giovedì, 25 Aprile, 2024
Società

Festival di Sanremo: vince il T.R.A.S.H.

Sethu, Shari, Will, Olly, Chemical, LDA, Rain… Più moderati Madame, Tananai, Elodie, Modà… “Boomers”, per età o educazione, decisamente, orgogliosamente e Meravigliosamente i Cugini di Campagna, Paola e Chiara, Leo Gassman, Mara Sattei, Colapesce e Dimartino… E allora, se il Festival della Canzone Italiana non ha nei nomi dei suoi interpreti molti suoni propriamente attinenti alla lingua che promette di celebrare, può essere conforme dire che ha vinto TRASH.

Passi, che Sethu evochi il tofu, Shari il sushi, che Olly sia anche il nome del cane di Iva, che LDA assuoni con LSD anche se lui ha solo musica nel sangue, e si sente, che Mr. Rain a noi ricordi Nada, Scende la pioggia… Passi.

Il vincitore (a)morale di Sanremo accomuna ed accontenta molte persone. Vince… TRASH!

T come Tatuaggi. Chi più ne ha più ne mostri (ah, Mostro, brano di gIANMARIA, vincitore di Sanremo Giovani, che pensa di aver trasgredito la lingua invertendo minuscole e maiuscola… né mostro né trasgressivo: carino). Troppi, a tappeto, smisurati. Talmente festival dei tatuaggi da ispirare il comico emergente Angelo Duro (che più trash non si può… finora non sembrava possibile che Grillo, in questo, potesse essere battuto) a scoprire in diretta la pelle per dimostrare di essere alternativo perché non tatuato.

R come Rabbia. Tutti arrabbiati. In maniera più o meno ipocritamente contenuta, mascherata (è tempo di Carnevale…) con un sorriso che è più un ghigno, al di là della tensione per la gara, con un acuto che è più sfogo in uno strillo, con il maquillage che è più un mascherone pitturato, con atteggiamenti, modi e parole non convenzionali che invece sanno di franca maleducazione, con performance ed abbigliamenti che vorrebbero essere originali e personalizzati e che invece risultano squallidamente uniformati e sciattamente stravaganti. Tutto agito con rabbia, urlato silenziosamente. Diritti già acquisiti sono di nuovo ruminati, ribattuti, stressati dall’arroganza assurta a bandiera della anormalità. A proposito…

A come Anormalità. Sì, perché vorrebbero risultare vincenti i sedicenti diversi, quelli che si vantano di essere fuori dalla norma, ma che rivendicano normalità… Una logica contraddittoria. Johann Friedrich Carl Gauss spiegherebbe a costoro che la normalità statisticamente è determinata, appunto, dalla norma, o moda, che è “il valore per cui si ha la massima frequenza” e che oggi la frequenza di, eufemistiche, stravaganze è massima, quindi è la norma, perciò è normale. Infatti, costoro, all’inverso di come vorrebbero, sono tutti uguali. La norma può coincidere con la moda. Quindi, in definitiva, coloro che contestano normalità e moda sono inconsapevolmente identificabili come stanti in esse.

S come Sessismo. Viene combattuto, giustamente, nella sua accezione corrente. Molte delle esternazioni dei cantanti in gara, però, nel proprio aspetto fisico, nelle parole dei testi, nei commenti seguenti alla propria esibizione, nel trucco, nell’abbigliamento, ridisegnano il profilo del termine, definendone un significato opposto ed altrettanto negativo. Ricreano nella sostanza ciò che combattono nella forma. Marcare pedissequamente una presunta fluidità di genere risulta, infatti, sessista nei confronti di chi rispetta, difende e mantiene il proprio genere stabilito da Dio perché lì si identifica. Tanto combattuto il concetto, da fare, paradossalmente, arrivare alla sfida finalissima cinque cantanti tutti maschi. Contenti loro…

H come Humour. A salvare il Festival, oltre al comunque indiscutibile buon carattere di Amadeus, empatico, tollerante anzi indulgente e conciliante ed alla sua accogliente simpatia, è stato, indubbiamente, Fiorello. Vincente, innovativo pur restando fedele a se stesso, l’umorismo di “Ciuri” è stato un cocktail di vitamine per il Festival, determinando ascolti altissimi fino alle tre del mattino. Viva Rai 2, fra canzoni, notiziole e risate.

Quindi, il Festival della Canzone Italiana è stato vinto dall’acronimo TRASH, che è anche una parola inglese il cui significato potrebbe essere sintetizzato così: orientamento del gusto basato sul recupero e sulla valorizzazione, spesso compiaciuta ed esibita, per attirare il pubblico, di tutto quanto è deteriore, scadente, grottesco, volgare, di bassa lega; neanche di infimo livello culturale bensì proprio di pessima qualità culturale.

Per l’occasione, sarebbe stato meglio selezionare e valorizzare tutto ciò che è Fatto in Italia, altrimenti detto Made in Italy (è anche il titolo, inglese, di un brano di questa gara tutta italiana, nell’intento). Si poteva omettere la maison francese Dior, seppure il direttore creativo della casa è Maria Grazia Chiuri, e si poteva vegliare meglio sugli outfit, di effetto piuttosto kitsch, intrugliato, o volgare, di alcuni cantanti.

Amadeus, il prossimo anno sorprendici. Regalaci un festival dell’eleganza, della delicatezza e della sobrietà, secondo i dettami del “meno è meglio”, e dei valori radicati nella più autentica identità italiana, familiare e cattolica, composta, semplice e colta. Dopo queste cinque serate ne abbiamo tanta sana nostalgia.

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