martedì, 23 Aprile, 2024
Società

Due date ed una sola parola: legalità

Era il 18 maggio del 1939 quando nacque Giovanni Falcone, divenuto – nel tempo – famoso in Italia e nel mondo per il suo mestiere di magistrato, ma il 23 dello stesso mese di maggio del 1992, venne fermato e per sempre, nel suo irto cammino sulla strada della legalità.

Era una strada che lui percorreva con immensa facilità, non se ne accorgeva neanche, tale gli era normale, anche quando subì un attentato mentre trascorreva qualche ora di svago sugli scogli dell’Addaura, nella sua terra natia.

Ma quel pomeriggio del 23 maggio del 1992 era programmata la sua condanna e così fu.

Ora tutta la società, così detta “civile”, lo ricorda e ne riconosce il suo lavoro difficile, delicato, che lui svolgeva in modo meticoloso, puntiglioso, senza limiti di tempo e ne esalta il suo coraggio. Molti  lo ricordano con affetto e stima, mentre tanti giovani lo studiano e lo imitano come esempio di legalità ed alcuni anche come percorso di vita professionale.

Ma la legalità deve essere un sentimento innato ed appartenere a tutti i soggetti di diritto.

Va insegnata nella famiglia già ai bambini, con  semplici gesti della vita quotidiana, nelle scuole, poi con esempi sempre più specifici ed adeguati alla età dei ragazzi e dei giovani studenti.

La legalità va somministrata come un farmaco, nelle giuste dosi ad ogni età, per non arrivare al paradosso della frase generica del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti pro-tempore, Lunardi che, in una intervista, disse – a proposito della criminalità mafiosa, sul cui contrasto il giudice Falcone vi dedicò la vita fino al sommo sacrificio – che “i problemi della mafia e della camorra ci sono sempre stati e sempre ci saranno, purtroppo ci sono, bisogna convivere con questa realtà.”

In questa settimana di riflessioni, purtroppo senza manifestazioni come negli altri anni per colpa della Epidemia da coronavirus, i giovani fanno bene e tenere viva la memoria del giudice Falcone e della sua scorta. Noi tutti, però, politici  in testa, siamo chiamati a dare il buon esempio, col rispetto dei principi di legalità (diritti e doveri) osservando le  leggi, i regolamenti e tutte le altre norme e provvedimenti locali.

Non è bello, né di buon esempio, né tanto meno educativo, assistere a sistematici litigi, in tutte le ore, tra forze politiche nazionale e territoriali, a critiche  pubblicamente ed in maniera, spesso in modo indecoroso, a disattendere ed a  violare principi normativi uniformi per il bene della collettività.

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