venerdì, 26 Aprile, 2024
Il Cittadino

Quarto Natale

È il quarto Natale che trascorro con voi.

Il primo fu quello del 2019 – un tempo lontanissimo, addirittura nell’era precovidiana – con una mia “Letterina di Natale” perché il potere legislativo prendesse coscienza del suo ruolo (preghiera ad ora rimasta non esaudita).

Il giorno della mia rubrica di questo Natale del 2022 coincide perfettamente col giorno della Nascita di Gesù. Si tratta di una data convenzionale, non storica, più o meno coincidente con la festività del Sole invitto, celebrata dai pagani intorno al solstizio d’inverno (ignoro se esistano ancora pagani, ma non escludo che qualche setta possa ancora adorare il sole).

La secolarizzazione della festa religiosa ha affermato il Natale, diffondendolo nel mondo, anche presso i due terzi di umanità che non sono cristiani. L’ha però trasformata in una festa laica, esaltandone l’aspetto consumistico. Una sorta di “Festa della Famiglia” celebrata con lo scambio di doni: ovviamente cavalcata e favorita dall’industria e dal commercio.

Con divieti di qualsiasi simbolo in molti paesi musulmani, che consentono solo l’aspetto commerciale, compreso qualche giorno di ferie. Ma che comunque annoverano la nascita di Gesù tra gli eventi che hanno preceduto il profeta Maometto, pur negandone la natura divina (Corano, sura 9 versetti 30 e 31).

Semplice festa di altra religione analoga al VesakFesta del risveglio, per i tolleranti Buddhisti. Il Vesak è la festività per la nascita di Buddha: anche questa data legata al sole, questa volta al solstizio di primavera, con una data variabile (con un metodo simile alla determinazione della Pasqua cristiana). Ma per la religione buddhista, così come per gli Induisti (che pure hanno una festa simile, il Diwali, la Festa della luce, questa tra ottobre e novembre), il Natale convive tranquillamente e può essere festeggiato anche religiosamente dalle minoranze cristiane presenti nei loro paesi.

Natale come festa del consumo, lasciata la religiosità alla sfera intima e trasformati in affare i simbolici doni delle origini che volevano replicare l’omaggio dei Re Magi, che oggi vivono solo nei presepi: quando un malinteso politically correct ne consente ancora l’allestimento.

Una festa anche laica, quindi, se volete, ma che induce ad una affermazione di valori di pace e di amicizia e, per questo, travalicando il profilo meramente religioso, fa trionfare la cultura occidentale, fondata sul cristianesimo. La religione veramente cattolica ed ecumenica (nel significato letterale di universale che i due sostantivi che la identificano hanno), perché la più aperta e tollerante – dopo l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, si badi – verso le altre confessioni.

È facile scadere nella retorica parlando del Natale.

Spero di non farlo, se parlo degli ultimi, addirittura degli invisibili.

Ma il Natale cristiano è proprio questo: celebra ed esalta la nascita di un invisibile, il figlio di una coppia povera, che nel freddo inverno nessuno ha visto, né voluto accogliere, e cha ha trovato rifugio in una stalla. La nascita di un Re che nella sua vita laverà i piedi dei suoi discepoli, in segno di umiltà e che subirà un non giusto processo ed il martirio della Croce: prima di esaltare l’Umanità con la sua Resurrezione.

La minoranza della popolazione mondiale alla quale apparteniamo, abbiamo la fortuna di vivere agiatamente ed in pace, come mai era accaduto prima nella Storia. Un benessere che ha sconfitto la fame (basta andare alle commedie della prima metà del secolo scorso per rendersi conto che mangiare ogni giorno era un sogno per molte persone) e che nei paesi social democratici ha affermato il diritto alla salute ed il welfare: che nessuno mette in discussione dalle nostre parti.

Ma siamo una minoranza, appunto.

Messa a rischio dalla follia guerraiola di Stati assolutisti, come la Russia dell’invasione dell’Ucraina, che resiste con una popolazione, che non ha acqua, luce elettrica, cibo.

Una realtà, la nostra, lontana dalla follia di regimi confessionali che reprimono nel sangue la ribellione di popoli oppressi, come in Iran. O che sono così assolutisti da non dare neppure fiato per respirare alle donne, escluse dall’istruzione: accade in Pakistan ai giorni nostri.

Ma gli ultimi li abbiamo anche in Italia: il carcere trasformatasi in una pena inumana ed insopportabile, che determina sempre più suicidi; con condanne senza senso perché senza speranza come l’ergastolo (e mi taccio sulla vergogna dell’ergastolo ostativo).

Ma anche l’umiliazione (sempre in Italia) di intere popolazioni come quella di San Luca, palesemente esclusa («tenuta a distanza», scrive il sempre più indispensabile Ilario Ammendolia sul mensile “Calabria positiva”) da una pubblica celebrazione tenutasi nel paese, col Ministro Crosetto e col Presidente della Regione Occhiuto, senza neppure la cortesia istituzionale dell’invito al Sindaco. Ne riparleremo in questa rubrica. Intanto qualifico il Comune di San Luca, come l’ultimo d’Italia: come l’ultima era Betlemme.

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