sabato, 27 Aprile, 2024
Lavoro

Occupazione, il grande crollo delle donne al lavoro. Sempre più precarie, meno valorizzate e pagate. E c’è chi spera solo in “Opzione donna”

Un crollo quasi esclusivamente al femminile. Così l’Istat certifica la crisi occupazionale che riguarda le donne, una discesa verso la disoccupazione che ha raggiunto numeri intollerabili per un Paese che rivendica il suo ruolo di potenza industriale e di parità di genere. I dati sono eccezionalmente negativi e dimostrano come la crisi avanza colpendo le fasce di popolazione più debole e in prima linea ci sono loro le donne. Tra l’altro l’Italia già in frenata economica ha problemi di una ampiezza catastrofica, basta riflettere a cosa accadrà con la fine del divieto per legge, dei licenziamenti. Allora tra poche settimane si arriverà al micidiale mix di disoccupati, inoccupati e licenziati. Gli incentivi non basteranno per far cambiare rotta ad una situazione di grave precarietà. Lo dimostrano anche i nuovi numeri della disoccupazione sfornati ieri dall’Istat. In totale i lavoratori scendono di 101 mila unità, ma di questi 99 mila sono donne e sono 2000 gli uomini. Tra i settori in calo soprattutto gli autonomi: nel solo mese di dicembre si perdono 79 mila posti di lavoro rispetto a novembre.

Nel confronto annuo si perdono 444 mila unità, mentre le fila degli inattivi cresce di 482 mila unità. Anche in questo caso, c’è una forte prevalenza femminile. La maggiore fragilità del lavoro femminile è dovuta al fatto che in percentuale le donne sono maggiormente occupate nei servizi, in lavori precari o per i quali è possibile licenziare, a cominciare dal lavoro domestico. Dalle faccende domestiche ai Cda aziendali le cose non cambiano la presenza di donne all’interno delle imprese quotate in borsa rimane molto al di sotto del 50%. Dai vertici di una impresa a quelli di una dipendente di una piccola società la situazione è di diseguaglianza economica e di ruoli. La stragrande maggioranza delle donne non vede nella propria vita quotidiana alcun progresso. L’Italia è la peggiore in tutta Europa per il tipo di impiego: solo il 31,3% delle donne ha un lavoro a tempo indeterminato, contro la media europea del 41,5%. Lo stipendio medio femminile resta uno dei più bassi d’Europa ed è di un quinto inferiore rispetto a quello degli uomini.

Le donne, in Italia, hanno anche molte meno prospettive di carriera. Il Career Prospects Index dell’Eige, ossia l’Istituto europea per l’uguaglianza di genere, che valuta l’autonomia nel lavoro, le tipologie di contratto, le possibilità di avanzamento di carriera e la probabilità di essere licenziate in caso di ristrutturazione aziendale, assegna all’Italia un punteggio di 52 su 100, contro la media europea di 64. Infine l’unica possibilità per le fasce più precarie delle donne al lavoro l’unica via d’uscita per quante ne hanno i requisiti si apre la possibilità della pensione. Torna infatti “Opzione donna” come modificati dalla legge di Bilancio

Ministero, l’Inps è in procinto di diramare la nota con cui sono comunicati i termini per la presentazione delle domande di cessazione dal servizio con i requisiti previsti da “Opzione donna”. Possono presentare domanda per il collocamento a riposo dal 1° settembre 2021 le lavoratrici che maturano entro il 31 dicembre 2020 un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni, avendo un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni. La funzione POLIS sarà aperta il 1° febbraio con scadenza il 28 febbraio.

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