venerdì, 19 Aprile, 2024
Attualità

Referendum. Complicati ma input per una vera riforma della giustizia

Referendum n. 1 – Abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi.

Il quesito mira ad abolire la Legge Severino nella parte in cui prevede la decadenza e l’incandidabilità quali conseguenze automatiche derivanti dalla condanna definitiva con pena superiore a due anni in seguito alla commissione di taluni gravi reati tra quelli previsti dall’art. 51 c.p.p. (ad esempio reati associativi) e da reati commessi contro la pubblica amministrazione.

Peraltro, in ordine alla posizione degli amministratori locali l’attuale formulazione della legge Severino abbassa ulteriormente tale soglia, venendo la stessa fatta coincidere con la condanna in primo grado.

Votando si, verrebbe meno siffatto automatismo e l’applicazione della decadenza e dell’incandidabilità, intese come pene accessorie nelle forme dell’interdizione dai pubblici uffici già prevista dall’ordinamento, sarebbe rimessa alla discrezionalità dell’organo giudicante.

Si consentirebbe, quindi, a soggetti condannati anche per reati gravi la possibilità di candidarsi comunque e venire di conseguenza eletti.

Referendum n. 2 – Limitazione delle misure cautelari: abrogazione dell’ultimo inciso dell’art. 274, comma 1, lettera c), codice di procedura penale, in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari, nel processo penale.

Attualmente si procede all’applicazione della misura della custodia cautelare qualora sussista oltre ai gravi indizi di colpevolezza, una delle tre esigenze cautelari previste dall’art. 274 c.p.p.: concreto pericolo di fuga, di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato della stessa indole. Votando sì, verrebbe cancellata questa ultima condizione.

Una abrogazione che sembrerebbe inutile perché non va a risolvere il vero problema che è a monte ossia l’abuso della custodia cautelare cui talvolta si assiste e che dovrebbe scattare solo in casi di reale necessità. Tra l’altro, i casi di reiterazione del reato della stessa natura sono proprio quelli che generano allarme sociale.

Referendum n. 3 – Separazione delle funzioni dei magistrati. Abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati.

In pochi conoscono la differenza tra separazione delle funzioni e quella delle carriere dei magistrati. Per modificare quest’ultime, nodo reale del problema, occorrerebbe una legge di modifica costituzionale, che avrebbe senso solo se poi i magistrati requirenti e quelli giudicanti appartenessero a due carriere distinte, con ognuno il proprio CSM. Siccome una riforma di questo tipo appare alquanto complessa (se ne parla da anni), i proponenti hanno individuato questa soluzione che imporrebbe a chi supera il concorso in magistratura di scegliere all’atto di ingresso nel ruolo la funzione requirente o giudicante, senza possibilità di cambiamento nel corso dell’intera carriera lavorativa.

Si ricorda che, attualmente, nel corso della carriera del magistrato sono già previste  preclusioni per il cambiamento di funzioni e che la riforma Cartabia porrà dei paletti ancora più rigorosi rispetto alla normativa vigente.

Referendum n. 4 – Partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. Abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte.

Il quesito, in caso di abrogazione, non introdurrebbe una grossa novità perché esistono già delle circolari del Csm che riconoscono il diritto di tribuna ad avvocati e docenti universitari nelle valutazioni della professionalità di un magistrato. La discriminante è nel diritto di voto che attualmente non viene riconosciuto. È un punto che la stessa Riforma Cartabia sta valutando attentamente perché risulta necessaria una valutazione più tecnica, la quale non può essere demandata al semplice utilizzo di un referendum abrogativo.

Referendum n. 5 – Abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura.

Abrogando la norma si eliminerebbe l’obbligo della raccolta di 45 firme e la certezza di almeno 25 voti per poter presentare la propria candidatura al CSM, cifre davvero risibili se si pensa che per essere eletti poi sono necessari centinaia di voti. Un tentativo inutile di superare le “correnti” giudicate troppo politicizzate. Il vero problema è quello di superare il “correntismo” e sicuramente, anche in questo caso, non può essere un quesito referendario così formulato a modificare una situazione che necessita di una riforma organica di più ampio respiro.

Spiace rilevare che ancora una volta le difficoltà di comprensione di quesiti troppo tecnici non consenta ad uno strumento così importante nel nostro sistema democratico di essere pienamente efficace.

Spero solamente che questo input che è stato al legislatore possa consentire riforme strutturale della giustizia che i cittadini aspettano da tanto troppo tempo.

Fonte foto: Sergio Oliviero – Imagoeconomica

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