martedì, 23 Aprile, 2024
Politica

Decidere, decidere, decidere

Un moderno Tito Livio scriverebbe oggi con amarezza: Dum Romae consulitur, valetudo expugnatur, mentre a Roma e dintorni ci si perde in chiacchiere la salute dei cittadini viene massacrata.

Stiamo esagerando? Non pare proprio. L’Italia in sei mesi è passata da un sano decisionismo alle sabbie mobili della trattativa infinita, dello scaricabarile che produce solo pannicelli caldi per curare un male gravissimo.

Il Presidente del Consiglio a metà aprile, in pieno lockdown, godeva di un consenso che sfiorava il 70%. Eppure molti gli rimproveravano le inefficienze nell’erogazione della cassa integrazione, la macchinosità dei sussidi alle imprese e chi subiva il contraccolpo della chiusura totale. Di Giuseppe Conte gli italiani apprezzarono il coraggio di assumere una decisione senza precedenti, chiudendo tutto senza nascondersi dietro bizantinismi. Ci mise la faccia. A caldo tante critiche, ma poi il consenso salì alle stelle, insieme alla gratitudine per aver fenato lo tsunami del virus.

Dagli inizi di ottobre la percentuale di fiducia nei confronti di Conte ha cominciato una discesa che si è accentuata mano a mano che la seconda ondata cominciava travolgere i fragili argini posti da Governo e Regioni. Cosa è successo?

L’Italia non solo ha sprecato i preziosi mesi estivi che doveva utilizzare per attrezzarsi ai morsi autunnali del virus ma ha dimostrato una incredibile lentezza di riflessi nel reagire alla piena rovinosa della diffusione galoppante del Sars-Cov-2.

I dati raccapriccianti di questi giorni con oltre 300 morti quotidiani, file di ambulanze davanti ai pronto soccorso, ospedali al collasso, personale sanitario stremato, contagi fuori controllo, tracciamenti inadeguati dimostrano che stiamo sbagliando e anche di grosso. Consolarci con i dati della Francia, della Spagna e della Germania è un alibi per non guardare in faccia alla realtà. È vero che in Europa tutte le classi dirigenti durante l’estate si sono distratte dal problema e che hanno tardato a imprimere un colpo di freno alla diffusione della pandemia. Ma questo poco ci consola. L’Italia aveva un vantaggio notevole in termini di controllo dei contagi fino a metà agosto. Poi tutto è scappato di mano.

In primavera il Governo si assunse tutte le responsabilità, stavolta è invece incerto e non indica una rotta precisa.

Conte, preoccupato di mantenere un equilibrio nei rapporti con le diverse forze economiche e con le riluttanti Regioni, ha rinunciato a prendere di petto il problema.

E così il capo del Governo, invece di adottare decisioni rapide, coraggiose e credibili si è lasciato impaniare, da due mesi in qua, in una estenuante quanto devastante trattativa con i cosiddetti Governatori mentre il virus si espandeva incontrollato.

Qualcuno sostiene che il Governo pilatescamente se ne sia lavato le mani scaricando sulle Regioni l’onere di trovare localmente delle soluzioni. Se davvero fosse questo il calcolo di Conte si tratterebbe di un errore madornale.

Il Presidente del Consiglio ha avuto un picco di consenso perché ha dimostrato di volere e sapere decidere senza tentennamenti. Questa lezione avrebbe dovuto insegnargli che il consenso degli italiani va verso chi si dimostra capace di fare scelte forti, chiare e rapide e non verso chi tenta mediazioni infinite mentre la casa brucia.

Se siamo in emergenza occorre un sano decisionismo che non si faccia frenare da malumori e mal di pancia ma vada a prendere il toro per le corna.

E finora Conte questo non lo ha fatto. Sbagliando. Più cresce la confusione, più aumenta la paura degli italiani di ammalarsi e di non poter essere curati perché gli ospedali sono strapieni.  Diventa quindi urgente un’assunzione di responsabilità da parte di Conte.

Rompa gli indugi, signor Presidente e adotti una decisione che sia valida su tutto il territorio nazionale, senza se e senza ma. Avrebbe dovuto farlo almeno un mese fa. Ma ora non può perdere neanche un minuto. Gli italiani sapranno capire anche questa volta. E se userà saggezza e fermezza il consenso non le mancherà.

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