giovedì, 9 Maggio, 2024
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Bond e inflazione. Ma fino a quando?

Per molti studiosi le ragioni sottostanti al recente rally dei mercati sono le attese di un atterraggio morbido dell’economia e un calo marcato dell’inflazione nel corso del 2023. Come ha ricordato la settimana scorsa  il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, “i recenti sviluppi nell’area euro e negli Usa come pure i sondaggi e le aspettative di mercato sono confortanti in questo senso, in quanto l’inflazione è prevista scendere rapidamente al 2% in un contesto di temporaneo rallentamento».

Quando i mercati salgono,  la “contentezza” non è mai proporzionale all’angoscia di quando scendono (vedi il 2022). In quest’ultimo caso si palesano in noi, in maniera più o meno conscia, scenari da fine del mondo. Nel caso dei mercati in salita, invece, o di dati inoppugnabili relativi al rendimento medio annuo nelle diverse serie storiche, non impressiona nessun dato positivo.

Lo studio di Kaplan dal 1870 ad oggi

Paul D. Kaplan,  in un interessantissimo articolo pubblicato su www.morningstar.it a luglio del 2022, analizza  i 152 anni di rendimenti dei listini statunitensi, dal 1870 a maggio 2022. Periodo nel quale ci sono stati anni di mercato orso, dopo i quali però, sistematicamente, il mercato si è poi ripreso e ha raggiunto nuovi massimi. Nel 2020 dopo un calo del 20% (in termini reali) da dicembre 2019 a marzo 2020, il mercato azionario statunitense si è ripreso completamente in soli quattro mesi e a luglio era tornato ai livelli precedenti al crollo, per poi salire ancora.

Nonostante le flessioni, continua lo studio, differenti per durata e profondità, 1 dollaro investito alla fine del 1870 è cresciuto a 20.514 dollari in termini reali alla fine di maggio 2022. Si tratta di un tasso di rendimento annuo reale del 6,8%. Da febbraio 2009, momento di profondo rosso, fino al maggio 2022, il mercato è cresciuto del 424%. Per le altre borse, oltre quella americana,  che più toccano gli investitori del belpaese, basta dare un rapido sguardo e accorgersi che anche se con numeri diversi rispetto a quella americana, il discorso non cambia. 

La stagione del dividendo è alle porte

Il  rialzo dei tassi delle Banche centrali ha dirette conseguenze sui  bilanci delle banche e del settore finanziario. Inoltre, un petrolio attorno a 80 dollari costituisce un buon presupposto per trainare i bilanci dei gruppi energetici.  Il 2023 si preannuncia interessante per gli azionisti di Piazza Affari, dove sono attesi buyback per circa 7 miliardi e dividendi per oltre 29, per un totale di 36. Come riportato da Milano Finanza sul fronte del riacquisto delle azioni, sono quattro i grandi gruppi che hanno approvato piani importanti per il 2023: Unicredit per 3,140 miliardi, ovvero il 9% della capitalizzazione di mercato, e Intesa Sanpaolo per 1,7 miliardi, il 4% del valore di mercato. Infine Eni, che nel 2022 ha varato un piano di riacquisto delle proprie azioni fino ad aprile 2023 da 1,1 fino a 2,5 miliardi. Enel, invece, ha approvato lo scorso anno un buyback da 2 miliardi nell’arco di 18 mesi. Per quanto riguarda i dividendi, il giorno più importante del calendario sarà il 22 maggio 2023, quando gran parte delle società del FTSEMib staccheranno il dividendo.

I titoli di Stato

Non si ferma la corsa dei rendimenti dei buoni ordinari del Tesoro annuali. Il ministero dell’Economia e delle Finanze ha collocato venerdì 10 febbraio 2023, 7 miliardi di bot a un anno,  Il tasso di rendimento dei Buoni è salito al 3,179%, ai massimi da giugno 2012 e in crescita di 9 punti base rispetto al 3,086% del collocamento di metà gennaio 2023. I rendimenti dei titoli di stato italiani sono scesi vistosamente durante la settimana scorsa, con il decennale che aveva iniziato l’ottava sopra il 4,30% e l’ha conclusa al 4%. E giovedì 2 febbraio, in occasione del board della BCE, si era portato sotto il 3,90%. Investire in BTp resta un’opzione favorevole ai portafogli dei risparmiatori.

L’alta inflazione di quest’ultimo anno ci ha fatto perdere il senso dei numeri. Quando leggiamo che l’inflazione italiana per l’ISTAT è scesa al 10,1% a gennaio e che il BTp a 10 anni ci offre il 4%, ci sentiamo quasi presi in giro come investitori. Ma il dato sull’inflazione riguarda il passato. E, ahi noi, quello non possiamo più modificarlo. Invece, i rendimenti offerti riguardano il futuro. Solo se crediamo che l’inflazione nel prossimo decennio rimarrà ai livelli attuali, dovremmo cercare alternative ai bond. Nel caso contrario, sarebbe bene che iniziassimo a impiegare la liquidità disponibile.

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