martedì, 19 Marzo, 2024
Attualità

Il futuro ci appartiene

La Deutsche Bank prevede per i prossimi anni un “disordine mondiale” causato dal disequilibrio della globalizzazione per effetto della crescita economica della Cina, le cui aree di espansione non sono sempre negoziate con gli altri attori globali, accelerato dalla pandemia della Sars – Cov 2, che ha costretto molti Paesi alla interdizione di movimentazione di persone e beni da aree a rischio per limitare i contagi dei propri cittadini, compromettendo quindi i normali flussi commerciali di import-export.

L’Unione Europea, che per PIL sta dietro agli USA, sconta una fragilità intrinseca rispetto alle procedure decisionali, in confronto agli USA e alla Cina, perché assicura sempre il processo democratico decisionale tra i Paesi Membri, forse migliorabile, ma non eliminabile pena l’esistenza stessa dell’Unione.

In tale quadro complessivo si inserisce la situazione italiana con due negatività che si sommano e che attengono alla situazione strutturale dell’economia nazionale, da molto tempo in stagnazione, e alla incapacità dell’attuale compagine governativa di uscire dal populismo e dalla propaganda elettorale, con stucchevoli dichiarazioni pubbliche sulla bontà delle decisioni che si prendono, inefficaci  perché i provvedimenti (non tutti negativi) non trovano attuazione per la mancanza della deliberazione delle procedure esecutive.

Inoltre vi è una contraddizione di fondo nella impostazione economica dei due partners più grandi, perché i 5 S non hanno nessuna intenzione di affrontare il problema delle riforme di sistema e prediligono l’assistenza, vanificando enormi risorse temporanee, in quanto non si può all’infinito protrarre il “reddito di cittadinanza”, gonfiando il debito pubblico oltre ogni limite.

Da qualche tempo è riapparso nel dibattito il problema del mezzogiorno, che è stato riassunto semplicisticamente nella riproposizione del “Ponte di Messina”, facendo un passo indietro di almeno cinquanta anni, evidenziando una totale inconsapevolezza della evoluzione del sistema economico mondiale del quale facciamo parte.

Ignorando i servizi svolti da infrastrutture esistenti come il porto di Gioia Tauro, finora i Governi Italiani non hanno mai difeso lo spazio nazionale ed europeo nel Mediterraneo e hanno accettato senza contropartite che la Slovenia promuovesse un suo hub marittimo, confliggendo anche con Trieste; la logica europea vuole che nessun Paese impedisca  l’evoluzione di altro Paese Membro, ma nemmeno che venga depressa l’economia di un Paese a vantaggio di altri, come avverrà con Gioia Tauro.

Il riferimento ad un problema particolare non intende sottolineare una esigenza di campanile, ma evidenziare una diversità di approccio ai problemi economico nel tempo che viviamo.

Il problema principale che hanno tutti i Paesi è quello della disoccupazione, accentuata dal Co.Vid 19, e quindi sarà necessario affrontarlo con una nuova prospettiva, facendo fronte alla nuova offerta di lavoro, strutturata diversamente dal passato, e alla domanda, che necessariamente dovrà soddisfare l’offerta.

In una precedente riflessione sull’utilizzo del Recovery Fund auspicavo che il governo chiamasse tutte le centrali imprenditoriali (industriali, artigiani, commercianti, agricoltori, coldiretti, coltivatori, cooperative, servizi, ordini professionali, ecc) e chiedesse a ciascuna categoria di dichiarare la propria capacità di produrre posti di lavoro, senza il carico degli oneri sociali, in periodi indicati (sei mesi, 12 mesi, 18 mesi, 24 mesi) con l’obiettivo di ridurre il tasso di disoccupazione e portarlo a livello fisiologico; nel contempo sarebbe stato utile predisporre un progetto perequativo alla media nazionale di quelle aree che in termini di disoccupazione hanno tassi che superano tale media, anche analizzando la necessità di perequare i fattori produttivi.

In tutto questo tempo non abbiamo letto niente di simile, ma il Governo e la maggioranza si sono trincerati dietro bandiere di riferimento, senza specificare quale sia la ricaduta occupazionale (va bene perseguire una economia sostenibile per rispondere alla sfida ecologica, va bene sostenere una svolta digitale, va bene sostenere la ricerca scientifica e la scuola (come ?), ma non si conoscono gli effetti occupazionali, né gli effetti incrementali del PIL in funzione della stabilizzazione economica del Paese sugli standard internazionali delle economie avanzate.

Un altro aspetto che attiene alla condizione economica del Paese riguarda una strategia complessiva di politica estera, specificatamente nel Mediterraneo, dove Erdogan sta tentando di imporre una egemonia per uscire dalla grave crisi economica che attanaglia la Turchia.

Ben venga l’attivismo francese e la riunione a sette (Med – 7 – (Francia, Spagna, Grecia, Italia, Cipro, Malta, Portogallo) per contenere la Turchia, ma non è sufficiente perché i problemi dei migranti, di cui l’UE si è fatta carico in minima misura, non si risolvono soltanto con i rapporti con la Libia, ma hanno bisogno di una politica complessiva di rapporti con i Paesi africani.

Se il Governo assumesse come propria la proposta di sturziana memoria di una politica intercontinentale Euro-africana, aiuterebbe l’Unione Europea a superare la divisione tra “dimensione nord” e “dimensione sud”, a cui Macron si è appellato, acquisirebbe autorevolezza nel Mediterraneo anche con i Paesi rivieraschi africani, si proporrebbe ai Paesi africani come un interlocutore-mediatore per il conseguimento del bene comune, senza retaggi coloniali né pretese di sfruttamento come quelle cinesi.

In tale prospettiva anche la BRI Belt and Road Initiative, che è una iniziativa di interscambio economico e sociale da perseguire per assicurare la crescita pacifica dei rapporti interstatali, invece di essere gestita singolarmente dagli Stati Membri, con sensibilità e disponibilità diverse, rappresenterebbe una occasione di confronto tra due aree economiche (la seconda e la terza) tra le più importanti del mondo.

È evidente che quando si pongono alcune problematiche gravi e serie, si fa per difendere con ogni mezzo democratico e pacifico i Valori e i Principi di cui siamo portatori da duemila e passa anni, che sono quelli della Cultura Occidentale, che tanta evoluzione civile, sociale, personale, economica ha portato nel mondo, senza tacere anche i tanti errori commessi, né rinunciare a sottolineare i traguardi raggiunti in termini di crescita  umana integrale (maritainianamente intesa).

Dobbiamo acquisire tutti insieme la consapevolezza di essere ad un giro di boa esistenziale per governare l’uso della nuova dinamica scientifica e per evitare ed impedire che si transiti in un transumanesimo, attraverso l’uso strumentale dell’intelligenza artificiale, che annienterebbe la singolarità individuale e l’originalità personale, pregiudicando l’evoluzione consapevole e azzerando la sfera del sentimento e dell’empatia, che sono alle fondamenta della condizione sociale e umana.

Stiamo attenti a non essere superficiali in questo momento, ma valorizziamo l’approfondimento e domandiamoci sempre quale dovrà essere il nostro posto nella società, perché ognuno di noi ha un posto nella società, che è quello che ci costruiremo nel confronto sociale indispensabile, anche in funzione del ruolo politico che vorremo avere di co-costruttori del nostro sistema democratico.

Il futuro ci appartiene e dovremo responsabilmente sapere di essere solo custodi e non padroni della parte di Creato che viviamo, creando le condizioni per mantenere l’equilibrio naturale che ci è stato consegnato.

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