martedì, 23 Aprile, 2024
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Rifiuti e ambiente. Il Sud in ritardo. Servono 5 miliardi e 121 nuovi impianti

Distanti dagli obiettivi nazionali e lontanissimi dalle indicazioni Europee. La situazione dei rifiuti al Sud è sempre più pericolosa ed enigmatica, per i ritardi nella realizzazione di impianti, per un export dove i controlli, salvo alcune eccezioni sono carenti, per una burocrazia che favorisce ritardi e inadempienze. Nel frattempo fioccano le sanzioni Ue per l’inquinamento prodotto per il non aver impianti moderni di termo valorizzazione. Si punta ancora sull’export di tonnellate di rifiuti, con traffici costosi e poco trasparenti.

Ritardi e rischi

Secondo i rilievi del Consorzio Nazionale Imballaggi, (Conai) le regioni del Sud dispongono di 155 impianti attivi per il trattamento dei rifiuti. Ma ne servirebbero altri 121. Impianti di selezione, trattamento di terreni, di ingombranti, di discariche di servizio e soprattutto di termovalorizzatori. Una eventuale pianificazione per la svolta ecologica voluta dal Governo e dall’Europa, può arrivare dal Piano nazionale di Ripresa. Il programma da attuare con le risorse europee di Next Generation Eu, prevede 59,33 miliardi di euro, di cui 5,27 per l’economia circolare. Almeno il 40% dovrebbe andare al Sud. Un programma, tuttavia, ad alto rischio di ritardi e insuccesso.

Il “turismo dei rifiuti”

In questi giorni tra caro bollette e crisi energetica, torna ad accendersi il dibattito sull’aumento del costo del gas e di un ritorno alla produzione dai giacimenti italiani. Ipotesi avversata da ambientalisti e, soprattutto, dai 5S. Nel contempo non una iniziativa e nemmeno una riflessione, che illustri i costi economici ed ambientali dell’assenza al Sud di termo valorizzatori, sul via vai di rifiuti lungo la penisola e per l’export nei Paesi dell’Est o in nord Africa.
Ogni anno, proprio a causa della carenza di impianti, circa 900 mila tonnellate di rifiuti, (circa il 45% dell’organico), lasciano il Sud per trovare impianti di trattamento in altre aree del Paese. A conti fatti nelle regioni del Mezzogiorno ci sono 67 impianti di compostaggio, mentre sono assenti impianti in grado di sfruttare i rifiuti per produrre biocarburanti ed energia elettrica.
I dati che emergono dallo studio “Investimenti in economia circolare nel Mezzogiorno – Una grande opportunità per la crescita verde”. presentato da Fise Assoambiente, (l’Associazione che rappresenta le imprese che operano nel settore dell’igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali e bonifiche) sono particolarmente impietosi.
Per riuscire a trattare 4 milioni di tonnellate, entro il 2035 bisognerà dotarsi subito di almeno 20-25 nuovi impianti di digestione anerobica.
A questi 4 milioni di tonnellate andrà sommata poco meno di 1 milione di tonnellate di fanghi da depurazione, costituiscono un bacino di circa 5 milioni di biowaste. La Fise Assoambiente nel rapporto evidenzia le lacune del sistema di gestione rifiuti di Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Con i dati e la necessità di colmare i forti ritardi per centrare nel Mezzogiorno gli obiettivi fissati in tema di circular economy.

