sabato, 27 Aprile, 2024
Politica

Piazza punita: i 5 stelle alla ricerca delle radici

Di Maio si è dimesso da capo politico il 22 gennaio. Ma continua a comportarsi come se fosse la guida suprema dei 5 Stelle. Così, in un momento di particolare difficoltà, dovuta – anche ma non solo – alle pressioni in tema di prescrizione, Di Maio rompe gli indugi. Invece di invocare vertici di maggioranza, mediazioni e riti tipici di una maggioranza formata da più partiti, chiama alla mobilitazione delle piazze.

Qualcuno pensa che così l’ex capo politico voglia trasformare i 5 Stelle in partito di lotta e di governo. E che male ci sarebbe se un partito riuscisse a ben governare e non smettesse comunque di cavalcare il malcontento che la sua azione di governo ancora non riesce a dominare?

Il guaio dei 5 Stelle è che non riescono a governare i problemi e, quindi, il richiamo alla piazza sembra un modo per peggiorare la loro scarsa capacità di gestire e risolvere i problemi.

Un partito di governo può scatenare le piazze se è un partito che nella maggioranza conta poco e cerca, col ricorso alla piazza, di far sentire di più la propria voce. Non è il caso dei 5 Stelle che ancora oggi in Parlamento sono la prima forza politica e che nel governo attuale esprimono ancora il presidente del Consiglio e occupano ministeri chiave. Allora dov’è il problema?

I 5 Stelle sono da mesi allo sbando. Dal giugno 2018 per un anno sono stati in balìa degli umori e dei calcoli politici di Salvini. Spiazzati dalla crisi di agosto, sono stati costretti a governare con un partito che avevano ampiamente esecrato. Ma non hanno saputo trovare un modo per governare insieme al Pd e mantenere una identità precisa. Eppure non era un’impresa difficile, visto che Zingaretti è tutto fuorché un leader aggressivo come Salvini e che il Pd non ha preteso di imporre una propria linea al Conte 2 ma ha accettato tutta una serie di misure che erano state il fiore all’occhiello dei 5 stelle.

Nonostante questo, Di Maio non ha saputo dare un’impronta al nuovo Governo e si è rinchiuso in un fortino difensivo dei residui baluardi dei 5 Stelle: persi per strada i NO a Tav, Tap, e Ilva, e con un mezzo fallimento del reddito di cittadinanza, Di Maio&co hanno fatto una manovra di arroccamento sulla prescrizione, contro i ricorsi dei parlamentari sulle pensioni tagliate e sulla revoca delle concessioni autostradali. Poca roba. Quando giochi sempre in difesa e hai i muscoli infiacchiti è facile che la tua difesa sia debole. Renzi ha fiutato la popolarità del tema e si è fiondato con la solita delicatezza contro la prescrizione modello Bonafede.

La miopia politica dei 5 Stelle, in una fase in cui sono in difficoltà, non ha fatto vedere a Di Maio che, non potendo forzare e scatenare una crisi di Governo, non gli restava che spiazzare Renzi e il Pd e di proclamare la Giustizia emergenza nazionale proponendo una incisiva e rapida riforma assumendo subito 10.000 cancellieri, 2000 magistrati e stanziando risorse per far funzionarie i Tribunali. Invece no, Di Maio e Bonafede si ostinano a difendere una norma contestata dal 90% dei magistrati, dal 100% degli avvocati e dal 100% dei docenti di diritto.

E così i 5 Stelle si condannano alla irrilevanza: se non puoi scatenare una crisi di governo e non vuoi mediare, devi rilanciare non chiuderti a catenaccio.

Ora Di Maio invoca il bagno di folla come lavacro salvifico di una incapacità politica. Il richiamo della foresta non aiuterà i 5 Stelle a trovare un’identità ormai perduta e offuscata. I 5 Stelle devono esprimere una cultura moderna di governo e non ripetere slogan e difendere posizioni che hanno dimostrato di non funzionare.

La piazza da cui Di Maio aspetta un’esplosione di consenso è una piazza che si sente punita ingiustamente dagli errori politici del gruppo dirigente che ha fatto dimezzare in un anno lo straordinario consenso che le piazze avevano contribuito a far ottenere ai 5 Stelle.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Energia. Confcommercio: la ristorazione italiana paga il prezzo più alto d’Europa. Sangalli: serve patto con il Governo

Gianmarco Catone

Draghi cerca la quadra nella maggioranza

Giuseppe Mazzei

Il costo della politica e (è) la questione morale

Domenico Turano

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.