giovedì, 25 Aprile, 2024
Cronache marziane

Kurt e la Russia di Putin

I marziani, si sa, sono un po’ diversi da noi umani e per meglio capirli è piuttosto inutile seguire le avventure terrestri di Kurt: meglio sarebbe visionare i due cortometraggi di George Melìes del 1902 –  intitolati ai “Viaggi straordinari“ – ove il primo regista della storia metteva insieme le penne di Jules Verne e Herbert George Wells per descrivere dei mostriciattoli trinariciuti le cui tremolanti immagini, proiettate in salette zeppe di fumo, aprivano le porte al cinema di massa.

Anche allora, come oggi, il pianeta era percorso da disordini e guerre, ma – a differenza di oggi – era diffusa la convinzione che prima o poi le tensioni che ne erano alle origini sarebbero terminate, dando così luogo ad un lungo periodo di pace.

Voglio anche ricordare a me stesso come sia ingannevole l’aspetto con cui lo stesso Kurt si presenta agli abitanti del nosro pianeta, perché Egli sembra in tutto per tutto uguale agli umani che lo abitano, mentre non è affatto così e – anche se riesce a ben mascherare le profonde differenze fisiche che lo distinguono dai suoi ospiti – quell’assimilazione diviene più difficile quando manifesta il proprio modo di pensare.

Marte è infatti luogo che brilla per la sua omogeneità e il suo piattume; la Terra è invece un pianeta ricco di esperienze e tensioni talmente differenti fra loro da aver preso reciproca conoscenza solamente negli ultimi quattro secoli: anzi – secondo alcuni antropologi – i processi cognitivi degli uni verso gli altri sarebbero tuttora in corso di completamento.

Mi sono reso conto della differenza che corre fra noi e loro quando ho visto Kurt sfogliare annoiato una raccolta di testi di Anna Politkoskaja (la giornalista assassinata il 7 ottobre 2006 nell’androne di casa, per mano di un killer di cui è stato fin troppo facile scoprire il mandante), intitolata “Per Questo” e ora ripubblicata fra “ gli Adelphi “: si tratta di una raccolta di articoli, promemoria e testimonianze costruita per fornire un reportage su come la Russia di Putin è divenuta, appunto, la Russia di Putin e cioè un impero mascherato da Repubblica federale dove l’imperatore si sforza costantemente di non dichiararsi tale, preferendo che i sudditi lo considerino il loro Presidente, temendolo però come un dittatore.

Non sarà l’impero di Pietro il Grande, ma è sempre meglio dell’anatra zoppa che seguì il crollo dell’Unione Sovietica del 1989.

Torniamo ora alle differenze fra coloro che abitano sulla Terra e quelli che invece popolano Marte.

Kurt mi ha infatti mostrato il libro di cui dicevo all’inizio come esempio di opera letteraria senza capo né coda: si apre con un titolo (“Ma alla fine che cosa avrei combinato?“) che nulla sembra avere a che fare con il pagliaccio che apre e chiude le riflessioni della giornalista; si snoda lungo la guerra cecena e altre meno note guerriglie; esalta i movimenti indipendentisti che Stalin prima e Putin poi hanno considerato semplicemente come terroristi; descrive l’ingannevolezza del modello politico economico della Federazione Russa come propagandato dei media di regime; ma soprattutto si chiude – e questo è l’argomento che ha più colpito Kurt – con un capitolo intitolato “Il pianeta”.

In quell’ultimo reportage si racconta di un piccolo villaggio di confine, sulla riva dell’Oceano Atlantico – chiamato Molde – dal cui molo malmesso si potrebbe addirittura salire su una barca e arrivare in America: ma – conclude la povera Politkovskaja –  “nel nostro Paese dubito che qualcuno sappia dell’esistenza di Molde”, visto che la potente macchina del consenso putiniano si guarda bene dal diffondere la notizia.

E perché dovrebbe farlo? – Mi ha domandato il Marziano, più stupito che incuriosito – l’America non è forse un Paese tutto diverso dalla Russia, con diseguaglianze e tensioni addirittura superiori da quelle che la stampa evidenzia, dall’una e dall’altra costa dell’Atlantico?

Stavo per rispondere all’Extraterrestre che, così dicendo, dimostrava di non aver capito proprio nulla delle tensioni che tuttora agitano il nostro mondo e del loro diverso modo di manifestarsi ad Est e ad Ovest, come al Nord e al Sud.

Allora mi sono tornati in mente i fotogrammi sfocati attraverso cui si proiettavano i Marziani di Melìes, mentre guardano ostili gli uomini appena fatti prigionieri e ritengono di doverli e poterli punire senza neanche affidarli al giudizio di un magistrato terzo e imparziale, che magari deciderà la loro sorte senza neanche adeguata istruttoria.

Così ho preferito tacere, essendomi pure ricordato che il principio della divisione dei poteri, alla base delle democrazie occidentali di questa nostra Terra, non è conosciuto ed apprezzato nè in Russia, nè tantomeno su Marte.

Kurt deve però avermi letto nel pensiero, perché di fronte al mio silenzio ha raggiunto: comunque puoi star  tranquillo, perché, dalle mie parti, a nessuno passerebbe per l’anticamera del cervello di far assassinare l’autore di un libro senza capo né coda come è quello oggi capitatoci in mano.

Su questo, probabilmente, il Marziano ragione e così ho continuato a tacere, memore della massima Yiddish per cui ”il primo passo della sapienza è il silenzio, il secondo è l’ascolto.”

 

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