Giuseppe Conte è un politico fortunato. Ma non perché la sua strada sia lastricata di rose e viole. Tutt’altro. Sono proprio le aspre difficoltà che finiscono sempre per rafforzarlo.
Divenne tre anni fa Presidente del Consiglio perché Lega e 5 Stelle non litigavano su chi dovesse guidare la loro innaturale coalizione. Finito in mezzo ai rovi Conte riuscì a resistere in qualche modo alle pressioni di Salvini e, quando la misura fu colma, si mise a capo dell’operazione per mandare all’opposizione l’irruento capo leghista. Nel suo secondo Governo, dismessi i panni di avvocato del popolo, Conte fu la cerniera insostituibile dell’altra innaturale coalizione 5Stelle-Pd. Investito dalla pandemia, l’affrontò con inaspettata determinazione: due mesi di inedito lockdown prima, 200 miliardi di finanziamenti e aiuti dall’Europa, poi. Si conquistò una popolarità che continua a resistere. Non ha gestito in maniera astuta la crisi scatenata da Renzi ed è uscito senza graffi da palazzo Chigi.
QUATTRO ASSI NELLA MANICA DI CONTE
È caduto, ma per rialzarsi come capo politico designato da Grillo per rifondare il fu Movimento 5 stelle. Pareva dovesse lavorare tra mille paletti, stretto tra il padre padrone carismatico Grillo, la macchina informatica di Casaleggio, la fredda accoglienza di Di Maio e il fuoco incrociato dei dissidenti. Ad uno ad uno i paletti sono caduti nella polvere. Grillo si è delegittimato da solo con forma e sostanza del disastroso video, la piattaforma Rousseau ha chiuso con il Movimento, il gruppo dirigente tiepido verso il designato capo deve fare i conti con le regole del doppio mandato: se confermate andrebbero tutti a casa.
Così Conte si trova di fronte un Movimento senza Grillo, senza Casaleggio, senza Di Battista e con Di Maio costretto a fare solo il ministro degli Esteri, panni che veste meglio di un anno fa ma in cui si sente troppo stretto. Conte ha quattro assi nella manica: il tesoretto della popolarità e dell’affidabilità conquistata in due anni di Governo che lo spingono nei sondaggi, è l’unico interlocutore affidabile per Pd, è l’anti-Salvini per eccellenza e non ha concorrenti nella corsa a riprendere le redini dei 5 Stelle. Ma adesso deve navigare da solo e dare una linea solida ad una forza politica allo sbando. Qui si parrà sua nobilitate.