venerdì, 26 Aprile, 2024
Economia

Un grande cantiere per l’anno che verrà

È stato scritto da più parti che il Recovery Fund richiama alla memoria quel gigantesco piano di aiuti che gli Stati Uniti destinarono all’Europa, negli anni che seguirono alla barbarie e alle distruzioni della seconda guerra mondiale. Quel Piano di Ricostruzione (Recovery) fu ideato da George Marshall, Segretario di Stato del Presidente democratico Harry Truman.

Marshall non era un economista ma un militare. Fu Capo di Stato Maggiore dell’esercito nella seconda guerra mondiale e artefice dell’offensiva anglo americana che, nel 1945, dette il colpo di grazia al nazismo e al suo malefico regime. Nel 1953, come ci racconta Federico Rampini, nel suo bel libro “I Cantieri della Storia” Marshall ottenne il premio Nobel per la pace. Ma questo riconoscimento non gli fu attribuito perché vinse la guerra. L’ottenne perché ideò quel Piano per l’Europa che da lui prese il nome.

George Marshall, mentre l’Europa era ancora un cumulo di macerie, ebbe una geniale intuizione. Capì subito che non si potevano più commettere gli errori compiuti nella pace di Versailles nel 1919, allorquando le potenze vincitrici e in particolare la Francia umiliarono la Germania, con durissime clausole che avrebbero dissanguato il popolo tedesco e spalancato le porte al nazismo.

E infatti ridusse al silenzio quei consiglieri del Presidente Truman che volevano, ancora una volta, punire la Germania per i crimini commessi dai nazisti. Se l’Europa ha potuto godere di settant’anni di pace, di prosperità e benessere lo deve al Piano Marshall. Se la Germania è diventata la locomotiva d’Europa, lo deve al Piano Marshall.  E soprattutto è merito suo il miracolo economico che si manifestò, in soli dieci anni, nei paesi europei del Patto Atlantico.

Un’Europa umiliata e impoverita sarebbe divenuta facile preda del comunismo sovietico e ora staremmo qui a raccontare tutta un’altra storia. In piena pandemia e con la prospettiva di una crisi economica e sociale senza precedenti, l’Europa ha reagito. Ha ritrovato in quella grande statista che è Angela Merkel forza, fiducia e coraggio. Parliamoci chiaro: È lei che ha ideato il Recovery Fund. È lei che ha zittito i burocrati di Bruxelles e i banchieri di Francoforte, riponendo nel cassetto il trattato di Maastricht e il mantra dell’austerity. Dei 209 miliardi destinati all’Italia, molti ne andranno al Mezzogiorno.

Tra investimenti diretti e indiretti, forse più della metà.  Attenzione, però. Ha detto bene il Ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano: perché nasca al Sud un altro grande cantiere della storia, la mobilitazione non va fatta sulle quote ma sulla progettualità. Per il Mezzogiorno c’è un complesso di investimenti pubblici senza precedenti, anche superiori a quelli della Cassa per il Mezzogiorno. La vera sfida per il Sud, allora, si sposta non sull’entità ma sulla capacità e l’efficienza della spesa. Non è più sostenibile quello che è successo l’anno scorso: che dei fondi strutturali europei ben il 70% è rimasto inutilizzato. E non si scherza nemmeno con i meccanismi previsti da questo Piano. Il Recovery Fund non funziona per quote, ma solo in presenza di una acclarata capacità amministrativa e progettuale.

Se la Pubblica Amministrazione al Sud non è in grado di gestire questa grande montagna di denaro, allora ben vengano le task-force. Strutture snelle e di eccellenza che andrebbero, a mio modesto parere, coordinate e controllate non da un sottosegretario di Palazzo Chigi, ma da un Alto Commissariato Europeo. Non dimentichiamo che la Cassa del Mezzogiorno fu voluta e realizzata da Alcide De Gasperi, Pasquale Saraceno ed Ezio Vanoni, tutti uomini del Nord. Il Piano d’industrializzazione nel Sud fu voluto dal marchigiano Enrico Mattei. I grandi progetti di rigenerazione sociale ed economica del Mezzogiorno furono ideati dal piemontese Adriano Olivetti. Menti geniali del Nord che avevano a cuore le sorti del Sud.

Nei prossimi anni dovremmo concentrarci su grandi progetti, come le nuove infrastrutture sociali, gli ecosistemi dell’innovazione, lo sviluppo rurale e soprattutto la rigenerazione di quei gioielli dell’architettura e urbanistica meridionale che sono i nostri centri storici. La rinascita dell’Europa è cominciata proprio con il Piano Marshall. Sconfitto il virus, potrebbe essere proprio l’Europa a stimolare la rinascita del nostro Mezzogiorno.

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