Ieri e oggi. Il Covid ha precipitato la fine della seconda ondata della globalizzazione, la prima iniziata con la rivoluzione industriale e chiusasi con lo scoppio della prima guerra mondiale; la presente cominciata con la caduta del muro di Berlino e sospinta dal boom dell’ICT.
A fare da fil rouge tra i due episodi, le tecnologie trasformative che hanno facilitato il movimento transnazionale di merci, servizi e capitali: ferrovie, navi a vapore, telegrafia e telefonia nel primo caso e tecnologie legate alla comunicazione nel secondo.
Ieri e oggi, scrivevamo. E domani? In questo momento le classi dirigenti di mezzo mondo, ovvero le elite politiche, nolenti o volenti devono evitare il peggio ovvero lo tsunami occupazionale che verosimilmente travolgerà le nostre economie tra qualche mese, mentre le speranze di una ripresa cosiddetta a “V” progressivamente si dissolvono, stando alle ultime analisi. Nel farlo, non solo si giocano il piatto in tavola dei ceti medio-bassi che li hanno mandati al potere, ma anche la fiducia delle nuove generazioni per decenni a venire.
In generale, la comunità scientifica è concorde nel sostenere che i cittadini si fidano dei loro leader se questi presiedono uno stato competente ed efficace. Tutto ciò assume una particolare rilevanza in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo e il motivo è che il popolo ha bisogno di sicurezza e speranza. Questo, per esempio, spiegherebbe bene il perché dell’incessante presenza in video del Primo Ministro italiano.
Tuttavia, ecco il pericolo: quei costanti interventi rivolti al pubblico sono svolti in regime di totale asimmetria informativa, ovvero in assenza di testi che permetterebbero un confronto puntuale sul dato. Questo a sua volta provoca una pericolosa manipolazione che ha un nome e cognome per gli addetti ai lavori: la chiamano, distorsione della familiarità.
Ed è qui che il terreno si fa assai scivoloso perché con essa si attivano, come in un gioco di specchi in cui diventa poi impossibile interpretare la realtà, numerose altre distorsioni legate in particolare all’utilizzo dei social media, massicciamente utilizzati nell’odierna comunicazione politica.
Con l’ausilio di serie storiche e altri dati, un gruppo di ricercatori ha di recente scoperto che le persone che vivono una pandemia nell’età che varia tra la fine dell’adolescenza e l’inizio dell’età adulta, anni definiti come “impressionabili”, ovvero nell’età in cui c’è il più alto consumo di social media, sono coloro che nutrono e nutriranno una minore fiducia nei leader politici, nei governi e nelle elezioni per il resto della loro vita.
Per questo è possibile concludere sostenendo che oltre ai soldi in arrivo dall’Unione Europea (tanti) c’è di più, ed è la tenuta della credibilità del sistema politico in particolare, che deve saper dare l’esempio, e della democrazia più in generale, in un momento storico delicato che vedrà i divari sociali ampliarsi sempre più.
Perciò, per evitare che la pandemia si cronicizzi nel ventre molle della società sono necessari maggiore responsabilità nell’interesse collettivo da parte di chi il gioco lo conduce. Tutto ciò passa da risposte politiche tempestive, credibili e concrete ovvero da obiettivi, piani di azione e trasparenza nei controlli. Mai come prima d’ora si vince tutti insieme o si perde tutti insieme. Tertium non datur.