mercoledì, 1 Maggio, 2024
Economia

Aumenti record per gli alimentari. Confcommercio: no agli allarmi. Confesercenti: ripresa più lontana

Inflazione, linea dura della Bce, Oggi l’aumento dei tassi, rialzi tra 0.25 a 0.5

Fari puntati sul consiglio direttivo della Bce, che oggi deciderà il costo del denaro in Europa. L’ipotesi che ieri alla vigilia delle decisioni circolava era quella di un aumento minimo, perché la discesa dell’inflazione può rimanere sotto controllo, quindi un ritocco di 0.25 punti base, portando i tassi al 3,75%. Un tasso auspicato e che potrebbe bastare. Sul fronte dei “falchi” – annotano gli analisti economici – come ad esempio la Bundesbank tedesca, spinge il rialzo che dovrebbe puntare sui 0.50 punti base, per arrivare al 4%. Il motivo della scelta più drastica, è uno: l’obiettivo di una inflazione al 2% ad aprile non è stato centrato. Ad aprile l’inflazione, inoltre, è tornata a salire anche nell’Eurozona, toccando quota 7%, in rialzo rispetto al 6,9%
registrato a marzo.

Aumenti fino all’autunno

Così in un modo o nell’altro ci sarà una stretta sul credito ed è la settima volta consecutiva che la Bce ritocca in alto il costo del denaro. Emerge inoltre una certezza, tra investitori e banche, che la presidente della Bce, Christine Lagarde, porterà avanti il piano anti inflazione fino a quando non sarà sradicato il pericolo dei rialzi e nuove fiammate che possano compromettere la ripresa. Anche in questo caso le ombre di rialzi dei tassi si allungano fino alla prospettiva che la Banca centrale punterà a proseguire “la stretta” al prossimo autunno, con interessi per le banche e i cittadini sempre più onerosi.
La situazione in Italia Lo scenario che si profila cade in una Italia dove l’inflazione torna a farsi sentire, i preliminari Istat, dicono che dopo il rallentamento dei mesi scorsi riprende a salire l’indice dei prezzi al consumo, + 0,5% su base mensile e +8,3% su base annua.

Alimentari i rialzi record

Gli effetti dell’andamento delle tre categorie di beni che hanno frenato il calo dell’inflazione sono stati solo in parte compensati dalla flessione più marcata dei prezzi dei cosiddetti “Energetici regolamentati” (da -20,3% a -26,4%) e dal rallentamento di quelli degli Alimentari lavorati (da +15,3% a +14,7%), degli Alimentari non lavorati (da +9,1% a +8,4%), dei Servizi relativi all’abitazione (da +3,5% a +3,2%) e dei Servizi relativi ai trasporti (da +6,3% a +6,0%).

Confcommercio: no agli allarmi

Dati tuttavia da interpretare, tanto che l’associazione più grande d’Italia, come la Confcommercio inviata a: “Non leggere i dati con allarme eccessivo”. La Confederazione infatti ha una visione dei conti più rassicurante. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, ad aprile registra un aumento dello 0,5% su base mensile e dell’8,3% su base annua, da +7,6% del mese
precedente. Al di fuori dei numeri secondo Confcommercio, “la ripresa dell’inflazione registrata nel mese di aprile, pur consolidando i timori di un percorso di rientro non privo di ostacoli e non immediato, non va
letta con eccessivo allarme”. Il dato italiano si inserisce, inoltre, a giudizio della Confederazione, in un contesto europeo in cui il rallentamento delle dinamiche inflazionistiche, “seppure avviato, mostra analoghi elementi di difficoltà, con temporanee interruzioni e andamenti non omogenei tra paesi”, fa presente la Confcommercio che sottolinea: “Il permanere di tensioni sul versante energetico soprattutto per quanto attiene alla componente non regolamentata, non deve far trascurare alcuni segnali che portano a guardare con fiducia alla possibilità di tornare, verso la fine dell’anno, su dinamiche dei prezzi al consumo meno espansive. Il cosiddetto carrello della spesa comincia a evidenziare tassi di variazione meno sostenuti, in linea con quanto rilevato per l’alimentare”. Per la Confcommercio c’è un dato rassicurante: “L’inflazione di fondo segnala ad aprile una stabilizzazione della variazione tendenziale, dato che potrebbe sottintendere come, al di là di episodici aumenti, le tensioni interne al sistema si stanno lentamente raffreddando”.

I timori di Confesercenti

Preoccupata, invece, rimane la Confederazione dei piccoli esercenti, ossia quella parte della categoria più esposta ai rialzi dei mutui. “Non è ancora tempo per dichiararsi fuori pericolo”, puntualizza la Confesercenti che evidenzia i rischi, “l’inflazione di aprile, registra un aumento rispetto ad aprile dello scorso anno (8,3%) e superiore a quanto registrato a marzo (7,6%) ed il principale fattore alla base dell’incremento è, ancora una volta, l’aumento dei prezzi dei beni energetici non regolamentati”. L’Ufficio economico della Confesercenti inoltre rimarca che non è tempo per abbassare la guardia: “l’inflazione per ora acquisita è pari al 5,4% mentre quella di fondo, al netto dei soli energetici, resta ferma al 6,4%. Livelli ancora preoccupanti, che prefigurano una nuova rilevante erosione del potere d’acquisto delle famiglie, che già hanno registrato 12 miliardi in meno lo scorso anno ed hanno portato a livelli mai visti (5%) la propensione al risparmio”,

Uscire dalla spirale

La Confesercenti più che attendere gli eventi chiede al Governo di indirizzarli.
“L’inflazione energetica”, sottolinea Confesercenti, “ha pesato e continua ad incidere sul potere d’acquisto delle famiglie e dunque sulla crescita dei consumi. In questo senso, il taglio del cuneo fiscale del
Governo contenuto nel decreto lavoro è un intervento certamente positivo, volto a sostenere il potere d’acquisto delle famiglie e la nostra economia in una fase delicata”. C’è tuttavia un pericolo il ritorno in alto delle tariffe energetiche. “L’impatto positivo, però, rischia di essere fortemente ridotto da un ritorno all’aumento delle tariffe energetiche. Per questo, riteniamo opportuna e necessaria anche una misura di detassazione dei futuri aumenti contrattuali riferiti ai Contratti collettivi nazionali comparativamente più rappresentativi, per sostenere con più vigore i consumi e quindi, l’occupazione e la crescita del Paese: si genererebbero 2,9 miliardi di consumi aggiuntivi”.

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