venerdì, 26 Aprile, 2024
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La Corte costituzionale benedice referendum ed election day. 20 e 21 settembre p.v. giornate di voto

La Corte costituzionale ha posto fine alla diatriba tra organi politici e singoli parlamentari circa l’abbinamento sì/no del referendum costituzionale con le elezioni amministrative.

Il 12 agosto scorso ha esaminato, in camera di consiglio, l’ammissibilità di ben quattro ricorsi per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato – sollevati dal Comitato promotori del referendum, dalla Regione Basilicata, dal senatore Gregorio De Falco e dall’Associazione +Europa – riguardanti, sotto vari profili, il taglio del numero dei parlamentari, nonché il relativo referendum costituzionale e le elezioni regionali e comunali  per i quali sono state fissate le date del 20 e 21 settembre (election day).

I quattro ricorsi sono stati dichiarati tutti inammissibili, con ordinanze in attesa di pubblicazione, come meglio si dirà di seguito.

La Corte ha dichiarato inammissibile (ord. 195/2020 relatore Giuliano Amato) il conflitto sollevato dal Comitato promotore del referendum sul testo di legge costituzionale riguardante “il taglio del numero dei parlamentari “ avente ad oggetto l’abbinamento delle due votazioni, disposto dal decreto legge n. 26 del 2020 e dal d.p.r. 17 luglio 2020, non avendo, in sostanza, legittimazione soggettiva a sollevare questo conflitto, dato che la Costituzione non gli attribuisce una funzione generale di tutela del migliore esercizio del diritto di voto da parte dell’intero corpo elettorale.

L’Associazione +Europa, nella sua veste di partito politico, rappresentato in Parlamento, contestava la previsione del DL. n. 26 del 2020 che riduce ad un terzo il numero minimo di sottoscrizioni richiesto per presentare liste e candidature nelle elezioni regionali.

Secondo + Europa, omettendo di prevedere, in favore dei partiti già presenti in Parlamento, una deroga all’obbligo della raccolta delle sottoscrizioni, il legislatore avrebbe leso le sue attribuzioni costituzionali in quanto partito politico.

Anche in questo caso la inammissibilità del conflitto (ord. n. 196/2020 – relatrice Daria De Pretis) è stata motivata dal “difetto di legittimazione della ricorrente, in base alla costante giurisprudenza costituzionale che nega ai partiti politici la natura di potere dello Stato.”

Con riferimento al ricorso presentato dal senatore De Falco nei confronti del Senato, del Governo e del Presidente della Repubblica, la Corte costituzionale (ord. 197/2020 – relatore Nicolò Zanon) ha ritenuto che “esponesse, in modo confuso ed incoerente, critiche alla legge elettorale, alla riforma costituzionale, all’accorpamento delle consultazioni, all’utilizzo dei decreti legge e, infine, al procedimento di conversione in legge degli stessi, sovrapponendo argomenti giuridico-costituzionali tra loro ben distinti. Inoltre, pur sostenendo la violazione di plurimi principi costituzionali inerenti sia il procedimento legislativo, sia quello di revisione costituzionale, il ricorso non ha chiarito quali attribuzioni costituzionali del singolo parlamentare siano state in concreto lese nel corso di questi procedimenti.” Perciò è stato giudicato inammissibile.

La Corte, infine, ha dichiarato inammissibile (ord. 198/2020 – relatore Giovanni Amoroso) il ricorso proposto dalla Regione Basilicata con riferimento sia all’avvenuta approvazione definitiva, l’8 ottobre 2019, del testo di legge costituzionale di modifica degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione sulla riduzione del numero dei parlamentari, sia al DPR del 17 luglio 2020 di indizione del referendum popolare confermativo.

La Consulta, in linea con la propria giurisprudenza, ha infatti escluso la legittimazione soggettiva degli enti territoriali, in generale e, delle Regioni, in particolare, perché non sono potere dello Stato ai sensi dell’articolo 134 della Costituzione, di cui si riporta, per ogni utilità, il testo integrale:

“La Corte costituzionale giudica:

sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forze di legge, dello Stato e delle Regioni;

sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;

sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica a norma della Costituzione.

La inammissibilità di un ricorso presso la Corte costituzionale lascia le parti attrici nella impossibilità di altre scelte, per cui non resta che prenderne atto.

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