giovedì, 2 Maggio, 2024
Sanità

Pronto soccorso, medici in fuga. Specializzandi: errori di programmazione e formazione

Schillaci: necessari interventi strutturali per il servizio sanitario nazionale

I giovani medici dell’Associazione liberi specializzandi usano parole forti per descrivere le difficoltà dei reparti di medicina di emergenza–urgenza. Per loro un settore vitale degli ospedali italiani, versa, per la carenza di medici, in condizioni “disastrose”, mentre lo scenario di  lavoro è sempre più compromesso della mancata presenza di specialisti. Colpa anche di un algoritmo inefficiente, della mancata programmazione delle necessità e della formazione, unite alla impossibilità di lavorare con soddisfazione.

Difficoltà e inchieste

Emergenza urgenza è solo un aspetto delle crescenti difficoltà del Servizio sanitario nazionale che deve fare i conti con la fuga e pensionamento dei medici, con i sovraccarichi di lavoro e gli scarsi riconoscimenti, situazione difficile che ha richiamato l’attenzione della Commissione Affari sociali e Salute della Camera che vuole fare chiarezza con l’apertura di un’indagine conoscitiva.

La protesta dei giovani medici

Secondo l’Associazione liberi specializzandi dell’Anaao Assomed, in pochi vogliono occupare i posti in medicina di urgenza emergenza.  Le cifre presentate in un documento spiegano i disagi e i motivi. Il numero di contratti rimasti liberi è complessivamente 6.125 (di cui 5.095 contratti statali) su 16.165 contratti banditi (ben il 38%) e 1.648 contratti che erano precedentemente assegnati non sono stati seguiti da immatricolazione, “confermando”, osservano i medici, “che la scelta di aumentare indiscriminatamente tutte le tipologie di contratti utilizzando un algoritmo inefficiente, senza una idonea programmazione e soprattutto senza una riforma della formazione medica non poteva che portare a queste conseguenze”.

I posti rimasti scoperti

Il numero di contratti di medicina di emergenza–urgenza non assegnati rappresentano il 76% dei posti sul bando, un netto peggioramento rispetto al 2022 quando i contratti non assegnati rappresentavano il 61%. “Rispetto all’anno scorso ci saranno 128 specializzandi d’emergenza urgenza in meno”, segnala l’Associazione liberi specializzandi, “Sono stati banditi 855 contratti statali di medicina di emergenza-urgenza con un finanziamento economico di 109 milioni 440 mila euro per avere un quarto dei posti assegnati, e i dati storici degli scorsi concorsi ci dicono che il 20% di costoro abbandonerà durante gli anni di specializzazione”. Secondo le stime, tra cinque anni ci saranno meno di due nuovi specialisti di medicina di emergenza, mentre per ogni provincia italiana, si potrà contare su 1 solo specialista ogni 125 mila abitanti.

Situazione disastrosa

I medici specializzandi allargano le braccia e dicono che l’unica via per ampliare la partecipazione ai bandi è prorogare i tempi. Un modo per far sì che che in parecchi possano riflettere sulle loro aspirazioni professionali.

“Davanti a questa disastrosa situazione occorre”, scrive  l’Associazione  “come da noi richiesto da oltre un mese, posticipare di 30 giorni la presa di servizio del concorso 2023 per aumentare gli scaglioni straordinari previsti, solo due, per tamponare questa terrificante situazione di contratti non assegnati”. “Le nostre associazioni”, sottolinea ancora nel comunicato, “hanno raccolto oltre 5mila firme che sono state incomprensibilmente ignorate e ci auguriamo che il Ministro, Anna Maria Bernini, figura politica, imponga ai funzionari del suo ministero di attuare questa soluzione tampone”. “Davanti a questi dati incontrovertibili”, osservano i medici, “la domanda che deve essere posta a tutti coloro che si occupano di politica sanitaria è la seguente: come risolviamo la cronica e pericolosa carenza in branche come la medicina d’emergenza e Radioterapia?”.

Riformare la formazione

Le Associazioni  maggiormente rappresentative dei medici specializzandi non hanno dubbi: “l’unica soluzione è riformare la formazione medica post-laurea, archiviando l’impianto formativo attuale con un contratto di formazione – lavoro istituendo i learning hospital, con specializzandi che hanno i diritti e i doveri dei dirigenti medici in un contratto incardinato nel Ccnl con retribuzione e responsabilità crescenti; una soluzione che non comporta un aumento di spesa perché abolirebbe non il numero chiuso ma la figura dei gettonisti, visto che come solo in Lombardia si spendono 27 milioni di euro all’anno e soprattutto con centinaia di milioni di euro di contratti di formazione non assegnati che non si sa che fine facciano”.

Un incontro tra Ministeri

Tra le proposte anche quella di creare in tempi rapidi un “tavolo interministeriale con il mondo associativo, sindacale e accademico per rispondere rapidamente a questa domanda e predisporre tutte le opportune azioni legislative per contrastare una carenza che si sta irrimediabilmente ripercuotendo sulla qualità dell’erogazione del nostro Sistema sanitario nazionale”.

Pronto soccorso la priorità

La crisi dei pronto soccorso, con notizie di cronaca sempre più incredibili, con pazienti  parcheggiati sulle barelle anche per settimane per mancanza di posti letto nei reparti, mentre i medici, colpiti da una carenza strutturale, non riescono a far fronte ad una domanda di assistenza crescente. Per Nicola Montano, presidente eletto della Società italiana di medicina interna, la crisi del pronto soccorso rappresenta un problema di “organizzazione sanitaria importante e prioritario”. “Abbiamo nei reparti tanti letti bloccati da ricoveri spesso per motivi sociali e anche questo inverno ci aspettiamo l’ennesima crisi”, spiega Montano, “Ma sarà così finché non si metterà mano al sistema, coinvolgendo gli internisti e aprendo posti letto sul territorio”.

Una soluzione potrebbero essere gli ospedali di comunità previsti dal Piano nazionale di ripresa ma sono rimasti sulla carta, mentre a questo punto non ci sarebbero nemmeno i medici e gli infermieri da assumere.

Le proposte del Governo

Sulla crisi dei Pronto soccorso è intervenuto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, che, sottolinea la necessità di “interventi concreti e strutturali”, che saranno programmati e realizzati. Dopo gli aumenti di stipendio, la riorganizzazione del Servizio sanitario nazionale e le proposte di telemedicina: “servono interventi concreti, ma li chiede ora chi ha tagliato 3 miliardi l’anno alla sanità per 10 anni”, puntualizza il ministro. Per Schillaci, è necessaria una revisione del modello di assistenza ospedaliera. “Bisogna andare oltre la proroga delle misure emergenziali per il Covid, e procedere”, propone il ministro della Salute, “al reclutamento del personale con misure di carattere sistemico”.

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