domenica, 28 Aprile, 2024
Politica

La lezione di La Malfa e il sentiero impervio del Terzo Polo di Calenda

Giuliano Ferrara, da par suo, consiglia a Calenda di ridimensionarsi, di rinunciare alla costruzione di un ampio Terzo Polo e di seguire l’esempio di Ugo La Malfa che, con il 3% dei voti, giocò un ruolo da protagonista nei governi di centrosinistra e di solidarietà nazionale. Insomma, per contare di più meglio essere di meno ma avere idee forti e muoversi con astuzia ed elasticità per insinuarsi nelle contraddizioni degli altri partiti e condizionarne le manovre.

Il suggerimento è suggestivo ma può indurre in qualche errore

La Malfa aveva inciso nella politica nazionale ancor prima di diventare, nel 1965, segretario del Pri. Nel 1951 fu artefice insieme a De Gasperi della liberalizzazione degli scambi che aprì le porte al miracolo economico che ha segnato irreversibilmente la storia della nostra economia e società. Nel 1962 ispirò la politica riformista dl centrosinistra. La Malfa univa visione strategica dei problemi, grande abilità tattica ad estrema concretezza nelle scelte politiche. Il Pri contava molto di più dei voti che aveva. Era stimato e rispettato anche da chi non lo votava: prima di ogni elezione in tanti dicevano che avrebbero scelto il partito dell’edera, ma poi nelle urne cambiavano idea e tornavano a vitare Dc.

Minoranza determinante

Con un Pci inutilizzabile per il governo, un Psi che prima di Craxi aveva il complesso di inferiorità verso i comunisti, i liberali troppo conservatori e i socialdemocratici privi di una reale autonomia dalla Dc, La Malfa sapeva essere determinante nei governi di centrosinistra. Usava il suo potere di coalizione non per accaparrarsi poltrone ma per far valere le sue idee. Quando si aprì la stagione della solidarietà nazionale La Malfa ne volle essere protagonista insieme a Moro anche a costo di mettere a rischio la tenuta interna del Pri. Il suo rigore morale, il rifiuto di ipocrisie e, forse, una visione elitaria della politica non consentirono al Pri di crescere più di tanto. Superò il 5 % solo nel 1983 con Spadolini ma poi non riuscì a tenere quella posizione.

Un partito repubblicano di massa?

L’Italia avrebbe bisogno di un “partito repubblicano di massa”? Lo hanno pensato in tanti. L’idea sarà passata per la testa anche a Silvio Berlusconi. Ma nei fatti nessuno ci ha provato seriamente. Il Terzo Polo aspira a giocare questo ruolo. Ma se si accontentasse del 3% lamalfiano non andrebbe lontano.

Un tempo i blocchi elettorali erano consolidati intorno a due giganti: il Pci escluso fuori dal governo, la Dc pilastro del sistema che monopolizzava le varie anime del voto moderato, anche quello riformista. La Malfa sapeva di non poter attaccare la Balena bianca, voleva solo condizionarla facendo passare alcune sue idee. E gli bastava un drappello di parlamentari di qualità.

Riformisti moderati senza fissa dimora

Oggi il voto moderato non ha più una casa stabile, il riformismo è appannato dall’assenza di visioni, c’è un pericoloso assalto populista alle istituzioni. E poi c’è un’estrema liquidità dell’elettorato che si sposta senza remore. Se un partito non ha almeno uno zoccolo duro del 10% non conta nulla e rischia di sparire senza che nessuno se ne accorga. Per questo Calenda ha ragione a voler costruire una casa comune dei riformisti moderati evitando che il loro voto si blocchi nell’astensionismo dei delusi o vada in giro di qua e di là senza fissa dimora.

Un’idea dell’Italia fuori dagli schemi

Ferrara ha ragione a suggerire a Calenda di rafforzare l’impianto delle sue idee e di avere una comunicazione meno compiaciuta di se stesso. La Malfa comunicava una passione civile tormentata dal pessimismo per un Paese che non andava per la retta via. Il Terzo polo dovrebbe comunicare un’idea innovativa e appassionante dell’Italia che sfugga alle classificazioni rituali di destra e sinistra . La Malfa in economia aveva idee di una sinistra moderna, ma era un uomo d’ordine per il quale le regole erano fatte per essere rispettate. A differenza di La Malfa, che era compresso tra Pci e Dc, il sentiero di Calenda non è stretto ma impervio perché deve saper parlare linguaggi comprensibili a elettorati che negli ultimi 30 anni sono stati territorio dei partiti più disparati.

Il rischio dell’irrilevanza

Il consenso di questi cittadini va cercato senza aspettare alla finestra gli applausi. Il Terzo Polo deve essere inclusivo, aprire le porte a chi è disorientato e non vuole finire nelle trappole degli estremismi e delle mode. Come per il Pri la sua vocazione è di contribuire al governo del Paese senza scegliere comode posizioni di disimpegno o di sterile opposizione

Insomma una forza con queste caratteristiche non può che andare oltre il 10% altrimenti rischia di essere irrilevante.

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