venerdì, 29 Marzo, 2024
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Il cuneo fiscale non è la panacea, sostenere la competitività dei capitali

È importante approfondire alcuni contenuti del Documento di economia e finanza – DEF, di cui sono condivisibili i tre principali obiettivi: la rinuncia graduale ad alcune misure straordinarie di politica fiscale attuate nello scorso triennio, la riduzione del debito e del deficit (previsto a fine anno al 4,5%) rispetto al Pil e il sostegno alla ripresa dell’economia. Infatti, grazie alle nuove misure fiscali per il 2023 e 2024, la crescita del Pil è prevista all’1,0% quest’anno e all’1,5% il prossimo.

Si dibatte molto sui tre miliardi destinati al taglio del cuneo fiscale. Un intervento importante, che per giunta porta a 7,2 miliardi le risorse complessive previste, sommando i 4,2 già stanziati con la Legge di Bilancio 2023. Ciò potrebbe far scendere il cuneo per i redditi sotto i 25mila euro di circa quattro punti percentuali. I sindacati hanno espresso le loro critiche. La Cgil chiede, oltre all’introduzione del fiscal drag, che si arrivi al 5%. Per parte sua Confindustria – che ricorda anche che solo nel 2024 gli Usa e l’Eurozona vedranno la ripresa e che quest’anno il nostro Pil avrà una dinamica rallentata – valuta positivamente il provvedimento, seppure auspichi un’integrazione attraverso un’importante revisione della spesa.

Se tale misura appare di per sé stessa positiva, è necessario evitare il rischio di considerarla come la panacea per l’economia del nostro Paese. Concordo con quanto osservato da alcuni commentatori. Se è vero che attraverso il cuneo, il salario dei dipendenti sale, ciò succede per cifre impercettibili con l’inflazione sui livelli attuali. Inoltre, il costo del lavoro, se si opera solo sui contributi a carico dei lavoratori, rimane inalterato. Di più, se si riducono i contributi Inps, ciò potrebbe pesare sulle generazioni future e finirebbe per gravare sul debito, per giunta coinvolgendo anche i lavoratori non dipendenti.

Lo dichiaro da tempo, come sanno bene i lettori di questo giornale: per fare ripartire il Paese è necessario realizzare grandi investimenti infrastrutturali, puntando su formazione e tecnologie. Per centrare l’obiettivo, servono risorse, che devono arrivare dallo Stato – ben vengano quindi i punti del DEF 2023 che vanno in questa direzione – ma anche dalle imprese e dal mercato dei capitali. Servono ulteriori disposizioni che facilitino maggiormente la confluenza di parte della ricchezza finanziaria degli italiani (stimata in oltre 5.200 miliardi a fine 2021) nel capitale delle imprese Per questo, del DEF considero molto significativi gli interventi a favore dei mercati dei capitali: dagli incentivi alla quotazione da parte della società alla diffusione dell’azionariato di Borsa italiana, al sostegno alle imprese che vogliono accrescere e aumentare la propria competitività mediante il ricorso ai mercati dei capitali. C’è ancora tanta strada da fare, come dimostra il fatto che tante, troppe aziende nazionali preferiscono quotarsi sulle Borse internazionali anziché su quella italiana, ma la via è tracciata.

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