venerdì, 19 Aprile, 2024
Politica

Un elettroshock alla sinistra europea

Alcuni anni fa, ben sette ne son passati, fu organizzata a Torino, su mia proposta e su iniziativa di Giusi La Ganga, la presentazione del libro di Franco Cassano – Senza il vento della storia. La sinistra nell’era del cambiamento – Ed. La Terza.

Cassano, vecchio compagno del PCI anni ’70 (deputato PD nella legislatura 2013-18, già docente di Sociologia a Bari), ci ammonisce sulle ragioni della sinistra e sostiene che quelle ragioni “sono tutt’altro che scomparse, ma per farle rientrare nella partita del mondo è necessario che (la sinistra) smetta di sentirsi ospite innocente in un universo cattivo e abbandoni ogni nostalgia”.

Consiglio la lettura del libro che rappresenta un autentico elettroshock mentale agli schemi culturali e ideologici della sinistra europea e occidentale.

Proposi la lettura, tempo fa, a un autorevole vecchio compagno molto attivo sui temi del “lavoro”. Liquidò il mio consiglio affermando: “Si, ho capito: è la scuola di Chicago!”, come a dire, in senso dispregiativo, “sociologia d’accatto, che si occupa della devianza sociale senza esprimere una critica di fondo al sistema capitalistico”.

Non è così! Intanto, e in questi termini, sarebbe riduttivo il giudizio sulla Scuola di Chicago, ma il libro di Cassano è tutt’altra cosa, è un libro di sociologia politica con forti radici nella storia della sinistra che, per dirla nuovamente con lui, invita tutta la sinistra europea e occidentale al fatto che “la globalizzazione non è solo una banale restaurazione, non è solo espropriazione e sradicamento, ma un gioco di dimensioni planetarie nel quale nuovi protagonisti si affacciano sulla scena della storia. E a questo gioco largo e imprevedibile, pieno di pericoli e di opportunità, non ci si può sottrarre”.

La sinistra è chiamata a questo impegno in termini progettuali e non c’è tempo da perdere. La vecchia sinistra, per intenderci alla Corbyn, non coglie in modo corretto la portata epocale dei mutamenti economici e sociali ai quali occorre connettersi per governare il cambiamento in chiave di crescita e giustizia sociale.

Una Bad Godesberg post-socialdemocratica e post ‘900, attraverso la quale consegnare ai governanti una corretta chiave di lettura e di operatività per centrare gli obiettivi dell’eguaglianza davanti ai processi di globalizzazione e di quarta rivoluzione industriale.

Io ho scoperto personalmente, per ragioni professionali e imprenditoriali, che è possibile innovare e governare il Welfare in crisi favorendo l’ingresso di capitali privati, sicuramente in alcuni settori, riducendo la spesa pubblica, qualificando e umanizzando i servizi. Non significa assolutamente affidare il Welfare alla finanza e al mercato ma al contrario consentire profitti ai capitali privati dentro strategie, regolamentazioni e controlli di natura rigorosamente pubblicistica. Questi esperimenti possono diventare politiche e questo lavoro progettuale può riguardare tanta parte dei servizi pubblici locali e nazionali. Per farlo occorre capire che la progettualità è e deve essere il primo step di un processo. I vecchi contenitori di una sinistra “larga” e plebiscitaria non servono all’Italia, all’Europa, all’Occidente.

E se la sinistra non sa costruire una visione di governo e conseguentemente rinuncia a governare, allora meglio una destra intelligente ai disastri dei populismi e dei fascismi.

 

Oggi i francesi fanno i conti con l’esito elettorale che consegna lo scenario di una Sinistra rafforzata. Una prova per la Sinistra, sarà capace di dialogo, di costruire un progetto di governo d’intesa con le forze moderate e con il Presidente Macron recentemente confermato alla guida di quel paese? Le emergenze delle Europa lo richiedono.

 

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