venerdì, 26 Aprile, 2024
Esteri

Francia, se la laicità dello Stato non basta

La Francia presenta oggi un quadro di società parcellizzata alle prese con crisi ricorrenti. Intere zone conoscono ormai da due decenni una profonda trasformazione: deindustrializzazione, immigrazione, impoverimento della classe media, rancori della provincia verso Parigi e le città vetrina di una grandeur ormai perduta. Questo paesaggio nuovo e sconcertante, fatto di abbandono di aree urbane, di bassa scolarizzazione e di rifiuto, talvolta, di mandare i propri figli a scuola da parte di famiglie di immigrati (ma ormai di passaporto francese da due o tre generazioni) è all’origine anche di molti problemi giunti ormai a complessa soluzione.

Il primato della laicità repubblicana, invocato dai presidenti e dalle figure pubbliche, mostra sovente i limiti. Viene accolto con diffidenza in realtà dove la disuguaglianza sociale e il degrado sono endemici e nessuna politica di inclusione è stata fin qui efficace. Si declama il valore della laicità di fronte a comunità, a tutti gli effetti francesi, che rivendicano il diritto di manifestare pubblicamente la propria fede. Per molti ormai il principio di laicità non è una garanzia di neutralità dello stato. Né lo Stato riesce a impedire gravi atti di violenza e discriminazione.

Sono stati diversi i momenti in cui ragazzi ebrei (e anche persone anziane) hanno subito insulti e angherie per aver indossato la kippà in pubblico. E ci sono stati casi in cui anche musulmani sono stati vittime di violenze mentre le tombe musulmane venivano profanate.

Il governo francese ha creato, una ventina di anni fa la “Commissione Stasi” (dal nome del suo presidente)  che si dedicò ai problemi della convivenza. Oggi i problemi sono ulteriormente ingranditi.

Ha scritto recentemente l’ambasciatore Sergio Romano:

“La religione musulmana non è soltanto la fede di alcuni milioni di migranti (spesso provenienti da Paesi che furono colonie francesi) e di un numero più piccolo, ma rispettabile, di francesi convertiti. È anche lo strumento di un uomo politico molto ambizioso (il presidente turco Recep Tayyp Erdogan) che se ne serve per proclamarsi difensore dell’Islam ed estendere l’influenza del suo Paese all’intero Medio Oriente. Le mire di Erdogan dovrebbero essere affrontate sul piano politico, ma Emmanuel Macron ha preferito atteggiarsi a moschettiere della laicità con dichiarazioni provocanti sulle intenzioni dell’islamismo che hanno nuociuto ai suoi rapporti con altri Paesi musulmani e hanno probabilmente giovato alla strategia del suo avversario. Se il problema è quello della laicità in un mondo in cui le religioni stanno ritrovando lo spazio lasciato dalle ideologie, occorrerebbe una nuova Commissione, ma sotto l’egida dell’Unione Europea”.

Ma invocare oggi la laicità dello stato che non riesce a dare risposte ai bisogni di intere generazioni dimenticate dallo sviluppo e abbandonate da un’ascensore sociale bloccato può essere l’unica parola d’ordine convincente?

(Le precedenti puntate di questa inchiesta sono state pubblicate il 02/01/2022, il 04/01/2022 e il 05/01/2022. All’inizio del presente articolo vi sono i relativi link)

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