giovedì, 25 Aprile, 2024
Il silenzio delle parole

Dell’Ascolto – 4. Sincericidio      

Ho trovato il testo che segue fra i miei file, le mie carte si sarebbe detto una volta. Non ricordo se l’ho scritto di mio pugno o meno, trovo tuttavia il testo significativo, testo che in ogni caso è da riferire nel suo contenuto all’immortale Socrate:

Nell’antica Grecia Socrate aveva una grande reputazione di saggezza.
Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo, e gli disse:
«Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?
Un momento – rispose Socrate – prima che me lo racconti, vorrei farti delle domande, quelle della prova detre setacci.
«I tre setacci?».
Sì, continuò Socrate. “Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Io la chiamo la prova dei tre setacci.

Il primo setaccio è la verità.

Hai verificato se quello che mi dirai è VERO?».
«No… ne ho solo sentito parlare».
«Molto bene. Quindi non sai se è la verità.

Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà.

Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di BUONO?».
«Ah no, al contrario!»
«Dunque – continuò Socrate – vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere.

Forse puoi ancora passare la prova, rimane il terzo setaccio, quello dell’utilità.

È UTILE che io sappia cosa avrebbe fatto questo amico?».
«No, davvero».
«Allora – concluse – se ciò che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile, io preferisco non saperlo e consiglio a te di dimenticarlo».

La storia della prova dei tre setacci di Socrate è un grande insegnamento che ci induce a una seria riflessione, a un discernimento: prima di intervenire nella vita degli altri, prima di parlare male degli altri o ascoltare le maldicenze altrui.

Un’unità di misura che può consegnarci una buona dimensione dell’esistenza.

Ma insistiamo sui tre setacci e dunque su verità, bontà e utilità, ecco l’applicazione del principio a un tema delicato che appartiene alla cultura psicologica e che rappresenta un must della scuola filosofica costruttivista: il cosiddetto sincericidio.

La sincerità è una virtù importante, tuttavia molte persone confondono l’apparente sincerità con il sincericidio, cioè con quell’atteggiamento distruttivo che consiste nel non saper misurare l’impatto che le parole offensive o le verità producono su coloro che le ricevono.

C’è una differenza fondamentale fra sincerità e sincericidio.

Nella prima la verità manifestata nel contesto di una relazione viene considerata necessaria, nella seconda, al contrario, essa ha ad oggetto, un messaggio totalmente inutile per la bontà del rapporto stesso.

Tre sono dunque le condizioni in cui dire la verità non è utile:

quando la verità non apporta valore alla persona ricevente o alle sue relazioni; quando la stessa persona non è pronta ad affrontare la verità;

quando il messaggio arriva nel momento sbagliato.

Controllare la sussistenza di ognuna di queste condizioni potrà aiutare a non commettere sincericidio e a non rovinare le relazioni umane.

L’esortazione di Nonno Federico

Un’affermazione, figlia delle altre tre appena citate, la ripeteva sempre nonno Federico: “Non bisogna giudicare il prossimo, mai! Possiamo giudicare i fatti non le persone e se giudichiamo, consideriamo prima che la ragione del nostro giudizio sia apprezzata e comunque usiamo prudenza, non offendiamo la sensibilità di chi potrebbe non essere pronto a quella critica, o forse non condividerla, o non richiederla. Se giudicheremo negativamente non avremo aiutato nessuno, avremo soltanto chiuso ponti, certo non ne avremo creati di nuovi”.

(Testo rivisitato e ridotto, tratto dal libro dell’autore L’età del limo).

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