Termovalorizzatori, un miraggio

Al Sud, secondo le cifre dello studio: “Investimenti in economia circolare nel Mezzogiorno” la “Valorizzazione energetica” è un miraggio. In attività solo 6 impianti, contro i 26 del Nord Italia, 13 dei quali nella sola Lombardia. Nelle regioni del Sud servirebbero urgentemente 5 o 6 grandi strutture per poter gestire nei termovalorizzatori almeno il 25% dei rifiuti. “Le Regioni del Sud Italia devono muoversi da subito lungo 3 direttrici”, evidenzia Chicco Testa, presidente di Fise Assoambiente, “dotarsi di un sistema impiantistico adeguato al proprio fabbisogno, pianificando la realizzazione nei prossimi 14 anni di oltre 20 impianti di digestione anaerobica per il riciclo della frazione umida. Secondo: di nuovi impianti che potenzino le filiere locali del riciclo e di almeno 6 termovalorizzatori. Di limitare l’export e il ‘turismo dei rifiuti’ all’interno dei confini nazionali”. Sempre secondo Fise, per mettersi al passo coi tempi il Sud dovrà investire 5 miliardi di euro.
 

Necessari 121 nuovi impianti

Secondo le ulteriori stime del consorzio Conai, il Paese avrebbe bisogno di dotarsi di 121 nuovi impianti nelle regioni meridionali realizzando un investimento che si stima superiore al miliardo e mezzo. Le ricadute sarebbero significative anche sul piano occupazionale: i nuovi impianti richiederebbero l’assunzione di oltre 2.300 addetti diretti, senza contare l’indotto. È ovviamente una stima redatta considerando gli obiettivi di raccolta differenziata (almeno al 70%) che l’Unione Europea impone entro il 2030.

Il rebus degli stop

Dal Rapporto Ispra 2020, risultano autorizzati impianti per il trattamento biologico e di compostaggio per un totale di 12,4 milioni di tonnellate. Il meccanismo della realizzazione degli impianti però “si inceppa nella fase della realizzazione”. Il Conai ha realizzato un nuovo studio per capirne i motivi.
“Le Regioni del Sud soffrono della grave mancanza di impianti”, sottolinea il presidente del Conai, Luca Ruini, “Usare le risorse in arrivo con il Pnrr, ma anche quelle già a dispozione e non utilizzate, per colmare questo gap è fondamentale. Per chiudere il cerchio, infatti, è sempre più necessario che i rifiuti raccolti in modo differenziato siano trasformati il più possibile vicino al luogo in cui vengono raccolti”.

Le carenze per Regione

Quale è la situazione attuale? La Campania dispone di 16 impianti per il trattamento dei rifiuti. Ma gliene servirebbero altri 38. Non le bastano, ed è noto, i quattro di compostaggio poichè ce ne vorrebbero almeno altri 15, secondo il Conai. Dispone poi di un termovalorizzatore, quello di Acerra, gestito da A2A: sebbene in passato, ai tempi della grande emergenza ne fossero invocati altri cinque, oggi non se ne richiedono altri. Ma per il Conai, la dotazione andrebbe integrata con altri 3 impianti di selezione. Ci sono nella stessa regione due discariche di servizio e ne servirebbero altre 4. L’adeguamento richiede investimenti per 360 milioni e creerebbe 540 posti di lavoro.
In Sicilia, ai 21 impianti di compostaggio dovrebbero aggiungersene altri 9. Servirebbero poi 5 discariche di servizio. E sopratutto un termovalorizzatore. In totale mancano all’appello ben 35 impianti, per i quali servirebbe un investimento di 537 milioni. Si ritiene che tutto ciò potrebbe dare lavoro ad almeno 500 persone.
Alla Puglia, nonostante una dotazione di 34 strutture, si ritiene che manchino 22 fabbriche: 5 per il compostaggio, altrettante per il trattamento delle terre da spazzamento, quattro discariche di servizio. E un termovalorizzatore anche se piccolo. Qui con 340 milioni di investimenti si potrebbero creare anche 300 posti di lavoro.
La Calabria ha una forza di 23 impianti ma per trovarsi pronta nel 2030 dovrà realizzarne altri 11 che potrebbero dar lavoro a 150 persone. Servono almeno 154 milioni di investimento.
La Basilicata ha oggi 9 impianti e ne dovrebbe realizzare altri 6.
La Sardegna, regione virtuosa. Dispone di una rete di 32 impianti: sufficiente a trovare una destinazione ai rifiuti raccolti dai Comuni.

 

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