venerdì, 26 Aprile, 2024
Attualità

Stillicidio e informazione, tutto il virus minuto per minuto

Il giornalismo italiano è, da tempo, contagiato dal virus del sensazionalismo che induce a gonfiare le notizie, a trasformare in notizia qualcosa che tale non è al solo scopo di eccitare animi e sentimenti, a esagerare titolazioni e, in genere, a puntare più a emozionare che ad informare.

Il sensazionalismo ha fatto perdere autorevolezza al giornalismo e chi si illude di aggrapparsi a questo finto salvagente per non annegare nella confusione informativa della rete si sbaglia profondamente.

Una delle forme del sensazionalismo è il martellamento continuo su un argomento che riscuote attenzione anche quando non ci sono notizie e aggiornamenti significativi da dare.

È quello che sta succedendo dal 21 febbraio. Da quando è scoppiata l’epidemia i media hanno innescato un meccanismo vorticoso di diffusione di notizie e non notizie, un bombardamento continuo di dati non spiegati, di tesi e antitesi che hanno seminato un panico di massa che non serve a niente.

L’informazione deve essere sempre rigorosa, misurata, mai sovrabbondante. Di fronte ad un evento eccezionale e che si protrae nel tempo, in maniera imprevedibile le regole della sana informazione dovrebbero essere più stringenti. E invece assistiamo ad una sorta di flusso incontrollato di comunicazioni a ruota libera, in cui tutti parlano di tutto confondendo le idee all’opinione pubblica e ingenerando il peggiore degli stati d’animo: l’ansia collettiva.

Si potrebbe ironizzare osservando che se si vuole combattere un virus bisogna alzare le difese immunitarie; l’ansia notoriamente le abbassa e quindi rende più vulnerabili alle infezioni. Ma a parte questa considerazione “clinica” c’è quella della psicologia di massa che dovrebbe far riflettere di più e indurre a maggiore prudenza

In circostanze gravi l’informazione ha un compito delicato: quello di diffondere solo le notizie certe e quelle utili ad orientare in maniera positiva il comportamento della gente.

Invece qui assistiamo a continui bollettini di guerra: quanti sono i contagiati, quanti i ricoverati, quanti coloro che sono deceduti. Dati che vengono forniti in maniera incompleta e grezza. Non si dice quanti sono i tamponi effettuati e la percentuale dei casi positivi: dare un numero assoluto e non una percentuale non aiuta a capire bene la portata di un fenomeno.

Per quanto riguarda i decessi non si dice in percentuale quanti siano oltre i 70 anni, gli 80, i 90 e quanti siano attribuibili al solo coronavirus (cioè gente sana che ha preso il virus ed è morta) e quanti invece siano attribuibili alla concomitanza dell’infezione con patologie gravi preesistenti.

La Protezione civile fa continue conferenze stampa, dichiarazioni. Non serve un aggiornamento minuto per minuto. Basterebbe fare il punto ogni 2-3 giorni e occupare il video solo per dare indicazioni utili alle persone.

Stesso discorso vale per le interviste che vengono fatte ai vari medici ed esperti.  Inutile prendersi in giro. Di questo virus sappiamo poco o nulla. Lasciamo lavorare i ricercatori e gli scienziati e aspettiamo che ci siano risultati consolidati, condivisi dalla comunità scientifica.

L’opinione pubblica mette nel conto che i politici dicano una cosa oggi e domani cambino idea ma non accettano che autorevoli scienziati si smentiscano a vicenda, seminando confusione invece che piccole certezze.

I danni che sta facendo questo stillicidio pseudo-informativo sono enormi e non ci aiutano a gestire l’emergenza con la dose necessaria di serenità e freddezza.

Peraltro, questo modo sbagliato di comunicare sull’epidemia peggiora l’immagine dell’Italia nel contesto internazionale e aumenta a dismisura la sfiducia nel nostro Paese. esattamente l’opposto di quello di cui c’è bisogno adesso.

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