venerdì, 26 Aprile, 2024
Il Fisco e la Legge

Anche le multinazionali del web dovranno pagare l’Iva?

Avvocato de’ Capitani, è di stretta attualità la riforma fiscale proposta dal Governo Meloni, ma come sappiamo i tempi non saranno brevissimi e sono attesi diversi passaggi prima della piena entrata in vigore, che ne pensa?
Che è appunto presto per dare un giudizio definitivo, anche a fronte dei tanti annunci di riforme storiche, epocali, rivoluzionarie degli ultimi anni che si sono poi risolte in pur ragionevoli interventi di manutenzione del sistema e di suo miglioramento, ma che tuttavia non hanno in effetti cambiato la vita dei cittadini, o meglio, l’hanno cambiata solo ad alcuni.

A cosa si riferisce?
Beh’, l’esempio più chiaro mi pare quello della flat tax, che è stata certamente molto bene accolta da una parte della popolazione, ma che ha appunto riguardato solo una parte di lavoratori, agitando le proteste degli altri.

Ma ora la proposta è di arrivare ad un allargamento del sistema
È vero, ma su questo segnalerei due aspetti, tra i tanti che dovranno essere trattati: il primo è che resteranno inevitabilmente alcune differenze a seconda della categoria di reddito, e mi riferisco ovviamente al dualismo tra dipendenti e autonomi, che è bene ridurre, ma che è in una certa misura insuperabile per la diversità oggettiva delle due situazioni, quantomeno quelle di lavoro autonomo vero e proprio.

E l’altro?
L’altro è un tema più generale, che tuttavia è, questo sì, davvero sistematico, ovvero la sempre maggiore frammentazione delle imposte sul reddito, a scapito di un’IRPEF che – sia chiaro, non da ieri – è erosa da forme di prelievo sostitutivo in continuo aumento. L’ultima sarà l’estensione della cedolare secca agli immobili commerciali.

E non le pare cosa buona?
Sono ovviamente scelte politiche, e non è un caso che i sindacati protestino, perché c’è sempre una vittima e qui, almeno in parte, rischia di essere la progressività. Diciamo che ognuna delle opzioni ha le sue ragioni di politica economico-tributaria, ma bisogna prendere atto del fatto che i redditi da lavoro, che sono anche quelli meno certi, perché per esempio legati alle condizioni di salute del singolo, non sono quelli più premiati, mentre le rendite sono blandite con l’imposizione cedolare che negli ultimi anni si è estesa sempre di più e che a breve saranno favorite anche dalla – pur essa, per certi versi, ragionevole – unificazione tra i redditi diversi di natura finanziaria e quelli di capitale. E la globalizzazione c’entra fino a un certo punto.

Parliamo allora delle multinazionali, ci sono novità di rilievo?
Per queste più che ai singoli governi, quello italiano incluso, bisogna guardare al panorama internazionale e quindi alle organizzazioni internazionali come Ocse e Unione europea.

E ci sono novità di rilievo all’orizzonte per la tassazione delle multinazionali?
Gli sviluppi più radicali, se vogliamo interessarci a quelli, sono in realtà quelli che potrebbero derivare dalla contestazione che leggiamo essere stata presentata dalla Procura di Milano nei confronti di Meta.

È una notizia che ha fatto grande scalpore, 870 milioni di Iva che non sarebbe stata versata, come è mai possibile che una multinazionale così in vista si nasconda all’Erario per importi così elevati?
Ma in effetti non è che la società si sia effettivamente nascosta. Pare tuttavia che le autorità italiane abbiamo rotto gli indugi provando a sostenere che l’accesso gratuito alla piattaforma concesso da Meta ai suoi utenti, da un lato, e la condivisione dei dati personali degli utenti, dall’altro, configurino una permuta tassabile ai fini IVA.

Anche senza un pagamento?
Eh sì, perché si tratterebbe di utilità reciproche con un valore in qualche misura quantificabile, un baratto. E anche i baratti sono tassabili ai fini IVA, non sarebbe il primo caso.

Ma le pare che davvero andrà a finire così?
Non sarebbe la prima volta che le autorità italiane si pongono alla frontiera più avanzata dell’interpretazione, è successo da poco anche con Netflix e il concetto di stabile organizzazione “virtuale”; ma in questo caso userei la massima prudenza, perché su impulso tedesco il tema fu già oggetto di discussione tra le autorità fiscali europee ed emersero fortissime perplessità tecniche. Tanto che non mi risultano per ora altre iniziative di questo tipo, in giro per l’Europa.

E allora?
Bisognerà capire se e come la società – e le altre che fanno lo stesso mestiere – si difenderà. Si potrebbe in teoria arrivare anche a una pronuncia della Corte di Giustizia UE; ovviamente non conosco i dettagli del caso, ma una cosa che non mi convince del tutto, trattandosi appunto di una questione interpretativa “di frontiera”, è che ci si possa arrivare attraverso un procedimento penale.

Perché?
Perché il mondo ci guarda e capita talvolta di essere additati come un paese piuttosto aggressivo con le multinazionali straniere. Il che, senza nulla togliere alla libertà di azione delle nostre autorità, ci può, ci deve, stare, quando occorre contrastare riduzioni indebite delle basi imponibili. Ma in casi appunto di interpretazioni innovative sarebbe meglio operare attraverso i canali internazionali di cui sopra e seguire quindi schemi pre-condivisi con i nostri partner.

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