venerdì, 26 Aprile, 2024
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L’Italia assecondi i contenuti tecnologici del Pnrr

Le Cassandre che prevedevano che l’economia globale sarebbe stata abbattuta dal formidabile uno-due rappresentato prima dalla pandemia da Covid-19, poi dalla guerra seguita all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, sono state smentite. La grande recessione, con calo del reddito e dell’occupazione, non si è palesata. Se guardiamo alla nostra Nazione, nel biennio 2021-22 l’economia è cresciuta, al netto dell’inflazione, del 10,5%. Non solo, l’export nazionale è aumentato nel 2022 del 20%, sfiorando la soglia record di 600 miliardi di euro.

Se tutto ciò è un segno che il capitalismo ha in sé gli antidoti naturali contro i cigni neri (ovviamente la situazione rimane comunque incerta per le conseguenze che può avere un conflitto bellico in Europa); se è vero che le istituzioni politiche e gli Stati hanno saputo sostenere l’economia (l’Italia nel 2022 ha speso il 3% del Pil per alleviare il peso del caro-bollette), dall’altra si sono generate e hanno preso forma delle dinamiche che possono essere il punto di riflessione e stimolo da cui partire per mettere in atto nuovi strumenti a vantaggio dei nostri campioni produttivi nazionali.

Si guardi alla politica Usa, per certi aspetti ambivalente. Joe Biden, se sul fronte estero è vessillifero dello schieramento occidentale contro lo zar del Cremlino, internamente si mostra protezionista, nei fatti forse persino più del suo precedessero Donald Trump. Le ragioni sono evidenti. L’inquilino della White House deve tenere insieme più aspetti: le elezioni presidenziali del 2024, gli investimenti in tecnologia militare (e nella fabbricazione di armi da inviare in Ucraina), il difficile equilibrio tra occupazione e lotta all’inflazione.

Per raggiungere l’obiettivo, Biden punta su un massiccio intervento statale, basato sulle tecnologie sostenibili e digitali, da realizzare in casa propria. Secondo Credit Suisse, la spesa pubblicata connessa all’Inflation Reduction Act raggiungerebbe 800 miliardi di dollari; se si conteggia anche quella privata generata dai prestiti e dalle sovvenzioni, si arriva a 1.700 miliardi.

L’Unione europea dovrebbe maggiormente contrastare gli Usa sullo stesso terreno, scommettendo sui contenuti tecnologici e digitali di Next Generation EU, per certi versi messi in secondo piano da quelli eminentemente della sostenibilità. L’Italia, che ha ottenuto da Bruxelles più flessibilità nella gestione dei fondi del Pnrr, deve recuperare il ritardo nella fattispecie delle nostre aziende, che storicamente sono pronte a cogliere le opportunità di innovazione (si veda il recepimento positivo della riforma Industria 4.0 del Governo Renzi).

A essere coinvolto dovrebbe essere l’intero Paese, grazie a uno sforzo straordinario di medio periodo per costruire e implementare le autostrade digitali per i cittadini e le strutture pubbliche (scuole, tribunali e ospedali) e fornire nuovi e revisionati strumenti in termini di tecnologie alle imprese. Quanto sta avvenendo circa Tim, privatizzata nel 1997 e che potrebbe tornare sotto il controllo pubblico, indica che questi sono temi decisivi.

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