giovedì, 28 Marzo, 2024
Ambiente

Transizione ecologica a rilento. Parco eolico offshore. Troppi 14 anni di attesa

La Transizione ecologica ha una data e un fatto concreto. La svolta attesa è arrivata con una inaugurazione. C’è infatti una attenzione euforica verso il battesimo del primo Parco eolico offshore italiano realizzato al largo della costa di Taranto. Il sistema eolico fornirà energia al porto e, grazie ad un accordo sottoscritto, ci sarà la cessione di almeno il 10% dell’energia prodotta per un quantitativo non inferiore a 220 MWh annui

L’alternativa c’è

La nascita del primo Parco eolico nazionale porta con sé non solo l’esperienza tecnologica della infrastruttura realizzata ma tutto ciò che non bisogna fare se si vuole davvero centrare gli obiettivi previsti dalla Transizione ecologica e gli impegni presi per il Piano nazionale di Ripresa. Per attuare la svolta serve un taglio alla burocrazia e ai tempi di decisioni. Per vedere la luce il progetto di Taranto sono serviti ben 14 anni tra problemi societari, amministrativi e giudiziari. Un tempo ormai impensabile da sostenere in uno scenario di grave crisi energetica dovuta ai costi di gas e petrolio. In gioco infatti c’è tutto, dagli stili di vita all’economia e al futuro. Le lungaggini per il parco di Taranto sono sottolineate con ironia anche da Legambiente con lo striscione “Scusate il ritardo”.

Vento, elettricità e idrogeno

Il primo Parco eolico offshore italiano ha un nome, si chiama Beleolico ed è costato 80 milioni di euro. A produrre energia pulita ci sono 10 pale, che nel roteare metteranno a disposizione degli utenti 30 MW di capacità complessiva. Complessivamente metterà a disposizione del porto di Taranto e della città 58 mila MWh di produzione, pari al fabbisogno annuo di 60 mila persone. Ma non è tutto, la forza dell’impianto Beleolico e nelle 730 mila tonnellate di anidride carbonica che taglierà in anni di lavoro. In più nei dettagli tecnici e negli accordi sottoscritti c’è un aspetto innovativo, attraverso l’elettrolisi, produrrà idrogeno verde all’acciaieria ex Ilva e alla raffineria Eni.

Accelerare la Transizione

L’inaugurazione ha posto in evidenza come gli investimenti nelle fonti energetiche rinnovabili non solo vanno fatti ma saranno preziosi per i risultati che si raggiungeranno. La parola d’ordine è accelerare e progettare. “Sul fronte dell’energia rinnovabile il nostro Paese, nei prossimi anni, vedrà un vero e proprio balzo con impianti di varia natura”, prevede il ministro delle Infrastrutture e trasporti sostenibili, Enrico Giovannini, intervenuto con un videomessaggio all’inaugurazione. Per il ministro è la via da seguire è quella di nuovi, “Impianti di energia rinnovabile resa ancora più necessaria da questa crisi drammatica scatenata dalla guerra in Ucraina”.

Fare sistema nell’Italia divisa

Giovannini rileva un aspetto che sarà determinante, quello di coinvolgere “le comunità per comprendere quali soluzioni possono essere ottimali dal punto di vista della produzione di energia e relativamente meno impattanti”. Insomma il tanto auspicato fare “sistema”, ma non sarà tutto facile e scontato in una Italia delle Regioni, delle burocrazie e dei rimpalli tra enti locali e ministeri, dove la stessa politica trova motivi di divisioni, rinvii e veti. Così il ministro delle Infrastrutture osserva che proprio quella mancanza del fare sistema è una delle difficoltà che “il nostro Paese ha rispetto ad altri Paesi europei e non solo”.

“Fare sistema”, avvisa Giovannini, “vuol dire rendersi conto delle compatibilità. Sappiamo che c’é una scuola di pensiero contraria alla installazione di parchi eolici e parchi fotovoltaici in nome di un elemento che é tutelato dalla nostra Costituzione, che è la tutela del paesaggio”. Per l’esponente di Governo è necessario avere: “Un bilanciamento dei diversi interessi delle diverse necessità, anche in un’ottica di future generazioni, richiede un nuovo modo di pensare e di vedere”. Il futuro è appeso ad una speranza. “Spero”, incalza infine il ministro, “che riusciremo a trovare soluzioni di mediazione anche per ciò che riguarda parchi eolici, fotovoltaici o altre soluzioni di energia rinnovabile perché ne abbiamo bisogno”.

Una pietra miliare

Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti ne è convinto il parco eolico off shore di Renexia a Taranto “può rappresentare una pietra miliare e un motivo anche di emulazione per i tanti altri”, evidenzia Giorgetti, “che, finanziati magari con i contratti di sviluppo, con le iniziative che il Pnrr ha messo in campo, possono dare un contributo fattivo a quella che sarà in prospettiva la sovranità energetica del Paese che l’obiettivo che tutti quanti ci dobbiamo porre”. 
“Altre iniziative hanno avuto il via libera”, assicura Giorgetti, “e c’é un grande impulso da parte del Governo per questo tipo di iniziative”.

Nel labirinto delle autorizzazioni

Indicative le cifre rese note dal presidente di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, Franco Bernabè, nel Paese ci sono “170 GW in attesa di autorizzazione alla costruzione, tre volte il fabbisogno italiano di energia. Idee e capitali per le energie rinnovabili ce ne sono”. “Oggi”, rivela Bernabè, “ridurre l’importazione di gas dalla Russia, intanto però abbiamo accumulato uno straordinario ritardo nelle rinnovabili. Francia e Spagna hanno fatto più di noi. La Francia ha fatto molto anche nel nucleare. Stessa situazione per l’Olanda. Noi, invece, siamo fanalino di coda insieme alla Germania. Da noi abbiamo un campione nelle rinnovabili come Enel, ma ha costruito dappertutto fuorché in Italia”.

Ambientalisti “Scusate il ritardo”

“14 anni di attesa sono un intervallo di tempo inaccettabile”, scandisce Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, “Per questo abbiamo fatto lo striscione ‘Scusate il ritardo’. Ma questo Paese deve chiedere scusa a chi vuole investire e contribuire alla transizione energetica. Bisogna dare corpo a queste cose”. Le contraddizioni sono ovunque, anche tra gli stessi ambientalisti come ha rivelato Ciafani, “i 14 anni impiegati prima di arrivare alla conclusione del progetto, sono frutto dei tanti no detti in questo territorio. La Sovrintendenza ha detto no, la Regione, gli enti locali, alcune sigle ambientaliste hanno detto no”. “Noi”, osserva Ciafani, “siamo stati una voce isolata.

Il partito del no è molto trasversale ed é ancora in visione se pensate a quello che sta succedendo per i parchi eolici al largo di Brindisi e del Salento e per quello che succederà per quello al largo di Barletta”. Per il numero 1 di Legambiente, bisogna “evitare che questo film diventi una telenovela”. Quindi “la Regione deve individuare le aree idonee dove fare gli impianti, evitando di dire che vanno fatti solo nelle zone ‘sfigate’, così come i Comuni devono evitare di dire di non farlo nel loro territorio ma in quello del Comune accanto”. 
Ciafani chiede inoltre un intervento del ministro Dario Franceschini contro quella che ha definito “l’ossessione delle Soprintendenze contro gli impianti eolici, ossessione che è ancora in atto”. Infine Ciafani si rivolge al suo stesso mondo ambientalista e chiede, “Coraggio, chiarezza e coerenza”.

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