venerdì, 26 Aprile, 2024
Politica

Le giravolte di Grillo. Dalla banda stretta (il Movimento) alla banda ultra-larga

Beppe parlante, recitante, teatrante; Beppe silente e da qualche giorno, perfino “telecomunicante”. Lo ha dichiarato lui stesso. Dal sito personale: “Torno ad occuparmi di rete di telecomunicazioni e di banda ultra-larga”.

Le stagioni del Guru pentastellato sono infinite. Come le sorprese. Muore, risorge, rimuore e risorge. Il tutto condito di enfasi mistica e toni solenni. Convinto di avere sempre al suo fianco milioni di fan e seguaci, pronti a seguirlo.
L’avevamo lasciato sorprendentemente silenzioso di fronte al tramonto astioso e triste del suo Movimento. Qualcuno addirittura ha ipotizzato che questo esilio fosse da attribuirsi alle note vicende giudiziarie famigliari, che l’avevano preoccupato al punto da avvallare il governo giallorosso, inviso a molti suoi deputati e senatori.

Nel momento più concitato della guerra fraterna tra Di Maio e Salvini, infatti, ha dato (le cronache parlamentari ricordano bene) la spinta finale, il sì al cambio di marcia. Da nemico del Pd, ad amico intimo del Pd. Il partito di Bibbiano e da sempre espressione di certa magistratura, miracolosamente diventato santo.
L’area riformista, in fondo, era ed è, più attraente e più comoda rispetto al centro-destra, e alla stessa identità primigenia del Movimento (No-Vax, No-Tax, no-euro etc).

Da capo politico a padre ispiratore, da motivatore, a regista, da garante a padre nobile. Chi lo conosce giura che dopo le mille giravolte, si è stancato di brutto: non ne può più di Di Maio, in quanto troppo poltronista (anche se lo ha battezzato lui); non ne può più di Di Battista, in quanto troppo gruppettaro e terzomondista (l’ha definito “giovane marmotta”). Non ne può più di tutti i suoi parlamentari. Giudicati di fatto incapaci di leadership. E, per sopperire a questa impasse, ha fatto capire che la soluzione potrebbe essere Conte, nelle vesti di traghettatore grillino verso sinistra. Il che la dice lunga sulla sua delusione.

Ai tempi del Coronavirus Grillo, come tutti sanno, si è chiuso in un aureo isolamento. Altro silenzio. Pesante. Non ha comunicato mai. Addirittura si è pensato che fosse stato colpito dal Covid 19. L’unico sussulto di vita è stata la proposta di elargire agli italiani “il reddito universale”, logico prolungamento del reddito di cittadinanza. E poi basta.
Un buio rotto dall’annuncio recentissimo, che inaugura un suo ritorno in grande stile, ma non in politica. O forse, dentro una politica più profonda e più importante. Che segna il suo passaggio dal mito del pubblico (rete pubblica, acqua pubblica, sanità pubblica etc), al privato.

Ecco cosa ha scritto nel suo sito: “A distanza di tempo torno ad occuparmi di rete di telecomunicazioni e banda ultra-larga, ovvero quell’autostrada su cui sfrecciano i dati di milioni di cittadini e non solo, dal momento che siamo costretti a registrare a distanza di anni il completo fallimento dell’esperimento “Open Fiber”, la società che avrebbe dovuto spingere la digitalizzazione e lo sviluppo della fibra in tutta Italia”.

Interessante il commento di uno che la sa lunga sul Guru. E che non si è sorpreso per la scelta.Quel Becchi che all’inizio è stato uno dei più apprezzati intellettuali vicini a Grillo (poi allontanato perché troppo purista e rivoluzionario): “Il fatto che Beppe Grillo dopo tanto tempo torni sul suo blog ad occuparsi di telecomunicazione non sorprende. Le sue battaglie di diversi anni fa per una rete delle telecomunicazioni in mano pubblica sono note. Chi non ricorda il modo in cui Grillo sfotteva nel corso dei suoi spettacoli il “tronchetto della felicità”? Ora dopo quello che è successo con Open Fiber, che tramite i suoi azionisti Enel e CdP avrebbe dovuto realizzare quest’ obiettivo e non c’è riuscito, Grillo cambia idea e si accontenta del male minore: andrebbe bene un’unica infrastruttura anche privata, importante che sia aperta a tutti e che si occupi anche del 5G cinese. Beppe Mao lo vuole con ardore. Segue una breve analisi e in sostanza due conclusioni: licenziare l’amministratrice delegata di Open Fiber (che certo andrà in orgasmo per la proposta) e far salire CdP in Tim, con una ulteriore cifra del capitale pari a quella di Bollorè”.
Chi vuole capire capisca.

(Lo_Speciale)

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