venerdì, 26 Aprile, 2024
Politica

Dopo il sovranismo vittima del virus anche il populismo

Su “La Discussione” del 11 marzo avevamo scritto che la prima vittima del virus sarebbe stato il sovranismo.

Un’indagine pubblicata da Europe Elects, una società di ricerca indipendente, sulle formazioni politiche di dieci Paesi europei aderenti al gruppo Identità e democrazia del parlamento europeo ci dà ragione.

Crollano i consensi dei partiti ultranazionalisti come i tedeschi di AFD (Alternative für Deutschland, degli austriaci di FPO (Freiheitliche Partei Österreichs), dei finlandesi di PS (Perussuomalaise). Flette anche la Lega di Salvini, insieme agli olandesi del PVV (Partij voor de Vrijheid). Perchè. Semplice.

In un momento di grande emergenza mondiale le chiusure dei sovranisti con le loro esasperazioni nazionaliste sono in contraddizione col sentire comune. Tutti hanno capito che una pandemia è un problema sovranazionale e che nessun Paese può pensare di alzare barriere contro il virus. Ma c’è di più.

La recessione mondiale richiede interventi che vanno oltre gli sforzi dei singoli Stati. In Europa questo significa che la gente vuole maggiori interventi degli organismi sovranazionali come BCE, Banca europea per gli Investimenti, Commissione Europea, anche MES e una più forte cooperazione internazionale: l’opposto delle rivendicazioni barricadiere dei sovranisti che cadono spesso in contraddizione con se stessi chiedendo maggiore solidarietà agli altri proprio un minuto dopo aver detto che ciascuno Stato deve badare ai propri interessi.

Sistemato il sovranismo, ora tocca al populismo fare i conti con la doppia emergenza sanitaria e economica.

I populisti sono degli abili demagoghi che predicano l’anti-politica e bruciano sul rogo del loro fanatismo qualsiasi idea di classe dirigente e di istituzione in nome di una confusa esaltazione del “popolo”. I populisti sono soliti anteporre l’inseguimento degli umori della gente, opportunamente aizzata, al rispetto delle regole, delle leggi e delle procedure istituzionali. Sbandierano ai quattro venti slogan di pronto effetto che non risolvono alcun problema ma soddisfano solo la voglia di ritenere facile il difficile, di fare miracoli a parole per dare in pasto al “popolo” un senso di effimera ebbrezza.

I populisti si sentono investiti, in base alla loro speciale autoinvestitura di veri interpreti dei bisogni  delle masse, di una capacità di governo che non ammette critiche e si autodefinisce di “livello superiore”.

Purtroppo per i populisti questo armamentario di superficialità dimostra tutta la sua inutilità quando i problemi da risolvere non sono quelli agitati nei comizi o sui social ma sono drammi del “qui ed ora” che richiedono decisioni difficili, complesse e non improvvisate.

Per fronteggiare la pandemia e la recessione frasi fatte, proclami altisonanti risultano non solo privi di contenuto ma diventano perfino irritanti per chi – magari in altri momenti – avrebbe volentieri ascoltato il canto ammaliante e mendace delle sirene populiste ma oggi vuole scelte coraggiose ed efficaci che lo aiutino davvero ad andare avanti

In queste settimane fare appello al “popolo” contro le classi dirigenti va contro il desiderio dei cittadini di sentirsi governati seriamente  da persone capaci, efficienti, che sanno quello che fanno e che i problemi li affrontano a mani nude e non con voci sguaiate.

Non c’è spazio per il populismo di fronte a situazioni drammatiche: la ricreazione è finita, tocca lavorare sul serio, non annunciare dai balconi la sconfitta della povertà per decreto.

Il “popolo” dà oggi credito a chi dimostra di avere cultura di governo e capacità di visione non onirica e notturna ma concreta e diurna dei problemi. Se, alla prova dei fatti, i proclami antipolitici e demagogici non approdano a nessuna soluzione praticabile dei problemi, il populismo crolla come un castello di carta.

Questa pandemia, come sembra, potrebbe segnare definitivamente un forte ridimensionamento di sovranisti e populisti: tra i tanti mali che ci ha arrecato almeno un effetto indiretto positivo potrebbe averlo.

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