gaza. Si oppongono alla risoluzione della questione palestinese a spese degli stati della regione del Medio Oriente e ai tentativi di rimuovere con la forza i palestinesi dalle loro terre. Il Presidente Abdel Fattah al-Sisi e l’emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani hanno riaffermato “il rifiuto di qualsiasi tentativo di eliminare la questione palestinese a spese del popolo palestinese o degli Stati della regione, nonché l’inaccettabilità dei tentativi di allontanare con la forza il popolo palestinese dalla propria terra.” I capi di Stato di Egitto e Qatar hanno concordato di proseguire le consultazioni “per proteggere il popolo palestinese e raggiungere il loro obiettivo principale: la creazione di uno Stato palestinese indipendente in conformità con il diritto internazionale, che contribuirà alla creazione di pace nella regione.”
Aperto a lungo un corridoio
Ieri le forze di difesa israeliane hanno aperto un corridoio umanitario verso il sud della Striscia di Gaza. Lo ha deciso il Cogat, ente militare israeliano responsabile della politica del governo nei territori palestinesi occupati. Il corridoio è rimasto aperto per 7 ore. Secondo il Cogat decine di migliaia di civili si sono diretti verso sud. Il segretario di Stato americano Antony Blinken, pur rimarcando l’importanza delle pause umanitarie concordate con Israele ha sottolineato che è necessario fare di più per proteggere i palestinesi. “Penso che siano stati fatti dei progressi”, ha detto, “ma c’è ancora molto da fare in termini di protezione dei civili e di assistenza umanitaria”. Intanto Turchia, Egitto e Israele hanno creato un gruppo di coordinamento per il trasferimento dei feriti dalla Striscia verso Ankara.