giovedì, 18 Aprile, 2024
Società

I nodi della questione carceraria

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Così dispone l’articolo 27 della Costituzione. La rieducazione del condannato costituisce il grande impegno dello Stato, con enorme impiego di strutture e organismi di supporto. Non si può rinnegare, però, che la questione carceraria non sia stata sempre presente nell’agenda politica e nelle singole istituzioni specificamente interessate e coinvolte dal momento in cui una persona si renda responsabile di un fatto illecito per il quale la legge prevede l’arresto in flagranza o nella quasi flagranza ad opera della polizia giudiziaria, ovvero in modo differito su provvedimento della magistratura.

Custodia cautelare e detenzione, anche domiciliare, sono restrizioni della libertà personale per le quali sono previste specifiche regole da rispettare, ad iniziare dai principi della nostra Costituzione, di quelli della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), nonché di quanto previsto nelle varie regole di vita carcerarie di cui alla legge n. 354 del 1975, con le numerose modificazioni ed integrazioni, dal titolo: “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”.

È bene ricordare che la CEDU è intervenuta di recente in merito sull’ergastolo ostativo, per il quale anche la nostra Corte costituzionale ha espresso il suo giudizio, recepito dal legislatore rendendo la norma conforme a Costituzione.

Ciò nonostante, come i recenti fatti dimostrano, la questione carceraria in generale e più specificamente, quella inerente le misure restrittive speciali, hanno richiamato l’attenzione delle forze politiche, delle istituzioni e dell’intera società civile, quest’ultima con reazioni di una certa gravità e pericolosità.

Sono lontani i tempi in cui al condannato si prescriveva l’esilio, soppresso nel codice penale italiano nel 1889. Ad esserne destinatario, a seguito del verdetto delle urne del 02 giugno1946 tra Monarchia e Repubblica, fu Umberto II, l’ultimo re d’Italia che con la propria famiglia lasciò l’Italia per l’esilio in Portogallo.
Un espresso divieto contenuto nella XIII disposizione transitoria e finale, nella quale  al secondo comma – che ha esaurito i suoi effetti a seguito della specifica legge costituzionale nel 2002 – era scritto: “Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale.”

Sono diversi i luoghi di detenzione in Italia, per uomini e donne di tutte le età, minorenni compresi, esclusi i non imputabili.

Nell’ordinamento penitenziario sono indicati le diversificate modalità di detenzione, di osservazione e di rieducazione per singoli detenuti durante l’intero periodo della vita carceraria.

Occorrerebbero sicuramente spazi meno angusti e metodi rieducativi e riabilitativi più innovativi, per un positivo reinserimento sociale, investendo ancor di più sul rispetto della dignità umana e sull’utilizzo di accorgimenti personalizzati per rendere soprattutto più efficace, partecipativa e produttiva la detenzione.

Nel nostro codice penale negli articoli 216 e 217 sono contemplate anche ipotesi della destinazione di detenuti dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza presso colonie agricole e case di lavoro, per periodi da uno a quattro anni.

Sarebbe auspicabile che la restrizione della libertà personale fosse l’estrema ratio nei confronti dei propri simili, di qualsiasi età ed estrazione sociale. Bisogna invece investire risorse ed energie sulla prevenzione delle varie fattispecie delittuose e nelle aree sociali più disparate, dalla scuola di ogni ordine e grado, alla famiglia, ai luoghi di lavoro e di divertimento.

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