venerdì, 26 Aprile, 2024
Economia

Lo Stato paga in ritardo, imprese in affanno per 55 miliardi

Cgia accusa Ministeri e Comuni

Non solo energia tra i guai seri delle imprese italiane. C’è una emergenza altrettanto significativa, lo stock dei debiti commerciali di parte corrente della Pubblica Amministrazione. Debiti verso le imprese che ammontano, secondo le ultime stime, a 55,6 miliardi di euro. Un blocco che ha un effetto domino sui bilanci e tenuta delle imprese, in particolare su quelle di piccole dimensioni.

Debiti PA, il silenzio dei partiti

“Nell’ultima campagna elettorale nessun partito ha speso, invece, una parola contro una ‘storica’ criticità”, evidenzia l’Ufficio studi della società di analisi socio economiche Cgia, di Mestre, “Tutti, purtroppo,  hanno fatto finta di niente, come se il problema non esistesse. Invece, lo sanno bene le tantissime Pmi coinvolte, sussiste, eccome”. Sui 55,6 miliardi di euro non versati alle imprese “lo Stato centrale”, fa presente la Cgia, “e le sue articolazioni periferiche continuano colpevolmente a non pagare i propri fornitori, costituiti prevalentemente da Pmi e, quando lo fanno, ciò avviene con grave ritardo rispetto ai tempi di pagamento previsti dalla legge”.

Commesse per 150 miliardi

In Italia le commesse della Pubblica amministrazione ai privati ammontano complessivamente a circa 150 miliardi di euro all’anno e il numero delle imprese fornitrici si aggira attorno a un milione. Per quanto concerne l’Indicatore di Tempestività dei Pagamenti (ITP) l’Ufficio studi della Cgia ha presentato una scheda dove si elenca, per alcune delle più importanti amministrazioni pubbliche italiane, gli enti che nel 2021 hanno pagato i propri fornitori non rispettando le disposizioni di legge in materia di tempi di pagamento. “Tra i ministeri, quello meno reattivo  a saldare le fatture ricevute”, sottolinea la società mestrina, “è stato l’Interno con un ITP pari a +67,09; ciò vuol dire che il Viminale liquida i propri fornitori con oltre 2 mesi di ritardo rispetto alla scadenza prevista dal contratto”.  “Seguono”, prosegue l’Ufficio studi, “le Politiche agricole con +42,28 e la Difesa con +32,75. Tra le amministrazioni regionali, invece, i maggiori ritardi nel saldare i pagamenti si sono registrati in Abruzzo con 62 giorni oltre la scadenza contrattuale, in Basilicata con 39,57 e in Campania con un ritardo medio di 9,74 giorni”.

Gli enti locali in ritardo

Tra i Comuni, invece, la situazione più critica si è verificata a Napoli. “L’anno scorso, l’amministrazione  comunale del capoluogo regionale campano i giorni di ritardo nei pagamenti sono stati 228,15, a Lecce 63,18 e a Salerno 61,57.  Tra le Asl, infine, quella di Napoli 1 Centro ha pagato con un ritardo di 43,77 giorni, l’Usl Toscana Nord Ovest con 22,34 e la Napoli 2 Nord con 16,92”.

Il nuovo Governo intervenga

Secondo la Cgia l’unico metodo per ovviare si ritardi è compensare i debiti fiscali con crediti commerciali.
“Quale suggerimento dare al nuovo esecutivo che si insedierà nelle prossime settimane affinché possa risolvere questa annosa questione che sta mettendo a dura prova tantissime Pmi?”, si chiede la Cgia. Per l’Ufficio studi va prevista per legge la “compensazione secca, diretta e universale tra i crediti certi liquidi ed esigibili maturati da una impresa nei confronti della PA e i debiti fiscali e contributivi che la stessa deve onorare all’erario”. “Grazie a questo automatismo”, spiega la Cgia, “risolveremmo un problema che ci trasciniamo appresso da decenni”.

Imprese in crisi di liquidità

Senza fondi a disposizione, infatti, tanti artigiani e altrettanti piccoli imprenditori, segnala la società mestrina, “si trovano in grave difficoltà e in un momento così delicato per l’economia del Paese è inaccettabile che i debiti della PA nei confronti degli imprenditori siano in costante crescita dal 2017”.

Maglia nera in Europa

La Pubblica amministrazione italiana scivola così verso il basso bella graduatoria dei 27 Paesi dell’UE. “Dei nostri principali competitor commerciali”, illustra la Cgia, “i debiti di parte corrente sul Pil della Spagna sono allo 0,8 per cento, nei Paesi Bassi all’1,2 per cento, in Francia all’1,4 per cento e in Germania all’1,6 per cento”.
“Persino la Grecia”, osserva l’Ufficio studi, “che l’anno scorso aveva un rapporto debito pubblico/Pil che sfiorava il 203 per cento, presenta un’incidenza dei debiti commerciali sul Pil quasi la metà della nostra: 1,7 per cento”.

Fatture grandi sì, piccole no

È corretto segnalare che negli ultimi anni i ritardi di pagamento, misurati con l’ITP, sono mediamente in calo, anche se secondo la Corte dei Conti si starebbe consolidando una tendenza che vede le Amministrazioni pubbliche privilegiare il pagamento in tempi brevi delle fatture di importo maggiore e ritardare intenzionalmente la liquidazione di quelle di importo meno elevato. Una modalità operativa che, ovviamente, penalizza le piccole imprese che, generalmente, lavorano in appalti o forniture di importi nettamente inferiori a quelli “riservati” alle attività produttive di dimensione superiore.

Corte di Giustizia, la condanna

Con la sentenza pubblicata il 28 gennaio 2020, la Corte di Giustizia Europea ha affermato che “L’Italia ha violato l’art. 4 della direttiva UE 2011/7 sui tempi di pagamento nelle transazioni commerciali tra amministrazioni pubbliche e imprese private. Sebbene”, commenta la Cgia, “in questi ultimi anni i ritardi medi con cui vengono saldate le fatture in Italia siano in leggero calo, nel 2021 la Commissione europea ha inviato al Governo Draghi una lettera di messa in mora sul mancato rispetto delle disposizioni previste dalla direttiva europea approvata 10 anni fa”. Infine, un’altra procedura ancora aperta contro il nostro Paese riguarda il codice dei contratti pubblici che prevede un termine di pagamento di 45 giorni, quando a livello comunitario la scadenza, invece, è di 30 giorni.

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