venerdì, 19 Aprile, 2024
Attualità

No ad una Italia che invecchia e diventa insicura. Il Governo aiuti chi assume e punta sul futuro

Negozi chiusi, strade deserte e a rischio. Serve un piano di crescita con il Pnrr da discutere con le Associazioni di categoria

Dieci anni di chiusure. Un calo che pesa sulle piccole imprese, sul lavoro, sull’economia, sulle città come per i paesi. Lungo le vie le saracinesche abbassate si moltiplicano, quartieri prive di vetrine e di luci, con marciapiedi che si svuotano. È il declino che il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli segnala con preoccupazione, citando i dati della Confederazione elaborati dal Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne. “Negli ultimi 10 anni sono sparite quasi centomila attività di commercio al dettaglio e oltre quindicimila imprese di commercio ambulante”, annota il leader della Confcommercio.

No al declino sì alla vivibilità

Una crisi che vede il progressivo spopolamento di esercizi commerciali come librerie e negozi di giocattoli, che segnano un crollo di un meno 31 per cento e con loro negozi di mobili ferramenta. Al loro posto crescono farmacie, negozi di telefonia, e bar. Un quadro perfetto che spiega più di molte analisi socio economiche il perché l’Italia invecchia, perché perde terreno, fa fatica a invertire la rotta della decrescita. C’è inoltre un elemento in più che desta allarme, la “desertificazione”, parola chiave sottolineata dalla Confcommercio così come dalla Confesercenti, che porta con sé un deficit di sicurezza. I negozi e con loro i cittadini non sono più presenti ad animare e presidiare le strade delle città. I dieci anni di chiusure e fallimenti hanno accelerato un effetto domino. Ad essere spazzati via non sono solo gli esercizi commerciali ma servizi, la vivibilità, i rapporti umani e la sicurezza.

Superare le solitudini

In tutto questo come segnala con acutezza l’ex sindaco di Roma ed esponente del Pd, Walter Veltroni, significa un “altrove”. Si lavora da casa, ci si fa portare i libri, si vedono i film sul proprio televisore, si esce solo per mangiare o per comprare un caricatore per il cellulare. “Tutto comodo, ma tutto in solitudine, in una nazione in cui esistono 8,5 nuclei familiari unipersonali”, osserva Veltroni. La solitudine unità all’invecchiamento colorano l’Italia di grigio, di spento, di declino. Tutto il contrario di quello che il Paese può offrire perché l’Italia ha così tante risorse nelle sue radici, cultura, luoghi, storia e persone che possiamo fieramente primeggiare in numerosi settori.

Imprese e lavoro, miracolo possibile

Noi che siamo per le politiche sociali, del lavoro e delle imprese, come priorità per il Paese aggiungiamo che è venuto il momento di mettere in campo oltre alle riflessioni serie e documentate, politiche concrete per arrestare un declino che non è inesorabile.
Ci riferiamo a quelle politiche (che l’Italia ha già messo in atto negli anni ‘50 e ‘60) dedicate ai giovani, oggi una emergenza perché la desertificazione porta a quei ragazzi che non escono di casa, oppure assistiamo al grave fenomeno delle bande giovanili. Servono politiche per il lavoro, incentivi per creare occupazione stabile. Non impieghi saltuari mal pagati che suscitano sfiducia e disamore. Serve un grande piano di sostegno per le imprese, come abbiamo già in più occasioni rilevato, per quelle aziende e micro attività che ampliano i loro organici, che assumono e creano prospettive reali di lavoro. Un percorso fattibile, che è a portata di mano.
Bisogna a tutti i costi promuovere una svolta virtuosa. Evitare l’invivibilità e l’aggravarsi del divario, lacerato dalla crisi sociale, tra centri storici e periferie. Tra città e paesi, tra aree costiere e quelle montane. Sono maturi i tempi che la politica, le parti sociali e enti locali, comincino a trovare soluzioni rapide.

Sostenere chi assume

Siamo anche a sostegno delle Associazioni di categoria del commercio, dell’artigianato, dell’agricoltura, in questi giorni fanno un giusto pressing sul Governo. Invocano correttivi come l’accelerazione della riqualificazione urbana, chiedono più formazione e incentivi per il lavoro, e soprattutto un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del Piano nazionale di ripresa. Sollecitano un coinvolgimento reale e fattivo. C’è infatti il rischio che i miliardi di euro andranno nei bilanci e progetti di grandi imprese, di giri di mega consulenze per opere faraoniche. C’è invece da mettere in campo con determinazione azioni lungimiranti. Far esprimere e dare sostegno a quelle esperienze di capacità, di impegno e di coraggio che le piccole imprese, i loro imprenditori e lavoratori dimostrano generosamente di dare ogni giorno allo sforzo di crescita del Paese.

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