sabato, 27 Luglio, 2024
Attualità

Se la corruzione diventa un alibi

I ritardi con cui vengono realizzate le grandi opere in Italia sono ormai diventati un male con cui ci siamo abituati, erroneamente, a convivere, rassegnandoci a questa vergognosa realtà.

Il caso del MOSE di Venezia è uno dei più eloquenti: un’opera urgente iniziata nel 2003 e che dopo 16 anni ancora non è finita.

Perché avviene tutto questo? La prima causa che viene solitamente individuata è la corruzione. Anche con la corruzione l’Italia si è, erroneamente, abituata a convivere, con una certa rassegnazione, nonostante codici di appalti voluminosi scritti e riscritti, nonostante Autorità di vigilanza sulle opere pubbliche e sulla corruzione, nonostante i fari delle Corti dei conti regionali e nazionale, nonostante le leggi anticorruzione che cambiano ogni 3 anni.

Sicché, se un’opera pubblica non viene mai ultimata si dice: colpa della corruzione. E con questo ci si toglie il pensiero di approfondire meglio le cause.

La corruzione è nella stragrande maggioranza dei casi una conseguenza e non la causa dei ritardi: è proprio perché esistono norme aggrovigliate, competenze poco chiare e frazionate e burocrazia inefficiente a autoreferenziale che si creano mille opportunità per corrotti e corruttori.

A meno che non si voglia sostenere che il legislatore scriva le norme con l’esplicita finalità di favorire la corruzione (il che pare poco plausibile, visto che queste norme sono state scritte ed emendate da governi di tutti i colori), bisogna prendere atto che la causa principale dei ritardi nelle opere pubbliche non è la corruzione. Essa va ad annidarsi proprio nei meccanismi contorti della realizzazione delle opere e sfrutta tutte le opportunità, che derivano dalla macchinosità e numerosità delle procedure, per prosperare.

Torniamo al MOSE. L’inchiesta che ha svelato la grande corruzione che si è cibata dei colossali fondi messi a disposizione è del 2014 e, a quel tempo, l’opera era già in stato di avanzamento. Da quel momento in poi la realizzazione del MOSE è stata commissariata. Bene. In 5 anni qualunque opera che abbia le caratteristiche di urgenza viene ultimata, invece dovremmo aspettare il 2021. E nel frattempo con i fenomeni climatici estremi Venezia viene colpita al cuore.

Cosa ha impedito alla gestione commissariale di completare l’opera entro il 2016? Non certo la corruzione. Cosa impedisce oggi di accelerare il completamento dell’ultimo 6% dei lavori e di anticipare l’entrata in funzione del MOSE di un anno? Nulla, se non la volontà politica di fare delle scelte coraggiose e l’incapacità della macchina burocratica di agire con efficienza ed efficacia. Allora non giriamo intorno ai problemi. Mentre la magistratura e le forze di polizia si occupano di catturare e giudicare corrotti e corruttori, la politica faccia la propria parte.

Di fronte al disastro di questi giorni a Venezia, è legittimo aspettarsi che Governo, Regione, Comune e autorità portuale abbiano un soprassalto di orgoglio e dignità. Invece di piangersi tutti addosso, scaricando tutte le colpe sulla corruzione, rimuovano tutti gli ostacoli ad un rapido completamento dell’opera.
E da qui una considerazione finale. Tutti i governi, appena si insediano, ci raccontano che devono occuparsi di semplificare norme e procedure e di rendere più efficiente la macchina burocratica. E tutti i governi, quando si dimettono, lasciano valanghe di decreti legislativi che devono essere scritti e altri i cui termini sono già scaduti. Colpa della corruzione? No, questa si chiama incapacità. E allora chiediamo alla giovane Ministra delle Infrastrutture De Micheli: dia un segnale che stavolta si fa sul serio, istituisca una commissione di esperti che in 3-4 mesi individui tutti gli intoppi che rendono la realizzazione delle opere pubbliche una corsa ad ostacoli e subito dopo presenti al parlamento un pacchetto semplice di norme urgenti per rimuovere tali macigni e far ripartire le opere pubbliche e con esse l’occupazione, la produzione e l’efficienza del Paese.

Non servono proclami ma il lavoro certosino di studiare a fondo i problemi e di avere il coraggio di usare il bisturi per semplificare la vita dello Stato e delle aziende.

E tutto questo non solo non costa niente, ma fa anche arricchire tutti eccetto, ovviamente, i corrotti e i corruttori che con procedure semplici e chiare avrebbero poco spazio per prosperare.

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