venerdì, 22 Novembre, 2024
Cronache marziane

Avvocati a congresso

Stamattina Kurt il Marziano, consegnandomi il pacco dei giornali della domenica, mi ha fatto notare che – salvo un paio di lodevoli eccezioni – la grande stampa ignora l’evento che si svolgerà prossimamente a Lecce: il Congresso Nazionale Forense e, prima ancora, l’elezione dei suoi delegati fra 23 e il 27 del mese.

Raccogliendo la Sua osservazione, come sempre critica, gli ho risposto che si tratta di questione interna all’organizzazione forense e che, come tale, non dovrebbe interessare alla generalità di coloro che acquistano i quotidiani; a ben pensarci però Kurt ha qualche ragione nel lamentare il disinteresse della grande stampa verso un evento che si è rivelata – negli anni – funzionale al buon andamento della giustizia.

A meglio riflettere infatti, gli avvocati a Congresso discuteranno non solo dei problemi interni alla loro categoria – e non sono pochi! – ma, prima ancora di come trasmettere il proprio messaggio sui servizi alla giustizia, nell’interesse dei loro clienti (e, in fondo, di tutti noi: perché talvolta anche gli avvocati hanno bisogno dell’opera di altri avvocati, almeno quando subiscono aggressioni dai privati o dai titolari di poteri pubblici, fra i quali il potere dei giudici non è sempre l’ultimo), gli avvocati hanno il dovere di interrogarsi su ciò che non funziona all’interno del proprio assetto organizzativo; perché quelle eventuali disfunzioni si ripercuotono sull’intero funzionamento della giustizia.

Se debbo individuare la principale disfunzione che colpisce la categoria, non ho difficoltà ad affermare che è quella relativa ai tempi di irrogazione delle sanzioni adottate dai Consigli Distrettuali di Disciplina (CDD) nei confronti di avvocati che si rendano colpevoli delle violazioni previste dal vigente Codice Deontologico Forense.

Questi ultimi, con il loro comportamento, vanno a ledere l’immagine dell’intera categoria di professionisti a cui i cittadini domandano prestazioni professionali idonee ad aiutarli nell’ottenimento di giustizia da una magistratura che non sempre si dimostra all’altezza dei compiti a Lei affidati.

La questione si complica ancor di più, ricordando come come i tempi di decisione dei procedimenti disciplinari siano largamente variabili fra un distretto e l’altro, perché – a fronte dei tempi velocissimi del Distretto di Roma – molto più lunghi sono i tempi necessari in altri Distretti.

Affrontando la questione, il cui esame non è più rinviabile, i delegati dell’avvocatura non potranno che prendere atto del sostanziale fallimento, almeno sotto questo punto di vista, della riforma introdotta dalla legge n. 247 del 31 dicembre 2012, come integrata dal regolamento 31 gennaio 2014 n. 1.

L’obiettivo di quella legge era sicuramente nobile, consistendo nel sottrarre il controllo disciplinare alla eventuale parzialità connettibile fra eletto ed elettore generata dal pregresso sistema, che affidava l’esercizio dell’azione disciplinare direttamente ai diversi Consigli dell’Ordine di appartenenza degli incolpati.

Si riteneva infatti che, essendo tali organismi fondati su base elettiva, sarebbe stato anche possibile gettare un occhio benevolo sul comportamento di coloro cui si deve la propria elezione: fatto sta che non era mai accaduto, sotto quel regime, di assistere a trasmissioni televisive nelle quali si raccontano inimmaginabili malefatte, come purtroppo di recente è accaduto; Sotto il precedente regime i tempi di irrogazione delle sanzioni erano così brevi da rappresentare il primo deterrente rispetto a comportamenti che non fossero più che specchiati.

Perciò delle due l’una: o il Consiglio Nazionale Forense – nell’esercizio dei propri poteri di vigilanza – riuscirà in breve tempo ad imporre a ciascun CDD di concludere ogni procedimento disciplinare nel termine massimo di un anno, oppure la questione dovrà essere affrontata dal Ministro della Giustizia  e dal Parlamento, giungendo in tempi brevissimi ad una modifica nella richiamata legge n.247.

Ho esposto queste considerazioni a Kurt, sul cui pianeta identici episodi non accadono e Lui mi ha risposto che – su Marte – non c’è bisogno di avvocati, perché lì sono i giudici ad amministrare direttamente la giustizia senza mediazioni di sorta e senza necessità di ricorrere alle technicalities di cui sono zeppi i nostri codici del rito.

In più, su quel pianeta i giudici leggono con attenzione le carte che raccolgono durante i processi e, se non lo fanno, ne rispondono con la diretta destituzione dal loro impiego

Sembra quasi un mondo immaginario, quello in cui vive il Marziano e forse lo è, ma non è il mondo nel quale tocca a noi vivere e convivere con i nostri simili.

Concludo questo numero della mia rubrica indirizzando i migliori auguri a coloro che verranno eletti per partecipare al prossimo Congresso Nazionale Forense: l’uscita dell’avvocatura dal declino in cui è caduta la giustizia italiana è anche nelle loro mani!

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