sabato, 27 Aprile, 2024
Esteri

Iràn. La pena di morte contro i manifestanti

In Iran si continua a morire. Mentre attraverso lo straordinario lavoro diplomatico e di Intelligence del nostro governo con l’iran Alessia Piperno è stata liberata e è potuta tornare a casa, in Iran donne ragazze bambine continuano a morire. E morirà solo per avere espresso attraverso l’arte la verità del suo paese martoriato dalla dittatura stragista di Khamenei che dal 79 non fa che saltare vite pensiero e libertà dei suoi figli, anche il rapper curdo Saman Yasin, processato per aver sostenuto le proteste per la morte di Mahsa Amini. Il rapper nell’ultimo anno si era espresso con le sue canzoni contro il regime iraniano e per la sua denuncia, che altri non era che non racconto in note delle reali condizioni del popolo iraniano, è stato giudicato colpevole dal tribunale di aver “istigato una guerra contro Dio” e per questo condannato alla pena di morte. La gioia per la liberazione di Alessia è una gioia assoluta e dovuta, ma  altrettanto è dovuto lo sdegno, la rabbia, la disperazione mai arresa per tutto il popolo iraniano. Abbiamo assistito in questi giorni alla ribellione degli sportivi, alla nazionale che rifiuta di cantare l’inno, alle atlete che tolgono il velo, e questo è un segno chiaro con tutto il potere divulgativo che gli sportivi hanno di una disapprovazione e di una distanza insanabile tra il popolo e il regime. Nonostante questo il potere scellerato iraniano non vuole ascoltare nessuna ragione, non c’è nessuna volontà di mediazione, nessuna mitigazione delle pene, nessun ascolto e nessun rispetto della vita dei suoi figli, l’unica volontà che si palesa con il caso del rapper curdo è quella di una eradicazione a qualunque costo di ogni forma di dissenso. Il regime continua a lavare via col sangue le richieste della sua gente. Saman Yasin è un caso emblematico: brutalmente arrestato dai guardiani della rivoluzione, durante la detenzione nel carcere di Evin ha subito torture e violenze psicologiche, gli è stata negata la visita del suo avvocato ed è stato giudicato da un tribunale…

Dall’inizio delle proteste, migliaia di uomini, donne e bambini sono stati arrestati nelle ultime sei settimane, secondo le stime oltre 14.000 persone tra cui difensori dei diritti umani, studenti universitari e ragazzi non ancora maggiorenni, avvocati, giornalisti e attivisti della società civile”, ha affermato mercoledì Javaid Rehman, oratore speciale. Almeno 328 persone sono state uccise e altre 14.825 arrestate durante i disordini, secondo attivisti per i diritti umani in Iran, un gruppo che ha monitorato le proteste  fin dall’inizio. Le autorità iraniane hanno annunciato all’inizio di questa settimana che terranno processi pubblici per oltre 1.000 persone arrestate a Teheran e un numero analogo qua e là per l’Iran. Le accuse, di cui Saman Yasin è un tragico emblema, prevedono anche la pena di morte quale esito. Ma questi processi sono una farsa, presieduti da giudici di regime, quindi la loro funzione è puro terrorismo, volto a dissuadere qualsiasi fremito di rivolta, qualsiasi sussulto vitale del popolo. L’esito dei processi è pressoché scontato: sarà un bagno di sangue innocente. Basta attenersi ai documenti che testimoniano la grave colpa di Saman Yasin, ossia i testi delle sue canzoni: Questa canzone è per Mahsa, è per le esecuzioni, per gli spari, per le urla, come il leone, come la notte, per il salice, per il vento, questo è per i corrotti, per il debito del popolo, questo è per la libertà dal carcere, per la ninna nanna di guerra per ogni contrabbando, questo è per l’esercito che sostiene il regime, non siamo noi gli aggressori, poliziotti o giudici, questo è per la preghiera del venerdì del Corano, per l’Imam recitatore, questo è per l’odio che c’è nel cuore di tutti, questo è per aver raggiunto questi ultimi istanti…”

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