giovedì, 18 Aprile, 2024
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È legittimo il carcere per i giornalisti? A giugno decide la Corte Costituzionale

La questione è antica ed ha evidenti riflessi sull’assetto democratico del nostro Paese: i giornalisti condannati per diffamazione devono andare in carcere? La minaccia della reclusione contrasta con il principio della libertà dell’informazione, sancito dall’articolo 21 della Costituzione? Il quesito non è di poco conto, perché è chiaro che un giornalista che sa di correre il pericolo di poter finire in gattabuia diventa meno libero e più condizionato.

Ed è un quesito talmente pregnante che è finito dinanzi al giudizio della Consulta. Che il 9 giugno prossimo deciderà appunto se è o no legittimo il carcere per i giornalisti condannati in via definitiva per diffamazione aggravata a mezzo stampa.

La presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia, accogliendo a tempo di record un’istanza presentata dall’avvocato Giuseppe Vitiello di Napoli per conto dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, ha rifissato l’udienza pubblica con ripresa tv (i precedenti appuntamenti del 21 e 22 aprile erano stati rinviati per l’emergenza da Coronavirus-Covid 19) in cui sarà per la prima volta esaminata a palazzo della Consulta una questione di fondamentale importanza per la libertà di stampa nel nostro Paese, sollevata un anno fa sia dal tribunale di Salerno, sia dal tribunale di Bari – sezione di Modugno.

Il problema si trascina da molto più di una ventina di anni e ha diviso la magistratura e il Parlamento. In tutti questi anni sono stati versati fiumi d’inchiostro. Tutti i disegni di legge sinora presentati alla Camera e al Senato non sono mai giunti a conclusione e si sono insabbiati prima della fine di ogni legislatura. E anche quelli attualmente all’esame di palazzo Madama fanno un passo avanti e due indietro. Insomma negli ultimi 40 anni tutte le promesse di riforma della diffamazione da parte dei politici si sono rivelate da marinaio senza mai concludere nulla.

Intanto il 5 maggio scorso su segnalazione dell’AEJ – Association of European Journalist, che era stata sollecitata dall’Associazione Ossigeno per l’informazione, è stato pubblicato l’alert sulla Piattaforma del Consiglio d’Europa per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti con cui si chiede formalmente al Governo italiano di chiarire la sua posizione sulla legittimità del carcere in caso di condanna penale definitiva di un giornalista per diffamazione aggravata a mezzo stampa.

La Presidenza del Consiglio, infatti, si è formalmente costituita davanti alla Corte Costituzionale e per di più con l’insolita assistenza di due avvocati dello Stato (fatto abbastanza raro che avviene soprattutto per le grandi occasioni), chiedendo che vengano respinte tutte le eccezioni sollevate un anno fa dai tribunali di Salerno e di Bari che ritenevano illegittima la detenzione per il reato di diffamazione, prevista sia dall’art. 595 del codice penale, sia dalla legge sulla stampa (la n. 47 del 1948), figlia del codice Rocco, perché incompatibile con la libertà di espressione dei giornalisti garantita dagli articoli 3, 21, 25, 27 e 117 della Costituzione in relazione all’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Il premier Conte non avrà quindi più alibi e dovrà rispondere anche all’Europa se il Governo italiano è o no favorevole al mantenimento del carcere per i giornalisti condannati in via definitiva per diffamazione aggravata a mezzo stampa. Non ci potranno essere più equivoci tra la posizione del Presidente del Consiglio e quello dell’Avvocatura generale dello Stato che lo difende e lo rappresenta in giudizio.

Ma con ogni probabilità senza attendere l’Europa questi dubbi saranno già sciolti il 9 giugno quando si svolgerà la seduta pubblica della Corte Costituzionale (chi non potrà parteciparvi potrà comunque rivederne su internet il filmato nei giorni successivi, utilissimo anche per delle tesi di laurea).

Vi sarà, tuttavia, una novità in quanto la Presidente Cartabia ha deciso che si discuta in udienza pubblica anche l’articolata ordinanza del tribunale di Bari sezione di Modugno per la quale era stata in precedenza fissata la camera di consiglio del 22 aprile scorso. Subito dopo la relazione sulle due ordinanze dei tribunali di Salerno e di Bari sezione di Modugno da parte del giudice relatore professor Francesco Viganò si affronteranno, da un lato, i due legali dell’Avvocatura Generale dello Stato avvocati Salvatore Faraci e Maurizio Greco e, dall’altro, l’avvocato di fiducia del Sugc (Sindacato unitario dei giornalisti della Campania) Francesco Paolo Chioccarelli che assiste i due giornalisti imputati a Salerno e l’avvocato Giuseppe Vitiello che difende il presidente del CNOG Carlo Verna nell’interesse dell’intera categoria.

Al centro della discussione sarà soprattutto la valutazione da parte della Corte Costituzionale degli effetti in Italia di numerose sentenze della CEDU – Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, immediatamente applicabili nel nostro Paese, che hanno ripetutamente affermato che tranne casi assolutamente circoscritti, i giudici italiani, in caso di condanna di un giornalista per diffamazione a mezzo stampa, non dovrebbero più infliggere il carcere, ma eventualmente solo multe, in quanto la reclusione in cella appare ormai incompatibile con il diritto di cronaca e rappresenta un limite sostanziale alla libertà di informazione e quindi al sistema democratico italiano. Tra tutte si ricordano in particolare le sentenze della Cedu favorevoli a Maurizio Belpietro del 24 settembre 2013 e ad Alessandro Sallusti del 7 marzo 2019 che hanno fissato dei principi giuridici di grande rilievo ai quali ha già più volte aderito anche la Cassazione con numerose decisioni.

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