giovedì, 25 Aprile, 2024
Economia

Soldi subito alle aziende e un piano di ricostruzione industriale

Per evitare il tracollo del sistema produttivo italiano le misure del Governo prevedono una poderosa iniezione di liquidità che non è avvenuta nella misura e nelle modalità che l’emergenza richiederebbe.
Si tratta di 750 miliardi, uno stock pari al 41% del PIL. Non è poco. Ma non si tratta di liquidità ad effetto immediato. Il Governo si è impegnato a garantire 400 miliardi di crediti da parte delle banche e ad attivare flussi finanziari per altri 350 miliardi. L’unica vera iniezione di liquidità diretta sono i 25 miliardi di spesa varati con il Cura Italia e gli altri 30 miliardi che a breve saranno stanziati.

Di denaro fresco messo in circolazione ci saranno circa 55 miliardi. Per gli altri 750 bisognerà aspettare che si attivino le procedure, semplificate solo nel caso dei finanziamenti a zero interessi fino a 25 mila euro.
Queste procedure potevano essere progettate in maniera più snella ed efficace se il Governo, nello scrivere le norme, avesse chiamato al tavolo delle decisioni i settori direttamente interessati: le aziende insieme ai fiscalisti che si occupano dei bilanci e delle contabilità e, soprattutto, le banche, che sono il braccio operativo attraverso il quale saranno erogati dei prestiti garantiti in varia misura dallo Stato attraverso la SACE.

Tutte le aziende colpite dalla crisi, ma soprattutto quelle piccole e medie hanno bisogno di denaro nel giro di pochi giorni non fra tre mesi, altrimenti molte di loro saranno strozzate dalla mancanza di liquidità e saranno costrette a chiudere e a non poter più riaprire: un danno incalcolabile non solo dal punto di vista economico ma anche sociale.

Il Governo si è impelagato in un conflitto interno sulla gestione di questi crediti attraverso la SACE società del gruppo CDP che dovrà -di fatto- rispondere non al suo azionista ma all’autorità politica del Tesoro.
Si tratta di una decisione che, al di là delle lotte di potere tra M5Stelle e Pd, ha comunque una importanza strategica.

Il Governo, infatti deve assumersi la responsabilità politica non di fare favori a questo o quest’altro soggetto economico, ma di orientare attraverso la gestione dei crediti garantiti un’accorta politica industriale.

L’Italia, come abbiano scritto più volte su La Discussione, non ha mai avuto una politica industriale con priorità, strategie definite e una capacità di indirizzo del Governo per consentire al sistema Paese di muoversi con coerenza, rafforzandosi nel suo complesso.

La forte recessione cui andiamo incontro farà saltare molti schemi ma proprio per questo è più che mai necessario, nonostante la tempesta in cui ci troviamo, che il Governo sappia “gestire” sia la fase del pronto intervento che quella della ripresa avendo una visione d’insieme.

Cosa fare? Bisognerebbe alleggerire bruscamente il peso che la burocrazia esercita sulle delle aziende – non solo le piccole e medie – per consentire loro di operare con maggiore elasticità e libertà. Ma poi occorrerà guidare in qualche modo la ripresa realizzando politiche di settore che senza configurarsi come aiuti di stato di fatto raccordino le aziende che operano in comparti necessariamente interconnessi, creino supply-chain meglio organizzate, stimolino il reshoring di tante attività garantendo loro fiscalità di vantaggio.

Per fare questo il Governo ha fatto bene a creare una task force di alta consulenza. Essa deve preparare una strategia di ripresa coordinata sia per evitare che affondino le aziende con maggiori potenzialità e rilievo strategico sia per disegnare una ripresa non scoordinata ma finalizzata al rafforzamento complessivo del tessuto industriale italiano, scegliendo i settori su cui puntare di più, potenziando le eccellenze italiane e promuovendo la crescita dimensionale delle aziende. Nelle fasi di maggior crisi non bisogna perdere lucidità ma approfittare della “disruption” per impostare riorganizzazioni di sistema. La nomina di Vittorio Colao lascia ben sperare.

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