venerdì, 26 Aprile, 2024
Cronache marziane

Kurt e lo stendardo della vittoria

Incuriosito dalla singolare iniziativa dell’equipaggio russo che ha issato, sulla propria navicella spaziale, una replica dello Stendardo della Vittoria, il Marziano mi ha chiesto di spiegargli cosa i due cosmonauti volessero effettivamente comunicare agli abitanti del nostro pianeta attraverso una tale esibizione.

Ho dovuto allora spiegargli come lo Stendardo della Vittoria fosse stata la bandiera innalzata dai soldati dell’Armata Rossa sull’edificio del Reichstag – a Berlino, il 1 maggio 1945 – per simboleggiare la vittoria dell’Unione Sovietica sulla Germania nazista alla fine della seconda guerra mondiale.

È’ d’altronde noto – ho aggiunto – che l’odierna propaganda russa tenta di giustificare l’invasione dell’Ukraina, affermando che in quel Paese sopravvive – prosperando – tuttora il nazismo; anzi, addirittura che sarebbero nazisti i suoi attuali dirigenti, per cui è inevitabile liberare la popolazione che colà vive da quella forza del male che rappresenterebbe un pericolo per la stessa Russia: riesumare uno stendardo di quasi ottanta anni prima servirebbe perciò ad anticipare al mondo la notizia della seconda vittoria ottenuta dall’esercito russo sull’ultimo regime di ispirazione hitleriana ancora in vita, nel cuore dell’Europa.

“E vorresti farmi credere – ha esclamato Kurt – che qualcuno possa prendere sul serio una simile panzana, non foss’altro perché (a tacer d’altro), in Ukraina, i russi sono ben lontani da una pur minima vittoria?”

“Si vede – Gli ho risposto – che non leggi giornali né guardi i talk-show e mi rendo conto che ad uno come Te, che si muove nel tempo e nello spazio, un simile gesto propagandistico possa sembrare paradossale; ma tieni conto che noi poveri terrestri non abbiamo il potere di sapere in anticipo come finirà questa storia e alcuni dei nostri opinionisti non hanno neanche ben chiara la differenza fra chi è l’aggressore e chi, invece, l’aggredito!”.

Continuando a discutere di questa tragica vicenda, ho dovuto però dare atto Kurt delle enormi similitudini fra quanto accade ai tempi delle origini della seconda guerra mondiale e i fatti di questi giorni.

 L’esibizione dello stendardo da parte dei cosmonauti russi è infatti avvenuta quasi contestualmente al bombardamento di Kiev durante la visita del Segretario Generale dell’Onu e quelle bombe hanno il sapore di un tragico sberleffo pronunziato ai danni della massima organizzazione internazionale dei nostri tempi: vediamo così ripetersi la storia di quel che avvenne – alla fine degli anni 30 – per la Società delle Nazioni (tuttora considerata, malgrado il suo insuccesso, il predecessore della Prima, costituendone il perfezionamento e la continuazione ideale) che non seppe trovare gli strumenti giusti per impedire l’espansione hitleriana, proprio come oggi il suo Successore non ha la capacità di imporre una forza di interposizione al confine fra la Russia e l’Ukraina.

Né le similitudini fra le origini della seconda guerra mondiale e quelle – sempre meno improbabili – della terza finiscono qui, perché la volontà espansiva della Russia verso Ukraina sembra solo il primo passo di un disegno imperiale che appare ogni giorno più difficile da cancellare.

È amaro dover constatare che non abbiamo alcuno strumento giuridico per evitare la guerra, ma almeno la lezione della storia ci insegna a non ripetere l’errore di Neville Chamberlain, che credette all’impegno solenne di Hitler, secondo il quale la Polonia sarebbe stata l’unica rivendicazione territoriale della Germania.

Le conseguenze di quell’errore vivono, ancora oggi, consegnate alla storia e sarebbero state ben più gravi se il Governo Inglese vi avesse prestato fede e se il suo Parlamento non avesse sostituito la Premiership nei tempi e nei modi che tutti conosciamo.

Viene così mente l’attualità della celebre battuta del successore di Chamberlain, Winston Churchill, secondo cui “la Russia è stata ibernata in un inverno indefinito di subumana dottrina e di sovrumana tirannide”: ne sono prova le distruzioni e i massacri attraverso cui il comandante russo dell’ ”Operazione Militare Speciale”, Aleksandr Dvornikov, tenta quotidianamente di compensare il suo scarso genio strategico con iniziative di ferina crudeltà in danno della popolazione civile del Paese invaso.

Poco è dunque cambiato dai tempi della seconda Guerra Mondiale, ma – almeno per non fomentare anche noi la corsa verso la terza – fermiamoci qui!

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