venerdì, 29 Marzo, 2024
Politica

Legge elettorale, croce e delizia di politici e elettori

Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti si sono incontrati a Palazzo Chigi per arrivare a un accordo sulla legge elettorale che metta al sicuro la legislatura e, nel contempo, neutralizzi l’ascesa di Matteo Salvini.

Il capo del Movimento 5 Stelle e la guida del Partito Democratico hanno avviato le trattative per il varo di una legge proporzionale con sbarramento al 5 per cento che, in teoria, potrebbe andare bene anche all’altro Matteo (Renzi) e vanificherebbe il plebiscito ed i pieni poteri cui, secondo alcuni, aspirerebbe l’ex titolare del Viminale.

Fermo restando il fatto che le forze politiche possono perseguire i propri obiettivi come meglio credono, appare legittimo chiedersi se è opportuno che questioni così delicate per il futuro del Paese siano subordinate agli interessi del momento.

In altre parole ci si domanda se sia giusto o meno scrivere la legge elettorale – che è l’architrave della governabilità – in base alle previsioni di sconfitta o di vittoria di chi si trova nella “stanza dei bottoni”.

Nessuno vuole mettere sul banco degli imputati le due forze trainanti del “Conte II” che vantano precedenti illustri, tra i quali possiamo certamente annoverare la legge 270 del 21 dicembre 2005, tristemente nota come “Porcellum”, ripudiata dal suo stesso ideatore.

Ciò detto, è evidente che se ad ogni mutamento dei rapporti di forza emerge la necessità di cambiare la legge elettorale un problema c’è. E meriterebbe di essere affrontato da una classe dirigente all’altezza del suo compito.

La scarsa lungimiranza di molti protagonisti della vita pubblica, la loro incapacità di far prevalere il buon senso sulla spettacolarizzazione, a tutti i costi, del dibattito  e il pressappochismo dilagante ci hanno messo in questa non invidiabile posizione.

In molti Paesi la legge elettorale è la stessa da anni, proprio perché si tratta di un baluardo della democrazia che, come tale, è sottotratto dalla libera disponibilità delle formazioni in campo.

Il nostro auspicio è anche l’Italia possa rientrare in questo ambito, approvando una legge elettorale destinata a durare molto più dello spazio di una singola legislatura (salvo “correzioni” della Consulta) e che, senza perdere di vista l’obiettivo della governabilità, garantisca a tutte le formazioni il diritto di entrare a far parte delle assemblee legislative nazionali per dare rappresentanza alle minoranze.

Ciò per riaffermare – adesso più che mai, in virtù del taglio di deputati e senatori – la centralità del Parlamento come luogo fisico ed ideale in cui storie e vissuti diversi si uniscono per produrre leggi generali ed astratte destinate a garantire i diritti di tutti.

Se poi qualcuno aspira ad altre mete e s’illude di poter, in qualche modo, comprimere le libertà individuali si può sempre seguire il suggerimento del più volte presidente del Consiglio, Giovanni Giolitti: “Il miglior sedativo per le smanie rivoluzionarie consiste in una poltrona ministeriale che trasforma un insorto in un burocrate”.

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