martedì, 19 Marzo, 2024
Politica

Partiti federati? Surrogato del bipolarismo

Per circa 30 anni, dopo la fine della Prima Repubblica, la parola d’ordine dei riformatori del sistema elettorale e politico è stata: bipolarismo. L’entusiasmo per questa formula nasceva dalla reazione all’eccessiva frantumazione politica. Essa veniva collegata alla legge proporzionale, quasi pura, con cui avevamo sempre votato, a parte la parentesi della cosiddetta legge truffa (1953) che truffa non era ma non scattò perché mancarono 54.000 voti al quorum (50% più uno) necessario per la concessione del premio di maggioranza.

Con le leggi elettorali successive, a partire dal Mattarellum la frantumazione politica non è diminuita. Anzi il numero delle sigle si è moltiplicato per effetto dei meccanismi complessi di quella legge. Gli altri tentativi di riforma elettorale non hanno mai raggiunto l’obiettivo di semplificare il gioco politico dando vita se non proprio al bipartitismo, tanto agognato da Marco Pannella, almeno a due aggregazioni compatte capaci di restare tali sia che andassero al Governo o che finissero all’opposizione. Insomma il bipolarismo tanto sbandierato non c’è mai stato. Le alleanze elettorali si sono sciolte come neve al sole non appena le urne si sono chiuse e ogni partito, anche all’interno della coalizione di cui faceva parte, ha fatto di testa propria, lasciando pressoché inalterato il vero problema italiano: l’instabilità politica dei governi, spesso collegata al continuo cambio di casacca dei parlamentari

Oggi, se si eccettua il partito dei 5 Stelle che si chiama fuori dagli schemi, per semplificare abbiamo 3 formazioni politiche nel centro-destra (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia) e 5 nell’area di centro-sinistra (Pd, Italia Viva, Azione, Più Europa, Liberi Uguali).

La frammentazione non è elevatissima ma è rimasta. Per tornare all’idea del bipolarismo si potrebbero immaginare due federazioni?

L’idea non sarebbe di per sé sbagliata, ma come tutte le idee cammina sulle gambe degli uomini. Perché una federazione nasca occorrono varie condizioni: o c’è una leadership forte e condivisa, capace di tenere insieme, senza umiliarli, partiti diversi ma vicini oppure occorre un sostanziale equilibrio tra le forze che si vogliono federare, senza mire espansionistiche di un partito a danno di altri possibili partner.

Negli anni d’oro di Berlusconi la prima condizione si è verificata spesso. La forte leadership del fondatore di Forza Italia, unita alla grande disponibilità di mezzi economici e mediatici del Cavaliere, è stata più volte il terreno fertile per creare una coalizione che non si è mai trasformata in vera e propria federazione, con regole precise di convivenza. Si è trattato sempre e solo di un’alleanza elettorale, forse un po’ più solida dell’Ulivo di Prodi, ma nulla di più.

Salvini ora lancia l’idea di una federazione del centro-destra. La proposta è destinata a non fare molta strada. Per vari motivi. Viene formulata nel momento sbagliato, quando 3 parlamentari di Forza Italia hanno appena abbandonato Berlusconi per entrare nella lega. E questo non tranquillizza certo l’anziano leader forzista che teme un’emorragia dal suo partito. La persona meno adatta a formulare questa proposta è proprio Salvini che, due anni fa, rompendo con i suoi alleati è andato al Governo con i 5 Stelle e, forte del suo successo alle elezioni europee. non ha mai concordato alcunché con Meloni e Berlusconi, dimostrando così di non essere un aggregatore e federatore ma un solista. Ultima, ma non meno importante ragione del fallimento di questa idea salviniana, è la leadership di Giorgia Meloni: è cresciuta molto e non accetterebbe proprio adesso di interrompere la sua ascesa per finire in un calderone dove Salvini pretenderebbe di dettare legge. Il centro-destra ha perso il treno per la federazione da quando Fini decise di rompere con Berlusconi e costui iniziò il suo inesorabile declino.

Nel centro sinistra, invece, alcune condizioni per ragionare di una federazione ci potrebbero essere, perché nessun leader è particolarmente forte e anche perché quest’area, minoritaria rispetto al centro-destra, ha bisogno di rafforzarsi e non disperdere le energie, come si è visto nelle elezioni regionali. Grande incognita rimane il partito 5 Stelle che difficilmente entrerebbe in una federazione simile. E poi l’ostacolo maggiore è la legge elettorale proporzionale verso la quale si torna a navigare e che certo non incentiva aggregazioni. Insomma niente bipolarismo, niente federazioni, tutto come prima. Ahinoi.

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