mercoledì, 16 Ottobre, 2024
Cronache marziane

Kurt nel giuoco delle spie

Stavolta Kurt il marziano  – esibendo il solito fascio di quotidiani – ha avuto buon gioco nel mettermi in difficoltà, domandando di spiegargli in cosa effettivamente consista la prassi dei dossieraggi effettuati in danno delle Persone Politicamente Esposte (PEP) e dei loro, veri o presunti, sodali.

Le PEP sono  – come è noto  – individui che occupano, o hanno occupato, incarichi pubblici di rilievo e che, per la natura stessa delle loro funzioni, possono essere più esposte a rischio di corruzione o di essere coinvolte in attività illegali, come il riciclaggio di denaro. La categoria include non solo i politici, ma anche alti funzionari statali, dirigenti di imprese pubbliche, professionisti e membri delle loro famiglie.

A causa del rischio elevato associato alle PEP, la disciplina bancaria e valutaria prevede dunque misure specifiche per monitorare e controllare le loro attività finanziarie. Tali misure sono stabilite da norme nazionali e internazionali, con l’obiettivo di prevenire il riciclaggio di denaro.

Per quel che più da vicino ci riguarda, le PEP sono soggette a controlli e monitoraggi specifici in tutta l’Unione Europea, grazie alla Direttiva UE 2015/849 (anche nota come Quarta Direttiva Antiriciclaggio): quella Direttiva stabilisce i requisiti minimi che tutti gli Stati membri devono rispettare per prevenire e combattere il riciclaggio.

La Direttiva impone agli Stati membri di identificare e verificare l’identità delle PEP, dei loro familiari e dei loro aventi causa, nonché di adottare procedure di Due Diligence rafforzate, comprendenti la comprensione delle fonti di reddito e di ricchezza delle PEP e il monitoraggio continuo delle loro attività economiche e finanziarie.

Ciascuno Stato membro dell’UE ha il compito di trasporre la Direttiva nel proprio ordinamento giuridico e può anche scegliere di implementarla con ulteriori misure per aumentare la vigilanza sulle PEP: da noi, la Banca d’Italia fornisce un elenco di indicatori di anomalie da utilizzare per identificare le operazioni sospette delle stesse PEP.

La Direttiva è stata successivamente aggiornata attraverso la Quinta Direttiva UE sulla lotta contro il riciclaggio di denaro, che ha ulteriormente rafforzato i requisiti di controllo delle PEP, introducendo l’obbligo – per gli Stati membri –  di istituire banche dati informatiche sulle PEP medesime: prima fra tutte quella relativa alle Segnalazioni di Operazioni Sospette (SOS).

È peraltro accaduto, in questi giorni, che un ufficiale della Guardia di Finanza abbia potuto raccogliere, da quel registro, dati sensibili relativi al Ministro della Difesa in carica e che di quei dati si sia impadronita la stampa, danneggiandone l’immagine e spingendolo a querelare l’autore (o gli autori) della divulgazione.

Dalla querela, rigorosamente contro ignoti, è partita un’indagine – tuttora in corso a Perugia, che ha fatto gridare allo scandalo, giungendo fino a far ipotizzare l’esistenza di una Spectre che condizioni – e non da oggi – le vicende politiche italiane.

Per ora una cosa sola è certa: l’accesso non autorizzato alle Segnalazioni di Operazioni Sospette (SOS) è fenomeno che rischia di minare la fiducia nel sistema di controllo e monitoraggio delle transazioni finanziarie. Quando poi un tale abuso sia perpetrato da un pubblico ufficiale in possesso delle credenziali, la questione diventa ancor più grave, poiché genera una serie di conseguenze negative per la vittima e per l’intero sistema; ma chi può dirsi sicuro che quel pubblico ufficiale abbia agito di proprio impulso e non eseguendo ordini impartitigli dall’alto?

Ecco: depurando la vicenda degli spunti polemici – più o meno fantasiosi – che in questi giorni riempiono le pagine dei giornali, credo proprio che sia da lì che occorra partire.

Difficilmente – caro Kurt – scopriremo una Spectre; molto più semplicemente dovremo prendere atto di trovarci ancora una volta di fronte alle nefaste conseguenze dell’abitudine, tutta italiana, di abusare degli strumenti che l’ordinamento appresta per raggiungere finalità di interesse pubblico (qual è appunto la lotta al riciclaggio) per utilizzarli ad altri fini, più o meno leciti e quali davvero fossero questi fini saranno i giudici a stabilirlo: è però singolare che pochissimi, fra i commentatori della vicenda, si siano preoccupati delle nefaste conseguenze dell’accaduto per la vittima del dossieraggio.

Per quest’ultima, l’accesso abusivo può avere ripercussioni sia a livello personale che finanziario. Dal punto di vista personale, si tratta di una violazione della privacy; le informazioni contenute nelle SOS sono infatti di natura sensibile e la loro divulgazione può causare un danno all’immagine e alla reputazione dell’individuo caduto nella rete.

A quel punto il Marziano mi ha chiesto quale potrebbe essere la soluzione per evitare futuri abusi e io non ho potuto far altro che rispondere con un’ovvietà: dicendo cioè che occorre modificare le norme antiriciclaggio e le procedure di controllo dell’accesso alle banche dati delle SOS.

Una prima modifica – ho proseguito – potrebbe essere quella di implementare un sistema di registrazione e monitoraggio degli accessi alle SOS e già questo permetterebbe di tracciare ogni operazione, rendendo più facile identificare eventuali comportamenti anomali.

Sarebbe inoltre opportuno rivedere i criteri di assegnazione delle credenziali di accesso, limitandole a un numero ristretto di persone autorizzate e queste ultime dovrebbero essere sottoposte a controlli periodici e formazione adeguata riguardo all’importanza del rispetto della privacy e della riservatezza di quanto acquisito.

Una terza modifica dovrebbe inevitabilmente riguardare l’implementazione di particolari tecnologie di sicurezza informatica, come l’uso di crittografie avanzate e di sistemi di autenticazione a più fattori, che possano rendere più difficile l’accesso abusivo alle informazioni.

Infine – ho concluso – è fondamentale rafforzare le sanzioni per l’accesso abusivo alle SOS. Queste dovrebbero essere sia amministrative (come multe salate) che penali, per sottolineare la gravità dell’abuso e funzionare da deterrenti di ulteriori violazioni.

Ma se obbligaste – ha replicato Kurt – qualunque persona investita di funzioni pubbliche a seguire un corso di educazione civica prima di assumere effettivamente i poteri di cui è stata investita, non sarebbe più semplice?

Non ho neanche potuto controbattere ad una tale manifestazione di ingenuità, perché è fin troppo evidente che la cultura dell’Extraterrestre è troppo diversa dalla nostra per tollerare un sereno confronto e così – accampando una scusa banale – mi sono allontanato da una conversazione che cominciava a divenire scomoda, senza smettere però di riflettere sull’ineluttabilità della nostra condizione di umani e, soprattutto, di italiani.

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