venerdì, 29 Marzo, 2024
Economia

Imprese italiane a rischio. Conforti: scenari preoccupanti

Russia. Studio di Livolsi&Partners

Forte riduzione dell’export con un impatto notevole sulle imprese italiane. Difficoltà e pochi spiragli positivi per quel mondo produttivo del Made in Italy che con la Russia ha, o per meglio dire, (aveva) stabilito un interscambio notevole. Livelli elevati sia per la qualità dei prodotti e profitti del Made in Italy sia per le materie prime importate. Che oggi si rivelano strategiche ad iniziare dal gas e fertilizzanti. La guerra in Ucraina ha creato un solco che si allarga ogni giorno di più.

La fotografia, attenta e scrupolosa nei dettagli, declinata su ogni versante dei rapporti commerciali tra Italia e Russia, è quella realizzata da “Livolsi&Partners”, società di strategie economiche e finanziarie. Lo studio inoltre è stilato da un esperto di internazionalizzazione, il manager Alberto Conforti partner della boutique finanziaria.

Le cause della crisi

La riduzione dell’export deriva dall’aumento dei prezzi delle importazioni per la Russia, dai costi dei trasporti, dalla svalutazione del rublo e dalla difficoltà di avere garanzie bancarie a supporto dei contratti (lettere di credito). “L’impatto coinvolgerà”, sottolinea Alberto Conforti, “anche le filiere associate alle imprese esportatrici che soffriranno di una calo dei contratti e le aziende che hanno un fatturato verso la Russia significativo avranno problemi a riposizionarsi in tempi rapidi”.

I numeri in gioco

In totale le imprese Italiane in Russia sono 480 per un valore di export 2021 di circa 8 miliardi di euro. L’Italia è il 7° fornitore della Russia con 4,1% come quota di mercato; nel contempo è il 14° mercato di destinazione dell’export dell’Italia con 1,5% quota di mercato.

Calo e perdita di valore

Nei primi tre mesi dell’anno in corso (rispetto allo stesso periodo del 2021) c’è stata una diminuzione dell’export di circa il 30% ed una perdita di valore di circa 2 miliardi. “Nel 2021 si era assistito ad una ripresa dell’export verso la Russia che aveva quasi raggiunto i livelli del 2013, prima dell’annessione delle Crimea”, ricorda Alberto Conforti.

Le grandi imprese

Con presenza stabile produttiva circa 30 aziende equivalenti ad un 6 % del totale sono presenti in Russia le grandi imprese italiane. Todini costruzioni, Barilla, Pirelli, Marcegaglia, Leonardo, Tecnimont, Coeclerici, Costa Crociere, Enel, Eni, Danieli, Parmalat, Mapei, Menarini, Salini, Perfetti, Angelini, Alfasigma, Chiesi, Kedrion, Italfarmaco, Recordati, Zambon, Dompé.

Medie e piccole imprese

Nella ricerca sono presenti le attività produttive (stabilimenti o joint venture) in cui sono impegnate le piccole e medie imprese, che sono circa 150 pari al 31%. Le rimanenti invece che hanno un ufficio di rappresentanza sono circa 300 pari al 62%.

Scenari possibili

Lo studio di Alberto Conforti si spinge a definire con una particolare attenzione quali scenari potranno emergere. “Le imprese italiane”, osserva Conforti, “ad eccezione di quelle operanti nel settore energetico e dei servizi ( Eni ed Assicurazione Generali ad es.) hanno deciso di restare in Russia, con quattro tipologie di permanenza”: aziende che continuano la loro attività in Russia 36%-21%; aziende che prendono tempo, rinviano investimenti ma continuano a fare affari 20%-12%; aziende che ridimensionano investimenti e riducono al minimo le operazioni commerciali 13%-9%; aziende che riducono la maggior parte delle attività valutando quando riprendere 16%-31%; Ritiro dal mercato russo, blocco di tutte le attività ed uscita dal mercato 13% -26%

Imprese stabili e Pmi

Ci sono aziende che lavorano stabilmente in Russia che, segnala il manager di “Livolsi&Partners”, avrebbero problemi a far rientrare in Italia i propri profitti. Le medie e piccole imprese presenti con Joint Venture commerciali e industriali con partner russi e parte della produzione in Italia e completamento della produzione in Russia potrebbero avere “problemi di costi di trasporto per la parte di produzione fatta in Italia e commerciali con la difficoltà a vendere i prodotti con profitto equivalente a causa della svalutazione del rublo”, segnala la società di consulenza finanziaria.

Le sanzioni da parte russa

La Russia non ha ancora formalizzato tutte le sanzioni che sono in discussione alla Duma. Non colpiscono contratti in essere prima dell’introduzione delle sanzioni (febbraio-marzo). Riguardano settori merceologici differenziati: armamenti, finanziamenti pubblici, telecomunicazioni, oil&gas, aviazione e spazio, siderurgia lusso enti e istituzioni pubbliche e private.

Import e divieti

Nel documento c’è un dettagliato elenco di ciò che ricade nel divieto di importazioni di merci, “Ordine 100”, con elenchi di prodotti e/e materie prime vietate e limitate. Così come nel documento viene stilato il divieto di acquisto da parte di enti pubblici russi o società statali, con l’obbligo di dare priorità a soggetti russi. C’è inoltre l’obbligo di convertire l’80% degli introiti in valuta estera in rubli. Lo studio ricorda inoltre che da parte russa l’applicazione delle sanzioni sarà oggetto valutazioni caso per caso da parte della Commissione governativa per il controllo degli investimenti esteri.

La risposta dell’Occidente

Le sanzioni più significative da parte EU/USA/UK), sono in costante aggiornamento. Tra queste: divieto di formalizzare contratti e/o esportare prodotti, divieto di operare attraverso piattaforme internazionali di pagamento (Swift) rispetto ad un gruppo di banche sanzionate, divieto di operare con soggetti pubblici/privati oggetto di sanzioni.

Imprese Italiane. Gli scenari

Le Imprese residenti che decidono di continuare le attività, secondo il documento di “Livolsi &Partners” potrebbero scegliere di proseguire normalmente le attività con obbligo di utilizzare unicamente il rublo come valuta ed impossibilità alla data di convertire rubli per rientro profitti in Italia”.
Ci sono imprese residenti che decidono di sospendere le attività con il “mantenimento dell’occupazione attuale con gli oneri accessori previsti” ed una significativa perdita di fatturato.
Lo studio di Alberto Conforti si concentra anche sull’ipotesi di procedure di “nazionalizzazione”, che sono in discussione ma “non ancora approvata dal governo, che prevede la cessione degli assets e della forza lavoro ad una società russa che abbia ‘contiguità’ produttiva con l’impresa italiana, attraverso l’attivazione di una procedura definita ‘bancarotta intenzionale’ che prevede sanzioni amministrative e penali verso gli azionisti ed i manager con posizioni di responsabilità”.
“È stimabile”, sottolinea la nota “una forte riduzione dell’export, soprattutto da parte di quelle imprese PMI che non hanno una presenza strutturata in Russia e che hanno privilegiato il ‘trading in settore tipici del made in Italy’ rispetto alla localizzazione commerciale e produttiva”.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Sale giochi e scommesse:-7 miliardi. Agenzie riaperture dal primo luglio. Boom di introiti per i giochi illegali

Paolo Fruncillo

Bilancio 2022. Draghi punta sui giovani: sgravi, incentivi e bonus

Maurizio Piccinino

Berlusconi: “Possibile l’entrata di FdI e Lega nel PPE”

Stefano Ghionni

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.