Avvocato de’ Capitani, quando la scorsa primavera ICC Italia (il Comitato Nazionale della Camera di Commercio Internazionale) ha organizzato un webinar sulla tassazione degli extraprofitti si immaginava che si sarebbe andati incontro a mari burrascosi. Gli sviluppi successivi hanno confermato questa previsione?
Direi proprio di sì e anche se per certi versi è senza precedenti, lo scontro in atto tra il Governo e le imprese colpite dal prelievo è nel solco di tali premesse.
Cosa intende?
Che appena si è iniziato a parlare di un prelievo sugli extraprofitti, ad inizio anno, la memoria delle imprese interessate e dei loro professionisti è andata al precedente della Robin Hood Tax: in quel caso, sempre a fronte di contestazioni della legittimità costituzionale dell’imposta straordinaria, la Consulta censurò in effetti la disposizione tributaria, ma per rispettare l’equilibrio di bilancio che è parimenti imposto dalla Costituzione dovette limitare gli effetti della pronuncia di incostituzionalità.
In che senso?
Si impedì la restituzione di quanto già pagato dalle imprese, pur sulla base di una disposizione illegittima. Ed è evidente che quando le stesse imprese si sono ritrovate chiamate alla cassa per versare l’acconto del nuovo prelievo sugli extraprofitti abbiano pensato di non rimettersi in quella stessa condizione, preferendo piuttosto coltivare il contenzioso e opporsi agli eventuali atti di recupero sulla base della incostituzionalità della disposizione.
E quindi?
Alcune imprese hanno anticipato i tempi impugnando davanti al TAR il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate di attuazione del prelievo.
Perché davanti al TAR?
Perché il giudice istituzionalmente dedicato alle controversie in materia tributaria, le Commissioni tributarie, può intervenire solo a fronte dell’impugnazione di un atto impositivo o di una richiesta di rimborso. Ma è chiaro che qui almeno una parte delle imprese interessate volesse anticipare i tempi e non ritrovarsi, per l’appunto, nello scomodo precedente della Robin Hood Tax, dichiarata incostituzionale solo pro futuro.
Altri ricorsi saranno avviati, innanzi alle Commissioni tributarie, per il rimborso di quanto già versato con il primo acconto. Il parametro di riferimento resta comunque la questione di legittimità costituzionale, con le indicazioni fornite dalla Consulta nella sentenza del 2015 sulla Robin Hood Tax.
Insomma uno scenario di vero e proprio scontro frontale con il Governo, con il Primo ministro che ha parlato di una intollerabile elusione, e ha di conseguenza inasprito – ex post – le sanzioni per i mancati versamenti.
Sì, il livello di scontro è ai massimi, e l’inasprimento sanzionatorio introdotto con l’art. 42 del Decreto aiuti bis aggiunge ulteriori motivi di litigiosità, senza ricucire lo strappo ai principi costituzionali lamentato dalle imprese.
Insomma, non se ne vede l’uscita
Non a breve; a meno che, come si ipotizza da più parti e sul modello della proposta di regolamento che la Commissione ha pubblicato lo scorso 14 settembre, il Governo in carica o quello che gli succederà non si convincano a rimodulare il prelievo per renderlo coerente con i suoi presupposti e meno iniquo, scomputando quanto già versato in base alla versione attuale dell’imposta. L’avvicinarsi della fine anno e della chiusura dei bilanci su cui verificare l’importo di eventuali super-profitti meglio di come fosse possibile in base alle liquidazioni IVA potrebbe in effetti offrire l’occasione per un accomodamento che mi sembrerebbe nell’interesse di tutti.
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